Sopra una credibile ricostruzione del "Gesù" storico, il Rabbino Yehoshua Ben Yosef da

noi detto "Gesù", Ebreo Palestinese.

 

Sotto, la sdolcinata immagine da santino della "pia" tradizione cristiana, a immagine e

somiglianza di chi lo crea, Europeo, bianco, biondo, occhi azzurri, "dolce" effeminato.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Il Rabbino Yehoshua Ben Yosef

 

                                   

da noi detto "Gesù"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Da due millenni ormai peculiari e difficilmente assimilabili "verità"

assolute ci vengono proposte, riproposte e culturalmente, se non

più religiosamente, inculcate e imposte, sempre identiche, la più

incredibile delle quali:

 

                                   

 

                                   

"Gesù il Cristo è l'unico Salvatore Universale

attraverso un sacrificio perenne di sé stesso".

 

                                   

 

                                   

Senza una del tutto arbitrariamente forzata amalgama storia-fede,

qualsivoglia connessione tra Yehoshua Ben Yosef, il pur

eventualmente e frammentariamente ricomponibile "Gesù" della

storia, ed il "Cristo" poi professato dalla nuova fede cosiddetta

"cristiana" è nulla, semplicemente perché, venendo meno il

legame tra la persona storica e quello che la fede ne confessa,

crolla l'intera costruzione religiosa.

 

 

Se la narrazione evangelica deve "corrispondere" alla storia reale

per essere "valida", del Gesù storico sappiamo di fatto ben poco,

mentre del "Cristo Messia" si è detto e di dice, siè scritto e si

scrive, si è divulgato e si divulga fin troppo.

 

Perché i Vangeli - checché le Chiese "Cristiane" ne pensino e

dicano - non sono infatti la storia di "Gesù", ma pure "riflessioni

teologiche" appartenenti ai "rituali" esclusivamente delle

comunità "cristiano-paoline" del primo secolo in ambienti pagani.

 

 

Di fatto le più antiche "testimonianze" scritte non sono per nulla i

Vangeli cosiddetti "Canonici", come ci hanno sistematicamente

mentito, ma i cosiddetti Λόγια, "Loghia" della primissima

tradizione, cioè non una narrazione, ma "Detti di Gesù",

"tramandati" in Palestina prima, come è solito, oralmente per

essere solo molto più tardi "inseriti" nei Vangeli.

 

Il "'Vangelo' prima dei vangeli" o "Vangelo antico" o "Primo

Vangelo", costituito da questi "detti", molto spesso "testimoniati"

e devotamente trasmessi, va gradualmente ma inesorabilmente

perduto, sostituito da interpretazioni sempre più "ufficiali",

omogeneizzate e poi "fissate" autoritativamente in "Canoni",

quindi, in parole povere, "censurato" e/o "accomodato" dal

Potere, sia quello politico-militare dell'Imperatore che l'altro,

pseudo-religioso, di una Gerarchia della Chiesa sempre più

"corrotta", cioè "alienata", nel pieno senso della parola.

 

 

Attraverso un certosino lavoro filologico parte di questo pur

frammentario patrimonio orginale, storicamente un vero gioiello,

per sempre "incastonato" nelle "Nuove Scritture", viene

individuato, riscoperto e recuperato nel 1838 * da Christian

Hermann Weisse, filosofo e teologo protestante tedesco, ispirato

dal collega Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher.

 

Secondo la sua "Ipotesi delle due fonti", che nasce studiando i

"Vangeli" di Matteo (scritto di sicuro dopo il 70) e di Luca (tra l'80

e il 90) indipendentemente scritti dai due autori, risulta come

entrambi usino il Vangelo di Marco (datato a circa il 70) come

riferimento di base, più "altra documentazione" , detta "Fonte Q",

per tutto il materiale comune, ma non presente in Marco.

 

 

I "Loghia" vengono detti "fonte Q" dal tedesco "Quelle", "fonte",

cioè fonte "storiografica" di priorità cronologica dei vangeli

cosiddetti "sinottici", quelli che, "messi insieme" a confronto,

mostrano molte somiglianze - non solo in narrazione, ma

disposizione, singoli brani, passi addirittura identici o solo

marginalmente parafrasati.

 

La "fonte Q" è quindi un "elenco di 'detti'", appunto un primo

"Vangelo dei detti (sinottici)", non focalizzato, come i quattro poi

ufficialmente scelti dalla Chiesa, sulla "passione" e "resurrezione"

del "Cristo Messia", caso simile anche il cosiddetto "Vangelo di

Tommaso".

 

 

Solo nel 2007 * (!) i risultati del prezioso "scavo" verranno

finalmente pubblicati in Italiano dalla Queriniana Editrice in

appunto "I detti di Gesù - Il 'Proto-Vangelo' dei Detti Q,

in Italiano", a cura del biblista e teologo presbiteriano

statunitense James M. Robinson, con un "ritardo" di due secoli,

ovvio date le resistenze dall'autorità ecclesiastica cattolica romana

alla loro divulgazione (come se questi Loghia fossero "meno

storici" dei loro "stramanipolati" e "strapurgati" Vangeli, che

quindi storici non sono affatto, pur includendoli!...).

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

"Vangelo" di

 Marco

         

Fonte Q

"Detti di 'Gesù'"

"Vangelo" di

 Matteo

         

"Vangelo" di

 Luca

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Testo storico di un anche solo parzialmente recuperato "Vangelo

originale", più che capace di mettere in crisi le certezze

"dogmatiche" della Chiesa di Roma e non solo, ovviamente

perché l'immagine di "Gesù" che ne esce fuori è molto, ma

mooolto diversa da quella preparata e congelata nelle narrazioni

canoniche dei Vangeli.

 

Come soprattutto diversa viene fuori l'immagine del nascente

"Giudeo-Cristianesimo", con i racconti della nascita e dei

"miracoli" solo in sottofondo e inoltre assolutamente nessuna

notizia di "fatti" come la morte e la "resurrezione", così

fondamentali per il "dogma" postulato della ragione attraverso

"idealizzazione"!

 


Questi
"Loghia", i "Detti" non sono centrati sulla persona di

Yehoshua Ben Yosef da noi detto "Gesù", quanto piuttosto sul

suo messaggio evangelico e sul movimento messianico che

genera, impegnato a realizzare il "Regno di Dio" come "un mondo

nuovo" possibile "qui e adesso" (naturale ricollegarlo a e legittimo

pensarlo piuttosto quale la vera matrice della inequivocabilmente

rivoluzionaria interpretazione che ne fa un moderno umano, Che

Guevara: "Otro mundo mejor es posible"! ).

 

Il Gesù del "Proto-Vangelo" è umano e "figlio dell'Umano", anzi

"figlio dell'Umanità", parte di un movimento storico di liberazione

radicale, prima dell'estraniante processo di "mitizzazione" della

sua persona, addirittura con una alienante "divinizzazione" finale.

 

 

Nessuna traccia nei "Detti" dell'"essere divino-umano", quel "dio

incarnato" che si sacrifica per "redimere" l'umanità peccatrice,

centrale nel messaggio religioso offerto dalla Chiesa di Shaul di

Tarso/"Paolo" al mondo pagano, un mondo all'epoca così

morbosamente avido di nuove mode di "sacro" e di "salvezza

mistica".

 

Di bocca in bocca i "Loghia", i "Detti", si tramandano e, grazie a

loro, quel perentorio

 

                                   

 

                                   

"Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i loro

morti!"

 

                                   

 

                                   

impedisce senza riserve mentali che la sua morte possa diventare

per loro così importante da "annunciarla" ad altri.

 

Perché in essa non riscontrano nessun "meta-significato" di

"sacrificio", come pure nessun "miracolo" - "resurrezione" inclusa

- "potrà" di fatto o anche solo ipoteticamente "potrebbe" mai

cambiare la loro vita.

 

 

Il messaggio di "Gesù" è "culturalmente" rivoluzionario, nel saper

dare un "nuovo senso" alla loro esistenza!

 

L'esortazione forte, inequivocabile e pressante ad un'"esperienza

comportamentale", individuale e collettiva, capace di migliorare la

vita di moltissime altre persone trasformando radicalmente le

vigenti regole sociali, creando un mondo "nuovo", questo sì (!)

l'impegnativo annuncio da dare.

 

 

La teologia "sacrificale" di un "Cristo Messia", che salva le Genti

in quanto "Figlio di Dio morto e risorto", verrà "creata" solo molto

dopo!

 

Quando il "Giudeo-Cristianesimo" verrà da alcuni rivolto al mondo

"pagano" e si dimostrerà quella necessaria "carta vincente", in

termini di marketing unique selling proposition o "argomentazione

esclusiva di 'vendita'", da includere nell'"offerta" del "prodotto" al

"mercato" della "nuova religione", a costo di un totale tradimento

del movimento ispirato da Yehoshua Ben Yosef da noi detto

"Gesù".

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

Giudeo-Cristianesimo

 

                                   

e "Paolinesimo"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Per chiarezza e trasparenza, quello che da sempre viene chiamato

"Cristianesimo" dovrebbe quindi chiamarsi "Paolinesimo", in gran

parte precetti creati da Shaul di Tarso detto "Paolo", attraverso

una sua personale interpretazione e più volte falsificazione degli

originari insegnamenti del Vangelo di Cristo.

 

Questo da parte di uno che, per non conoscerlo affatto di persona

e neppure molto per sentito dire, ne parla decisamente fin troppo,

in realtà facendo non un balzo in avanti, ma indietro alla primitiva

religione semitica in tempi preistorici, riportando cioè la "speranza

di salvezza" alla "morte espiatoria" del primogenito.

 

 

Vedi il racconto biblico di Abramo - in Ebraico אַבְרָהָם, "Padre di

molti", in Arabo ابراهيم‎, Ibrāhīm, forse figura storica, per la Torah

nativo di Ur dei Caldei, città babilonese nell'odierno Iraq,

comunque primo grande Patriarca delle tre religioni monoteiste,

Ebraismo, Cristianesimo e Islam - storia narrata nella Genesi e

ripresa nel Corano, e di suo figlio Isacco - in Ebraico יִצְחָק, "Egli

riderà" o "Sorriso di Dio", in Greco antico 'IσαάκIsaak, in Arabo

إسحاق‎, ʾIshāq - lui secondo dei grandi Patriarchi.

 

 

Shaul/Saulo di Tarso detto "Paolo", intransigente e fanatico,

diametralmente opposto agli Undici, colui che scava un baratro fra

"veri" credenti e non credenti.

 

Costruendo una figura del "Cristo" che il Rabbino Yehoshua Ben

Yosef da noi detto "Gesù", a quanto ne sappiamo ad oggi,

documenti storici alla mano, non ha mai espresso di "voler

essere", tanto meno di "essere".

 

 

Il Rabbino Yehoshua Ben Yosef da noi detto "Gesù", non è - e, per

forza di cose, non può essere - "Cristiano", qualunque il

significato che diamo alla parola, rimanendo piuttosto l'Ebreo

"osservante", ben lungi dal solo poter immaginare di proclamarsi

"Messia" o dal voler dare vita a nuove "religioni" o fondare

"Chiese". 

 

Il "Cristo"  ... "Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della

stessa sostanza del Padre" ... , lo creerà il cosiddetto "Credo" di

Nicea, in un "Concilio" di tre secoli dopo!

 

 

Il Rabbino Yehoshua Ben Yosef da noi detto "Gesù", da profeta,

esorcista e guaritore, muovendosi in Galilea  annuncia il suo

"εύαγγέλιον", euangelion, spiegando l'origine e il destino del

mondo e dell'umanità con un "regno 'divino' di giustizia".

 

Pochi mesi di predicazione errante lo portano infine a

Gerusalemme, dove la sua parola provoca disordini e per

"sedizione" viene condannato ad essere crocifisso.

 

 

Come il Giovanni che battezza nel Giordano, anche lui a quel

tempo solo uno fra i numerosi predicatori "apocalittici" di relativa

rilevanza politica o religiosa, tutt'al più "voci scomode" al potere

di "sette" alla periferia dell'Impero Romano, regolarmente zittite

con violenza dalle autorità militari occupanti, aizzate da quelle

religiose di infastiditi Giudei tradizionalisti.

 

In altre parole, il "Gesù" a cui siamo stati abituati, non ha niente di

storico, essendo frutto della "costruzione" postuma di un "Cristo"

secondo "dogmi" inventati di sana pianta, sia dal "'Concilio' di

Nicea" del 325 che il "'Concilio' di Calcedonia" del 451, entrambi

su decisione e sotto forte influenza di Imperatori Romani, quindi

per motivi puramente "politici".

 

 

Non esiste continuità ma solo contraddizioni tra il Rabbino

Yehoshua Ben Yosef di Galilea, da noi detto "Gesù", e il "Cristo"

di Nicea e Calcedonia, plasmato ad hoc ricorrendo a palesemente

fantasticate "falsità" storiche.

 


Già le originarie comunità formatesi intorno al messaggio del

"Gesù" vengono dilaniate dal durissimo scontro fra i suoi

autentici Apostoli, tra cui Simone Cefa detto "Pietro", e

l'autonominatosi inviato del "Cristo", tal Shaul/Saulo di Tarso

detto "il Piccolo" o "Paolo".

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

Gli "Atti degli Apostoli", seconda parte del Vangelo di Luca,

discepolo di Shaul/"Paolo", al pari delle Lettere, non fanno che

confermare come la prima generazione di "Giudeo-Cristiani"

aspettasse la "fine dei tempi" e l'avvento apocalittico del "Regno

di Dio" nel loro tempo storico.

 

Nella Prima "Lettera ai Tessalonicesi", autentica e non pseudo-

epigrafica come molte altre - di fatto il più antico testo del Nuovo

Testamento Biblico Cristiano, intorno al 49 dC - Shaul/"Paolo"

stesso dice

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"saremo ancora in vita per la venuta del Signore"

 

                                   

 

                                   

e anche il "Vangelo" di Marco - di una sola generazione più tardi,

circa il 70 dC, subito dopo la distruzione del Tempio da parte di

Tito - lo conferma con quel

 

                                   

 

                                   

"non passerà questa generazione prima che tutte

queste cose siano avvenute".

 

                                   

 

                                   

Tutta la ricerca storiografica sulla incompatibilità tra "Gesù" di

Galilea e il "Cristo" di Nicea e Calcedonia ci dà un "Esseno" o

"Zelota", più o meno "rivoluzionario" predicatore e guaritore.

 

Uno che mai si proclama "Figlio di Dio", "Seconda Persona" di

una "Trinità", o che mai profetizza una sua "resurrezione dai

morti", narrazione che salta fuori nei "Vangeli" scritti fra il 70 e il

110!...

 

 

Questo vero "Maestro di saggezza" non "fonda" mai nessuna

Chiesa...

 

E la comunità originaria di suoi fedeli a Gerusalemme fa capo al

"fratello di Gesù", Giacomo, non a Simone Cefa detto "Pietro",

anche se di Chiese ne nasceranno via via fin troppe, ciascuna con

la sua "re-interpretazione" del "Cristo", ossia il "proprio" Vangelo,

puntualmente incompatibile con quello degli altri!

 

 

Nelle Scritture verranno incessantemente cercate possibili ed

impossibili "prefigurazioni" di eventi ormai elaborati e rielaborati

generazione dopo generazione, arricchiti e ripetuti fino a

"convinzione" di una loro "verità".

 

Questo ovviamente da un punto di vista storico critico,

caratteristica essenziale della Storia con la "S" maiuscola, cioè

libero da ogni "dogmatismo" teologico.

 

 

La "fede" possiamo debitamente lasciarla da parte e a ciascuno!

 

Cioè garantendo e rispettando l'altra libertà, di poter "credere" in

quello che si vuole, come del resto accertato durante i primi secoli

del "Cristianesimo", fino a quell'orgogliosamente rivendicato

"'credo' quia absurdum" ovvero "'credo' proprio perché assurdo",

attribuito a Tertulliano, apologeta del II sec dC.

 

 

Al che però non si tratta più di Storia, quanto piuttosto di

tutt'altra, nel nostro contesto "non rilevante", storia...

 

Il "dio" in cui ciecamente si perdono i così "variamente credenti"

fedeli religiosi - più o meno coscienti, più o meno informati, più o

meno "Cristiani" - e quello che evitiamo o addirittura rifiutiamo

noi, così tanto "diversamente credenti" - eppur "credenti " e, come

tali, da rispettare (!) - nel nostro libero pensiero.

 

 

Non è nemmeno detto che non sia lo stesso, perché ad unirci,

nostro malgrado, la comune umana investigazione dell'assurdo da

esseri "individualmente e collettivamente pensanti" quali siamo,

con fin troppe risposte, anche anestesizzanti, di "verità" o senza

mai né cercarne né trovarne una.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

 

                                   

Perché in relazione

 

                                   

alla ragione e alla morale

 

                                   

"la fede è un paradosso"

 

                                   

 

                                   

Søren Kierkegaard

"Frygt og Bæven", in Italiano "Timore e tremore"

1843