perché?

[pur fosse il domandare "inutile"

lo riterrei comunque più che utile

anche senza risposte]

 

 

se avessi risposte

non farei domande

 

me le faccio perché

non ce ne sono

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Domandare è la più umana e complessa delle attività, desiderio di

risposte, timore che non ce ne siano o che non siano le sperate o,

al contrario, siano proprio quelle temute, l'umano si lancia attratto

comunque oltre sé stesso, verso l'ignoto, spesso intuendo, ma

difficilmente accettando, che esistano "meta-domande" senza

risposta, viaggi inutili verso non-mete, ridotti a un vano vagare.

 

Se la filosofia stessa è tutto un domandare e ci sono domande

senza risposta, la vera risposta rimane che il nostro pensiero sia

condannato all'inconcludenza, unica "certezza" dei relativisti,

scettici, nichilisti, anche se domande contingentemente insolubili

in una determinata epoca potranno forse trovare risposte in epoca

successiva con il progresso del sapere, magari però in un ambito

scientifico e non in quello filosofico, nel migliore dei casi solo

dimostrando che la domanda non è una metadomanda...

 

"Metadomande" sono quelle che la filosofia pone da sempre, se

esitano veramente "due sostanze" interagenti al mondo, una fisica

e una mentale, o forse "tre", aggiungendo la spirituale, o soltanto

"una", e in tal caso quale, quella fisica quella mentale o spirituale,

se in realtà il corpo stesso esiste in un mondo vuoto, come esiste

la mente, e addirittura lo spirito, è tutto spiegabile solo attraverso

il corpo, o solo la mente o lo spirito, quale è alla fine l'"essenza"

della realtà?

 

E se i problemi "insolubili" non sono dei "problemi", torniamo

inevitalmente alla domanda delle domande "esistono o non

possono esitere domande senza risposta?", o è forse proprio il

domandare filosofico, senza alcun aggancio né esperienziale né

osservativo, a compromettere di fatto la validità di qualsiasi

soluzione o risposta?

 

La conoscenza umana è descrittiva, non esplicativa, descrive ma

non spiega, ci accontentiamo di descrizioni per puro comodo

perché le spiegazioni portano con sé altre preoccupanti domande,

almeno fino a che non si arrivi al nocciolo duro della questione,

quel concetto non ulteriormente riducibile di fronte al quale ci

salviamo solo chiamandolo "postulato", compromesso di fatto

"indispensabile" solo per non mettere in forse tutto quello che

crediamo di sapere già.

 

Così in pratica validiamo tutta la nostra conoscenza descrittiva

attraverso non-risposte e la cosa funziona efficacemente "come

se", almeno fino al prossimo inciampo ed un nuovo postulato,

semplicemente perché "deve" funzionare, assurdamente la sua

utilità basata sulla sua relatività, postulati base come l'esistenza

dell'energia nelle sue varie forme, come la gravità, e idem per le

nostre fondamentali "idee madre" sociali, anche quelle basate sul

puro nulla, da cui le nostre altre idee, azioni e comportamenti...

 

Quindi buon proseguimento in questo "meraviglioso" viaggio,

felici e contenti di non saperne e non capirne un cazzo!