Il Maggiore Pilota George Abela della Air Wing of the Armed Forces of Malta, "Le Ali

dell'Aria delle Forze Armate di Malta", cioè l'Aeronautica Militare Maltese, ai comandi di

un aereo militare in una sequenza del film

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Purtroppo però dietro le quinte

 

                                   

   accade l'"impensabile"...

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

"Così li ho visti morire

 

 

Un aereo sulla zona del disastro.

 

Sotto gli occhi del piloti, il barcone sta per affondare.

 

E Nave Libra non interviene..."

 

 

di Fabrizio Gatti

L'Espresso - 9 ottobre 2017

 

 

 

"Sono l'ex Maggiore George Abela e non ho bisogno

di interpreti."

 

Si presenta così, in un buon Italiano, il testimone

che ha assistito alla fuga di nave Libra:

l'11 ottobre di quattro anni fa il Pattugliatore della

Marina Militare non avrebbe risposto all'obbligo di

soccorrere 480 persone, tra cui 100 bambini, alla

deriva su un peschereccio che stava affondando.

 

 

Le sue parole sono la prova che da lassù, dall'aereo

ricognitore maltese King Air B200 in volo sopra il

punto geografico dell'emergenza, hanno visto tutto.

 

E sono la dimostrazione che le due Procure italiane

che hanno indagato sul disastro, Agrigento e Roma,

non hanno mai chiesto la collaborazione delle

Autorità Maltesi per accertare le eventuali

responsabilità nella morte di 268 Siriani, tra i quali 60

bambini.

 

 

L'inchiesta l'ha invece fatta "L'Espresso":

è bastato cercare a Malta e lì abbiamo trovato le

risposte alle nostre domande.

 

La testimonianza di George Abela è una delle

rivelazioni più sconvolgenti del film "Un unico

destino", che andrà in onda in prima assoluta

domenica 15 ottobre [2017] alle 21.15 su SkyAtlantic.

 

 

L'11 ottobre 2013 il Maggiore Pilota Abela è il

comandante dell'aereo ricognitore inviato dal Centro

Coordinamento Soccorsi di Malta a verificare le

condizioni di galleggiabilità del peschereccio.

 

Alla cloche accanto a lui è seduto il copilota, il

Capitano Pierre Paul Carabez, secondo quanto

riportano i registri di servizio di quel pomeriggio.

 

 

Dietro di loro, i tecnici dell'equipaggio, addetti alle

apparecchiature elettroniche di avvistamento.

 

Il King Air è in volo da più di mezz'ora sul mare.

 

 

La sala operativa di Roma della Guardia Costiera

Italiana, che ha ricevuto la prima richiesta di aiuto

dal peschereccio alle 12.26, ha passato l'intervento

alle Forze Armate di Malta:

perché formalmente il punto geografico

dell'emergenza è nella zona di competenza maltese

per la ricerca e il soccorso.

 

Anche se il barcone si trova a 61 miglia nautiche a

Sud di Lampedusa e a ben 118 miglia a Sud Ovest di

Malta.

 

 

La Guardia Costiera, nel trasmettere le informazioni,

non riferisce però due particolari fondamentali:

il peschereccio ha già mezzo metro d'acqua nello

scafo e sta affondando.

 

Altre due ore vengono perse perché il fax italiano

con cui viene chiesto l'intervento maltese non arriva

a destinazione.

 

 

Quando, alle quattro del pomeriggio, il Maggiore

Abela e il Capitano Carabez vedono il barcone non

sanno nulla di tutto questo.

 

Ciò che più li stupisce è la presenza lì vicino del

Pattugliatore P 402 Libra, comandato dal Tenente di

Vascello Catia Pellegrino.

 

 

Abela e Carabez non sanno nemmeno che il

Comando in Capo della Squadra Navale della Marina

Militare ha già ordinato alla Libra di andare a

nascondersi:

cioè di scappare oltre l'orizzonte per non farsi vedere

dalla motovedetta maltese in arrivo, che è ancora

molto lontana.

 

Il Maggiore Abela fa puntare la potente telecamera di

bordo sul peschereccio e contemporaneamente si

attacca alla radio.

 

 

Chiama e richiama gli Ufficiali di Catia Pellegrino sul

canale 16 Vhf marino riservato alle comunicazioni di

emergenza.

 

E ancora oggi, quattro anni dopo il naufragio, la sua

testimonianza, mai confidata prima, è agghiacciante.

 

 

George Abela la spedisce via e-mail alle 10.17 del

27 giugno, nei primi giorni di preparazione del film.

 

Da allora abbiamo fatto le dovute verifiche con

quanto è scritto nei rapporti delle Forze Armate di

Malta.

 

 

Adesso la possiamo pubblicare.

 

"Allora, io sono un ex Maggiore dell'Esercito

Maltese", premette George Abela, "e rispondo

soltanto al mio Governo.

 

Io non mi fido di nessuno, nessuno.

 

C'era una sola persona che aveva tutta la mia fiducia

ed è morta 20 anni fa".

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

La barca ha bisogno di aiuto

 

 

"Sì, sfortunatamente io ero lì e ho visto tutto e non

posso mai dimenticare quel bambino che annegava

molto lentamente, dopo essere stato messo giù da

un adulto in stato di panico.

 

Non posso dimenticare mai il numero di persone in

diminuzione dopo ogni giro che abbiamo fatto con

l'aereo.

 

Non dimentico mai che alla mia prima chiamata radio

avevo detto che la barca sembrava molto instabile e

aveva bisogno di aiuto immediato.

 

 

Loro ci avevano visto immediatamente ed era ovvio,

tutti facevano segnali con le loro t-shirt e altre cose.

 

Dopo un'ora e quattro minuti [di sorvolo], la barca si

è capovolta e non siamo stati noi a provocarlo.

 

 

In quel momento l'aereo stava in autopilota in orbita

sopra la barca a chissà quale quota.

 

Con il nostro apparecchio a bordo non c'è più

bisogno di volare basso a osservare".

 

 

Quel pomeriggio, quel volo, quei bambini che

scompaiono sott'acqua sono un punto di non

ritorno nella vita di George Abela.

 

"Questo evento", continua nella sua testimonianza,

"è stato uno dei tanti fattori che mi ha fatto decidere

di lasciare il mio lavoro.

 

Ho realizzato che io sono soltanto una pedina su una

scacchiera e Frontex e la collaborazione tra Paesi

sono soltanto uno scherzo pieno di merda".

 

 

Il comandante del King Air B200, uno dei più bravi

piloti istruttori delle Forze Armate di Malta, è stato

coerente con il suo disgusto.

 

Si è congedato ed è diventato l'ex Maggiore George

Abela:

 

 

"Non dimentico mai la sensazione di disperazione e

il senso di non poter fare qualcosa in più durante

l'evento.

 

Ma", confida ora, "devo vivere con questo incubo.

 

Noi abbiamo fatto il nostro meglio.

 

 

La nostra motovedetta stava a due ore quando

abbiamo trovato il target [il peschereccio], la Libra

era soltanto a circa trenta, quaranta minuti.

 

Ho chiamato la Libra sul canale 16 tantissime volte,

ma nessuna risposta.

 

 

Allora, io mi fermo qui.

 

Risponderò soltanto al mio Governo che tiene le

prove di tutto questo".

 

 

Non è stato semplice far parlare il più importante

testimone della fuga degli Ufficiali italiani davanti al

loro dovere.

 

Lo abbiamo rintracciato con l'aiuto di un suo ex

collega.

 

 

Gli abbiamo chiesto di rispondere alle nostre

domande.

 

Ma in quei giorni di inizio estate l'ex Maggiore Abela

ha paura.

 

 

Sa che lui, il Capitano Carabez, il loro equipaggio e

tutte le Forze Armate di Malta hanno risposto alla

richiesta di emergenza in modo impeccabile.

 

Hanno fatto di tutto per convincere le Autorità

Italiane a rispettare la legge del mare e a inviare Nave

Libra.

 

 

Ma tutti i militari a Malta sanno anche che i politici

sull'isola non la pensano come loro.

 

Il Governo Maltese ha indirettamente ricavato i suoi

benefici dal naufragio dell'11 ottobre:

da fine 2013, dall'operazione di salvataggio "Mare

nostrum", l'Italia si è fatta carico di tutti i barconi che

hanno attraversato il Mediterraneo.

 

E a Malta non è sbarcato più nessuno, tranne rare

eccezioni.

 

 

Perché rovinarsi i rapporti con il Governo Italiano

mettendo a disposizione documenti, registrazioni

video, comunicazioni radio del più grande massacro

di civili di cui è accusata la nostra Marina Militare?

 

E così il muro del silenzio ha retto quattro anni.

 

Un silenzio rotto oggi dal film prodotto da

"L'Espresso", "Repubblica", "Sky" e realizzato da

"42° Parallelo".

 

 

Se un magistrato italiano volesse indagare fino in

fondo, a Malta troverebbe ciò che è necessario

sapere.

 

Le Forze Armate conservano scrupolosamente i

rapporti dell'operazione, le registrazioni delle

comunicazioni, le videoriprese del King Air.

 

 

Ci sono perfino le fotografie fatte scattare dal

comandante Abela a Nave Libra mentre si sta

allontanando, con la prua puntata in una direzione

diversa da quella del peschereccio sovraccarico e

molto instabile.

 

Foto che "L'Espresso" ha potuto vedere.

 

 

All'inizio, però, George Abela non ha proprio voglia

di parlare.

 

"Non ho ucciso nessuno", si confida con un amico,

"ho fatto del mio meglio per chiedere aiuto, ho

lanciato il battellino gonfiabile di bordo e ho

osservato in preda alla disperazione.

 

 

Abbiamo anche pianto.

 

Ma non potevamo fare altro che gettare l'unico

battello che avevamo.

 

 

Ho chiuso, mi sono congedato.

 

Se parlo, nessuno mi difenderà.

 

 

Risponderò soltanto al mio Governo".

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

La porta dell'anima

 

 

Se l'ex Maggiore Abela non vuole svuotare la scatola

dei suoi ricordi, nemmeno il Capitano Carabez può

parlare:

è ancora in servizio ed è vincolato al segreto.

 

Sembra così che da Malta non arrivi nessuna buona

notizia.

 

 

È il 26 giugno.

 

Mazen Dahhan, Ayman Mostafa e Mohanad Jammo

hanno accettato di aprire la porta della loro anima,

dei loro incubi, dell'indicibile.

 

 

Lì dentro hanno chiuso il loro passato che continua

a svegliarli la notte e a inseguirli a occhi aperti di

giorno.

 

Un'altra persona, un altro papà al loro posto avrebbe

pensato al suicidio e raggiunto i suoi bambini.

 

 

Loro sono medici fino in fondo:

hanno fatto un giuramento con la vita e non la

tradiscono.

 

Non amano mettersi in mostra.

 

Non lo vorrebbero mai fare.

 

 

Ma se il film è l'unico mezzo per ricostruire i fatti

allora sì, non si tireranno indietro.

 

Dopo le richieste di archiviazione delle Procure di

Agrigento e Roma a favore degli Ufficiali della Marina

Militare e della Guardia Costiera, avevano perso la

speranza di ottenere almeno un processo per i loro

bambini.

 

 

Negli stessi giorni però la ritrovano grazie al giudice

per le indagini preliminari di Agrigento, Francesco

Provenzano.

 

Il GIP siciliano ha stabilito che si è trattato di

omicidio, con dolo eventuale.

 

 

E ha trasmesso gli atti per competenza a Roma, dove

un altro giudice si pronuncerà il prossimo

27 ottobre.

 

Il bisogno di giustizia dei sopravvissuti si è infatti

scontrato con la terza richiesta di archiviazione per

gli Ufficiali indagati, tra cui Catia Pellegrino:

secondo la Procura romana tutto quello che è

successo e si può sentire nelle comunicazioni

registrate non costituisce reato.

 

 

Di fronte al coraggio dei tre papà un pilota che ha

fatto così tanto per evitare la loro morte non può a

sua volta scappare.

 

Riproviamo a convincere l'ex Maggiore Abela nella

tarda serata del 26 giugno.

 

 

La mail che gli mandiamo, in Inglese, è diretta,

personale.

 

Sono stato per un breve periodo in Accademia

Aeronautica, prima di dare le dimissioni:

101° Corso Ufficiali Piloti, era il 1987, l'anno del

Corso Grifo.

 

È la chiave giusta.

 

 

"Anch'io sono stato a Latina", risponde in Italiano nel

giro di poche ore George Abela, "Corso Nova, nel

1992, sugli SF 260 dell'Aeronautica Militare e dopo ho

anche fatto Viterbo, Corso Pilota Osservatore".

 

Comincia proprio così la sua confessione.

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

Il risveglio degli incubi 

 

 

Adesso tocca ai Governi fare la loro parte.

 

Il Premier Maltese Joseph Muscat deve rassicurare

pubblicamente i testimoni.

 

 

E i suoi Ministri devono fare in modo che i

documenti sul massacro siano trasmessi all'Autorità

Giudiziaria Italiana.

 

Come presto chiederanno gli Avvocati Alessandra

Ballerini e Emiliano Benzi, che assistono i familiari

delle vittime.

 

 

Una sera tardi, dopo ore di riprese in un piccolo

paese a Nord di Göteborg in Svezia, Mazen Dahhan

apre la porta del suo appartamento dove da allora

vive solo.

 

"Forse quegli Ufficiali hanno sbagliato?", chiede:

 

"Io sono un medico, so che un errore è sempre

possibile.

 

Ma non riesco a capire la perdita di tempo.

 

 

Se invece di correre in sala operatoria, mi allontano e

il paziente muore, io sono responsabile.

 

È l'assurda banalità di quello che è successo a

tormentarmi.

 

 

Abbiamo atteso cinque ore i soccorsi, ho poi saputo

che la nave italiana poteva salvarci in 45 minuti.

 

Erano così vicini e ci hanno lasciati morire".