Wu Ming
Collettivo
di scrittori nato nel 2000, la "Wu Ming Foundation"
un
libero e
informale concatenarsi di progetti artistici, culturali e
politici,
laboratori e gruppi d'inchiesta.
Guerriglia mediatica
Un
momento della "comunicazione-guerriglia", a sua
volta parte
di una più vasta guerriglia culturale, un'arte della guerra fuori
dai
"contro" e "in alternativa a" basata sulla teoria
dei
vuoti e dei pieni
di
Sunzi Sun Tzu, cioè agire dentro il sistema della
comunicazione
massmediatica, combattendolo con le sue stesse
armi.
La guerriglia mediatica non vuole svelare la "verità più vera" di
cui i grandi mass media ci terrebbero all'oscuro, ma
promuove
l'abbandono
della recriminazione e di teorie del Grande Fratello,
che vedono gli operatori
dei mezzi di comunicazione di massa
come
astuti ed efficienti
"disinformatori di regime".
Perché
conformismo e compattezza dei mass media non nascono
da particolari capacità strategiche del "potere mediatico", quanto
piuttosto dall'estrema ignoranza, malafede, meschinità e grettezza
di piccoli falsi professionisti dell'informazione, piccoli uomini e
donne che si
appiattiscono
gli uni sugli altri.
La guerriglia mediatica non vuole nemmeno dimostrare la natura
mendace dei media, semplicemente perché lo sanno
già tutti che
mentono, ma non per questo la gente smette di perdersi dietro
tuttologi omniesperti sui social, guardare telegiornali pieni di
presudo-notizie
o comprare quotidiani e riviste.
La guerriglia mediatica è un modo ludico di rapportarsi ai mass
media,
esorcizzarne la disinformazione e ridimensionarne ai nostri
occhi il potere, riappropriarsi dell'informazione rubando
spazio al
sistema massmediatico "ufficiale" e dimostrarne la deformazione,
un gioco all'inganno reciproco sfruttando l'imbecillità del nemico.
Tutto è ideologia
Figlie
della Rivoluzione Francese, "sinistra" e
"destra" vengono
continuamente
date per morte, tuttavia sempre e continuamente
riaffermate dal
pensiero politico, anzi tanto più negate e rimosse
quanto
più
di
ritorno con maggior
violenza, due approcci mentali,
due
antitetici
modi di leggere il perenne
conflitto sociale.
"Di
sinistra" chi pensa che la società sia divisa "al suo interno" da
eterni
interessi contrapposti, contraddizioni intrinseche, come tra
ricchi
e poveri, sfruttatori e sfruttati, uomini e donne, molte le
visioni - la socialdemocratica, comunista, anarchica - tutte però
basate sulla convinzione di una diseguaglianza sociale endogena.
"Di destra" chi pensa invece che la nazione unita, armoniosa e
concorde venga
distrutta da
forze estranee, nemici che vengono
"da fuori", o
almeno le loro idee, cattivi infiltrati fra noi buoni,
elementi
che vanno
prima ri-isolati e poi espulsi, in modo che la
buona comunità possa
tornare al suo paradiso perduto.
A seconda delle fasi storiche, nemico il Musulmano o l'Ebreo, il
Negro o lo
Slavo, lo Zingaro o il Comunista, chi "tifa" per potenze
straniere o i liberal, la "Casta" come se il popolo non
l'abbia
votata ed eletta, "Roma ladrona", l'"Europa", una finanza guarda
caso sempre e solo manovrata da "speculatori stranieri".
Un
discorso "egemone" che nell'Italia di oggi attecchisce con
facilità perché semplicistico e consolatorio ti fa pensare di
pancia,
portato avanti da
movimenti fondamentalmente di destra, aiutati
da disunite sinistre che ormai hanno ben poco di sinistra e che
fanno di tutto per risultare irriconoscibili e invotabili.
Ogni umano dotato dell'uso del linguaggio si esprime attraverso
un "quadro
di riferimento" o frame, insieme d'immagini e relazioni
tra
concetti che iniziano a strutturare il nostro pensiero fin dalla
primissima infanzia, nella comunicazione politica non una sola
parola libera dalla "prospettiva ideologica" di chi la usa.
Ogni parola porta infatti con sé un mondo, come l'imposto uso di
"centrodestra" e "centrosinistra" invece di "destra" e "sinistra",
un
eufemismo confusionario servito alla destra per legittimare cose
indecenti e persone impresentabili e alla sinistra per spostarsi ad
inventato
centro
"vincente"
- in realtà un centro "inesistente".
"Di centro" chi si dice "moderato" ma è in realtà di destra e fa
conseguentemente
cose di destra solo malamente camaleontizzate
dal
suo essere di
centro, mai uno di questi tantissimi fantomatici
"centristi moderati" che abbia fatto almeno una volta politiche
sociali
davvero di sinistra.
Perché a
un politico basta usare insieme le parole "sicurezza"
e
"immigrazione" nella stessa frase, come accade ogni giorno, per
evocare nella
mente di chi ascolta una comunità "omogenea" e
"minacciata" da
una maladifferenza proveniente dall'esterno, il
quintessenziale
framing
di tutte le destre, in primis la fascista.
E
contro chi si sono scagliati quelli che ci riempivano la testa di
narrazioni tossiche sul "libero mercato", che tutto sarebbe andato
per il meglio con un mercato lasciato al suo andamento naturale,
in una comunità "giustamente competitiva" che premia i migliori,
perché
premiare i migliori farebbe il bene di tutti noi?
Così
come era con i "pionieri", prima della frattura che sinistra
e
minoranze di liberal statalisti e "rossi" fuorviati turbasse
questo
magico equilibrio, rivendicando aiuto e sostegno di Stato ai più
"deboli" e negoziando il costo del lavoro secondo criteri che
vanno contro
gli interessi degli imprenditori "eroi".
L'ideologia
di tutta la controrivoluzione capitalista da primi Anni
Ottanta imperniata quindi su una "armonia turbata da forze
esterne", propaganda in cui il nemico è sempre "altro" e "altrove",
semplicemente perché non
esiste e non può esistere un nemico
sociale "interno", cioè generato dalle contraddizioni del sistema!
Identico quadro di
riferimento il frame della
politica estera, con
"noi"
i buoni d'Occidente, le libere democrazie del libero mercato,
e
"loro" i cattivi,
i nemici di turno di un "Impero del male" che
minaccia i nostri valori in uno "scontro di civiltà",
questa massima
espressione ideologica di "comunità armoniosa che si difende".
Con
una abbondante dose di mistificazione
tali
"liberisti" hanno
narrato
il "Fascismo" come destra del tutto diversa dalla loro,
una quasi
sinistra antiliberista e statalista, peccato che la storiella
ideologica liberista di "comunità armoniosa disturbata da intrusi"
sia
proprio quella classicamente usata da tutti i fascismi.
Lo
"squadrismo" del Fascismo italico delle origini giustifica
infatti
sé
stesso come "invisibile mano armata" a difesa dell'armonia tra
le
classi sociali, a ripristinare con olio di ricino e soppressione di
"sovversivi" la perduta libertà d'impresa, la libertà di commercio e
il
"normale"
funzionamento dell'economia capitalistica.
Di fatto
liberismo e fascismo condividono lo stesso eroe-simbolo,
il "crumiro", e di fatto il più grave problema l'ignavia della piccola
borghesia, la più becera d'Europa, perennemente oscillante fra
indifferenza a tutto e disponibilità a qualsiasi avventura
autoritaria
per rompere la noia, godersi l'endorfina e tornare al proprio posto.
Finché non sente il dolore l'italico "cetomediume" rimane apatico
e
quando
lo sente non sa cosa né perché gli sia successo, blatera
incoerentemente, dà la colpa ai primi falsi nemici che gli vengono
agitati davanti, migranti, Zingari, Comunisti, chi sciopera,
Ebrei,
alla ricerca ad ogni costo dell'Uomo Forte che li combatta.
Nulla
di più facile che spingere l'impoverito a odiare il povero,
invece di allearcisi, impoveriti e poveri, proletarizzati e
proletari
contro chi li riduce così, una "catastrofe" ogni volta che il potere
riesce a scongiurare quest'alleanza, giocando su valori e disvalori
di un ceto medio retrocesso che ancora crede di appartenervi.
In Italia questo giochetto porta al
Fascismo,
una falsa rivoluzione
confezionata a uso e consumo dei ceti medi con carta bianca dai
padroni, che ha prodotto solo morte e distruzione, e da allora di
"false rivoluzioni a uso e consumo dei ceti medi" per impedirne la
proletarizzazione se ne sono viste e una la stiamo vedendo.
La
piccola borghesia del Primo Dopoguerra "base di massa" del
movimento fascista nostrano, sua la ostinata volontà di credersi
"superiore
a"
e stabilire una distanza fra sé e la classe operaia,
opprimendola
se necessario, classi medie in povertà e sofferenza,
ma che non
intendono identificarsi con il proletariato.
Come all'inizio
del Fascismo italiano anche all'inizio del Nazismo
tedesco essenziali
i
movimenti di elementi impoveriti delle classi
medie, decisi a non
affondare al livello di proletariato, così come
anche oggi crescenti segni
di invidia e odio classista anti-operaio
addirittura in ambienti politicamente "insospettabili".
Il Fascismo nasce, esiste ed è reinventato e riutilizzato dal potere
proprio per distrarre i ceti medi proletarizzati con un altro "falso
evento"
o "finta
rivoluzione", perché sa bene che proletarizzati e
impoveriti potrebbero "fare blocco" con operai e subordinati,
una
alleanza ideologica da demonizzare propagandisticamente.
Le destre
dicono "difensivamente" al piccolo borghese che i suoi
nemici sono proletari e sindacati, che deve temere l'immigrato,
e al contempo "offensivamente" - in modo pseudo-rivoluzionario e
ur-fascista (Eco
docet!) - che è
la "Ka$ta" il nemico da combattere,
ennesima variante di letale manipolazione delle idee.
Per quanto riguarda
poi l'"egemonia culturale della sinistra", in
Italia non c'è mai stata, piuttosto quella delle destre sì, prima
fra
tutte quella della RAI
democristiana, poi quella
della Chiesa
di
Roma,
ancora quella della
stampa e della divulgazione pseudo-
storica fino alla
strisciante riabilitazione del Fascismo.
Nella
storia di questo Paese l'egemonia culturale delle destre ha
saputo
fare di giusta rabbia rivoluzionaria un reazionario rancore
distruttivo, i populismi organizzando le masse in cerca di diritti e
avanzamento sociale, i fascismi organizzando le medesime masse
in cerca
di
difesa da presunte minacce da classi inferiori.
Fatto sta che
questa alternanza fra difesa e attacco, dopo decenni
di politiche liberiste ha un mix dai confini sempre meno nitidi e
lascia
incontestabile solo la grande menzogna delle ideologie che
sarebbero morte, viva e vegeta quella di destra, non soltanto ma
brutalizzata all'estremo dal voler dominare ad ogni costo!
Evidente che, perduta
o mai avuta una memoria storica,
il
ceto
medio italiano oggi si ritrovi da una parte destre che fanno la
destra, omogeneizzate dal potere,
e dall'altra
sinistre più o meno
annacquate
di moderati, così destrorse da non fare più la
sinistra,
come se la società avesse smesso di essere divisa in classi...
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