"Naufragio dei bambini,
l'Italia ha ritardato
i soccorsi:
ecco perché l'ONU
ora ci condanna
La decisione del Comitato per i
Diritti Umani chiama
in causa anche
Malta.
I due Stati dovranno ora
risarcire i sopravvissuti.
Nella strage dell'11 ottobre 2013
morirono
268
profughi siriani, tra cui sessanta
minori"
di Fabrizio Gatti
L'Espresso
- 28 gennaio 2021
L'Italia ha centottanta giorni di tempo per spiegare al
Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani cosa
intende fare per
ripristinare la verità dei fatti sul
naufragio dei bambini.
Dall'11 ottobre 2013, dopo oltre sette anni dalla
strage
in cui morirono 268 profughi siriani e
palestinesi, tra i quali 60
bambini quasi tutti dispersi
in mare,
il processo contro i comandanti
delle sale
operative della Marina Militare e della Guardia
Costiera
è ancora all'inizio.
Ed è tuttora in
corso l'inchiesta sul ruolo della
comandante di Nave Libra, Catia Pellegrino, che su
ordine del Comando in Capo della Squadra
Navale
della Marina si era allontanata dal peschereccio alla
deriva e nemmeno aveva lanciato in volo l'elicottero
di bordo, per valutare al
più presto la situazione.
Il pattugliatore della Marina era ad appena un'ora di
navigazione:
una
distanza di diciassette miglia nautiche,
percorribili dall'elicottero in
una decina di minuti.
Per questo il Comitato delle Nazione Unite
per i
Diritti
Umani, con una decisione presa in settimana,
condanna l'Italia a
risarcire i danni subiti dai
sopravvissuti al naufragio,
in compartecipazione con
Malta.
Il disastro è infatti avvenuto nell'area di
ricerca e
soccorso di competenza maltese e il coordinamento
delle operazioni era
stato assunto dal comando
militare della Valletta:
anche se dal punto
del naufragio l'isola era a
118 miglia (218 chilometri), Lampedusa a 61 miglia
(113 chilometri) e la Libra, appunto, a 17 miglia
(31 chilometri).
Proprio
la presenza del pattugliatore
italiano
sul
posto e l'ordine impartito di allontanarsi obbligano
quindi
l'Italia a una responsabilità
maggiore e a
rispondere sui
gravi ritardi nelle indagini.
Nave Libra, il pattugliatore della Marina
Italiana, è ad
appena un'ora e mezzo di navigazione da un barcone
carico di famiglie siriane che sta affondando.
Ma per cinque ore viene lasciata in attesa senza
ordini.
Il pomeriggio dell'11 ottobre 2013
i comandi militari
italiani sono
preoccupati di dover poi trasferire i
profughi sulla costa più vicina.
Coś non mettono
a disposizione la loro unità,
nonostante le numerose telefonate di
soccorso e la
formale e ripetuta richiesta
delle Forze
Armate
Maltesi
di poter dare istruzioni alla nave italiana
perché intervenga.
Il peschereccio, partito dalla Libia con
almeno 480
p
ersone, sta imbarcando acqua:
era stato colpito dalle raffiche di mitra
di miliziani
che su una motovedetta volevano rapinare o
sequestrare i
passeggeri, quasi tutti medici siriani.
Quel pomeriggio la Libra è tra le 19 e le 10 miglia dal
barcone.
Lampedusa è a 61 miglia.
Ma la sala operativa di Roma della Guardia Costiera
ordina ai profughi di rivolgersi a Malta che è molto
più lontana, a 118
miglia.
Dopo cinque ore di attesa e di
inutili solleciti da
parte delle autorità maltesi ai colleghi italiani,
il
barcone si rovescia.
Muoiono 268 persone, tra cui 60
bambini.
In questo videoracconto "Il naufragio dei bambini",
L'Espresso ricostruisce la strage:
con immagini inedite, le telefonate
mai ascoltate
prima tra le Forze Armate di Malta e la Guardia
Costiera
Italiana, e le strazianti richieste di soccorso
partite dal
peschereccio.
In quattro anni,
dopo le denunce dei sopravvissuti,
nessuna Procura italiana ha portato a
termine le
indagini.
Il ricorso alle Nazioni Unite è stato
presentato da
alcuni sopravvissuti, patrocinati dagli avvocati
Andrea Saccucci e Roberta Greco, con la
collaborazione della "Human Rights
& Migration Law
Clinic" dell'Università di Torino.
Ma tutte le prove su cui il Comitato ha
fondato la sua
decisione si basano sulla lunga indagine difensiva
svolta dagli avvocati Alessandra Ballerini di Genova
e Emiliano Benzi di Roma, che assistono
tre dei
sopravvissuti.
Tra loro, il medico che con un telefono satellitare
aveva
chiesto soccorso alla Guardia Costiera Italiana
ed era stato invitato a
chiamare l'autorità maltese,
nonostante la vicinanza di nave Libra.
Senza le ricerche approfondite degli avvocati
Ballerini e
Benzi, che hanno raccolto le
testimonianze e le registrazioni delle comunicazioni
di quella drammatica giornata,
il caso del naufragio
sarebbe
stato inesorabilmente archiviato, come del
resto avevano
inizialmente chiesto le procure di
Roma e di Agrigento.
Lo scaricabarile
tra l'Italia e Malta era stato rivelato
da una lunga inchiesta de
"L'Espresso", poi
raccontata nel 2017 nel film-documentario "Un Unico
Destino"
coprodotto con "Repubblica" e trasmesso
in esclusiva da
"Sky Atlantic".
Proprio l'inchiesta giornalistica e il film avevano
provocato la riapertura delle indagini.
"Siamo molto soddisfatti per
le decisioni prese dal
Comitato
dei Diritti Umani, le quali segnano
un
rilevantissimo punto di
svolta nella giurisprudenza
internazionale in
materia di soccorso in
mare",
spiega l'avvocato Saccucci:
"Per la prima volta, si afferma chiaramente
che
gli
Stati
sono responsabili di cị che
accade nella zona
SAR di ricerca e soccorso
di propria competenza e
anche al di fuori di
essa, quando
vi è la concreta
possibilità di intervenire per salvare vite umane.
Sono fiducioso che tale principio contribuirà a
responsabilizzare gli Stati nelle attività di ricerca e
soccorso e nella
delimitazione delle proprie aree
SAR, evitando qualsiasi vuoto legale di
tutela con il
pretesto
dell'extraterritorialità".
[...]
"La nostra battaglia non finisce qui", continua
l'avvocato Saccucci:
"L'Italia
dovrà ora risarcire le vittime del naufragio,
eventualmente
concordando con Malta le quote
di
rispettiva responsabilità per l'accaduto.
Malta dovrebbe
anche rivedere la sua pretesa di
mantenere una zona SAR coś ampia,
nella quale
essa è di fatto incapace di assicurare un intervento in
soccorso efficace e tempestivo".
L'Italia rischia
ora di dover affrontare altre azioni
legali di fronte alla Corte Europea.
Mentre la seconda sezione penale del Tribunale di
Roma ha
avviato proprio oggi il dibattimento nel
processo contro l'allora
comandante della centrale
operativa della Guardia Costiera, Leopoldo Manna, e
l'ufficiale responsabile quel
giorno delle operazioni
del Comando in Capo della Squadra Navale della
Marina, Luca Licciardi.
Il pubblico
ministero, Sergio Colaiocco, che aveva
ereditato le indagini dopo
una prima richiesta di
archiviazione,
ha contestato loro i reati di
rifiuto
d'atti d'ufficio e omicidio colposo.
Lo Stato Italiano, è scritto nella decisione del
Comitato delle Nazioni
Unite per i Diritti Umani,
"ha omesso di spiegare il ritardo nell'invio
di nave
Libra che si trovava solo a un'ora di distanza
dall'imbarcazione in
pericolo, perfino dopo essere
stata formalmente richiesta in tal senso
dalla centrale
operativa di Malta.
Il Comitato rileva che lo Stato non ha chiaramente
spiegato o smentito l'affermazione dei ricorrenti,
secondo la
quale le
telefonate intercettate [registrate,
NdR]
indicano che alla nave Libra venne ordinato
di allontanarsi
dall'imbarcazione in pericolo.
Alla luce di questi fatti, il Comitato ritiene
che l'Italia
non abbia dimostrato di aver
adempiuto ai propri
obblighi...".
Il Comitato ritiene inoltre
che lo Stato
italiano
"non abbia fornito una spiegazione chiara
della lunga
durata dei procedimenti interni in corso, se non un
riferimento generale alla loro complessità...
In queste circostanze, il Comitato ritiene
che lo Stato
non abbia
dimostrato di aver adempiuto al proprio
dovere di condurre un'indagine
tempestiva sulle
accuse relative
a una
violazione del diritto alla vita".
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