Tutti questi
"racconti", di
cui un
sistema
scolastico,
efficiente
strumento di "manipolazione" e "distrazione
di massa" al servizio
dei
contingenti "poteri", ci hanno
"impregnato" cervello, anima e
cuore.
Vengono riportati dai rispettivi
"narratori
in un tempo 'esterno'",
quello
dei vari
"calendari", esclusivamente
preoccupati della loro
"posizione" in base a
tracce e
documenti
accuratamente
"selezionati", o
addirittura "falsificati" o
"estrapolati"
dal loro
contesto, i più convenienti a
dimostrare l'attuale "tesi".
Di questi calendari
il nostro è
altrettanto
"arbitrario"
quanto gli
tutti altri e con
"assoluto" riferimento
ad "un
fatto" storicamente
neppure tanto
"validabile".
La
presunta nascita di un "Messia" ebraico
chiamato,
esattamente
come "tutti" i Messia ebraici
prima e dopo
di lui, il
"Cristo"
-
l'"Unto" (in fronte con olio di oliva),
il
"Prescelto" a capo - ma da
alcuni elevato a
"il" Messia!
Solo così tardi come nell'Ottocento
la dimensione "filosofica"
del
tempo investe gli
storici con la sua critica
della
"filosofia della
storia" e del
"tempo
unilineare".
Solo a fine secolo filosofi e storici arriveranno
finalmente
a
riconoscere "insieme"
come
non
esistano
"fatti" storici,
ma solo
"fenomeni" storici,
ciascuno con
un "tempo proprio"
da definire.
Nella nuova dimensione
il
tempo "storico" diventa quindi
risultato
dell'"esperienza"
storiografica,
di una
"ricostruzione"
della storia,
cioè una sua
"periodizzazione", con la conseguenza che
all'interno
di
un
dato "spazio" geografico o sociale possano
esistere
tempi storici "multipli" e addirittura
"paralleli":
- di certo una
nuova "visione" della storia,
quasi al di
fuori
del
tempo dell'ambiente naturale,
il cosiddetto
tempo "geografico"
- la
storia dei
"gruppi sociali", quella dominata
dal
rapporto
chiave di
"tensioni"
e
"soluzioni" tra diverse
"economie"
- Civiltà
o Stati - sotto forma di
"guerre",
quella ha
al contrario
un "altro"
tempo, il cosiddetto
tempo "sociale"
- infine, la
storia
di "individui" ed "avvenimenti"
da loro "vissuti",
siano essi
provocati o subiti, ha
ancora un
altro tipo
di tempo, il
cosiddetto
tempo
"individuale".
In conclusione,
il
classico tempo storico "unilineare",
"accademicamente" astratto,
non esiste più neppure
come
concetto,
sostituito
dai diversi tempi "reali"
dei
"fenomeni" storici
che vengono studiati.
Quindi in definitiva
il "tempo" nella storia rimane
solo
un
"compromesso"
fra le esigenze proprie
del
racconto "storico"
inventato
e la
disciplina storiografica,
semplicemente perché il
carattere "temporale" di
qualsivoglia
"esperienza" umana
è
necessariamente
alla base del
"narrare",
come
"espressione" di
tale
esperienza.
In altre parole
il tempo diventa
"umano" soltanto
se e
quando
articolato nel racconto
"dell'umano
all'umano"
e, di conseguenza,
necessariamente "alterato"
dalla sua
ineludibile
"soggettività".
Mentre quindi la
"storiografia" contemporanea continua
la sua
individuazione scientifica
dei vari
tempi "storici",
rimane
comunque impellente almeno il tentativo di
restituire al
"tempo"
una sua propria ormai
perduta
"universalità",
perché in fondo
"il
mio tempo è solo mio"
e
d'"io" si fa sempre fatica a fare un "noi",
se mai
possibile.
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