Le alterne fortune italiane

 

                                   

in Dalmazia e a Trał

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Trał conserva oggi quasi intatta tutta la sua bellezza veneziana

- dal 1997 annoverata in quel Patrimonio Culturale Mondiale "da

proteggere" secondo la preposta organizzazione ONU, l'UNESCO -

United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization,

l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e

la Cultura - meta per questo di un intenso turismo mondiale, tra

cui, primi fra tutti, proprio moltissimi visitatori e vacanzieri dalla

stessa Italia.

 

Nelle immediate vicinanze piccoli villaggi ed isole fino ai primi

Novecento popolati da comunitą italiane:

i Castelli/Kaštela, Bossoglina/Marina con la baia di Poglizza o

Poglizza Marittima o San Luca di Ranisticio o Poglizze (Poljica), le

isole di Bua/Čiovo, Zirona Grande/Drvenik Veliki e Zirona Piccola

/Drvenik Mali, la zona della stessa antica cittą romana di Salona,

oggi Solin…

 

 

La costa tra Spalato e Trał o "Riviera dei Castelli" comprende

sette paesini sviluppatisi con la Repubblica di Venezia intorno a

delle fortificazioni, un tempo tutti abitati in prevalenza da Italiani,

in ordine da Spalato/Split verso Trał/Trogir:

Castel San Giorgio/Kaštel Sućurac, Castel Gomilizza/Kaštel

Gomilica, Castel Cambi(o)/Kaštel Kambelovac, Castel Vitturi/Kaštel

Lukšić, Castelvecchio/Kaštel Stari, Castelnuovo/Kaštel Novi e

Castel Staffileo/Kaštel Štafilić, tre dei nomi dalle rispettive famiglie

spalatine o traurine fondatrici.

 

A Marina, che nella toponomastica slava conserva il nome

veneziano, nel XVI sec il Vescovo di Trał vi fa costruire un

castello, a difesa dalle incursioni turche, a monte il villaggio di

Versine o Mulo o Mul/Vrsine, e sull’Isola di Bua, una trentina di

chilometri quadrati di macchie, oliveti, fichi, carrubi e mandorli,

oltre all'omonimo centro principale di Bua/Čiovo con le localitą di

Nņgaro o Nņgara/Žedno, Cerchio di sopra/Okrug Gornji e Cerchio

di sotto/Okrug Donji, Arona o Bagno di Bua/Slatine e Albania o

Arbania/Arbanija, le chiese di S. Maria e di S. Croce/Sv. Križ nel

gią Convento Domenicano...

 

 

Con le sue 36 chiese, 6 campanili, i forti di Santa Maria e Castello

Camerlengo, il Duomo e la Loggia Pubblica in Piazza dei Signori,

in parte ancora cinta da mura veneziane tra Porta di Terraferma a

Nord e Porta Marina a Sud, Trał č dal Medioevo simbolo di

"italianitą" nella Dalmazia Centrale.

 

Sia sull'isolotto che sull'Isola di Bua, sede di ville patrizie e rifugi

solitari di eremiti umanisti e religiosi, poi nella cittadina intera che

č tutta un monumento, come i famosi suoi Leoni Marciani, in

particolare quello del 1471 nel bassorilievo sopra il tavolo dei

Magistrati nella Loggia pubblica, con l’iscrizione "Iniusti punietur

et semen impiorum peribit", cioč "Gli ingiusti verranno puniti ed

il seme dei malvagi sarą distrutto" di cui nelle notti del 1° e del 2

dicembre 1932 verrą fatto scempio.

 

 

L'"italianitą" di Trał č confermata da testimonianze storiche sia

antiche che recenti, a partire gią dal Cinquecento, naturalmente

sotto occupazione veneziana, quando viene confermato come gli

uomini fra loro gią parlino diffusamente l’Italiano veneto, mentre

le donne conservino il Dalmatico nella vita familiare, un po' per

mancanza di istruzione, ma anche per una consapevole

salvaguardia e trasmissione di tradizioni e valori identitari.

 

Fino ai puntuali e precisi censimenti decennali austriaci di fine

Ottocento, secondo cui nel 1880 vi si contino addirittura 1.960

Italiani su 3.129 abitanti (ben il 62%, cioč quasi i 2/3 della

popolazione!), poi in appena dieci anni tracollati a 171(!?) nel

1890, stabilizzandosi a 170 unitą nel 1900...

 

 

Nonostante questo suo "carattere" italiano, non verrą perņ

compresa in quel territorio dalmata assegnato all’Italia con il

Trattato di Londra, anche se durante la Seconda Guerra Mondiale

Trał "tornerą" in qualche modo all’Italia, questa volta sotto

l'occupazione del Regime Fascista.

 

Per i circa due anni e mezzo infatti, dal 1941 al 1943, farą parte del

cosiddetto "Governatorato di Dalmazia" come il resto della

Provincia di Spalato, insieme a Spalato/Split, Sebenico/Šibenik e

tutto l'entroterra, pił le isole della Solta/Šolta e quelle di Lissa/Vis,

Curzola/Korčula, Lagosta/Lastovo, (ma non Brazza/Brač), Cazza

/Sušac, Pelagosa/Palagruža (scorporate alla Provincia di Zara a cui

appartengono dal 1920) e Meleda/Mljet.

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Il Novecento

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Purtroppo quella di prima metą Novecento č una disgraziata storia

legata alla megalomania colonialista di un sistema dittatoriale.

 

Fatto sta che gią da fine 1941 nella Dalmazia - sia "italiana" che

"croata" - si innesca una abominevole, durissima, cruenta guerra

civile, che culmina con i massacri dell'estate 1942 da parte del

Regime Ustascia/Ustaše.

 

 

Proprio in reazione alle atrocitą commesse contro Serbi, Ebrei e

Croati, oppositori o presunti oppositori, si solleverą sia la

resistenza partigiana di Tito, plurietnica e comunista, sia le fazioni

nazionalistiche e monarchiste serbe dei Cetnici/Četnik.

 

Nulla togliendo al fatto che, a loro volta, sia Titini che Cetnici

perpetreranno crimini contro quella consistente parte della

popolazione civile croata che comunque appoggia i Fascisti croati

(alla fine "rat je rat", la guerra č guerra, e, si sa, č "sporca" per

definizione, cosģ crimini di guerra vengono commessi e sempre

troppi da tutte le parti coinvolte, dai Nazisti tedeschi ai Partigiani

comunisti).

 

 

Con l'invasione della Dalmazia costiera e la sua annessione

all'Italia cominceranno a crescere rapidamente anche le tensioni

tra Regime Ustascia e forze d'occupazione italiane e, a partire dal

1942, si andrą formando un'alleanza tattica tra forze italiane e i

diversi gruppi cetnici fino all'incorporazione da parte degli Italiani

dei Cetnici nella cosiddetta "Milizia Volontaria AntiComunista"

- MVAC, per contrastare la resistenza titoista.

 

Questo perņ provocando nuove fortissime reazioni, anche perché

Mussolini nell'estate 1942 proporrą addirittura di "annettere al

Regno d'Italia la zona italiana della Croazia compresa fra il

Governatorato Italiano di Dalmazia e la Zona Tedesca", proprio per

allontanare gli Ustascia dalle aree italiane e allo stesso momento

cercare di sedare i feroci scontri e massacri tra le diverse etnie.

 

 

Il 22 maggio 1942 la fucilazione del Segretario del Partito

Comunista Croato, Rade Končar, a Sebenico, condannato a morte

dal Tribunale Speciale del Governatorato di Dalmazia, poi nel

settembre 1943, alla fine capitola l'Italia con la firma dell'Armistizio

di Cassibile dettato dagli Alleati Anglo-Americani.

 

A questo punto la parte italiana della Dalmazia - solo Zara esclusa

- verrą occupata dall'Esercito Tedesco ed annessa allo Stato

Indipendente di Croazia, il Nezavisna Država Hrvatska - NDH, Stato

satellite della Germania nazista controllato dal gruppo

nazionalista di estrema destra, Ustascia, e dal suo Poglavnik

/Presidente o Capo di Stato poi simile al Führer di Adolf Hitler e

Duce di Benito Mussolini, Ante Pavelić, esattamente come la

residuale Italia fascista della Repubblica Sociale Italiana - RSI,

anche detta "Repubblica di Salņ" dalla sede del Governo.

 

 

Nella seconda metą del 1944, i partigiani comunisti di Josip Broz

Tito, riforniti dagli Alleati, riusciranno a liberare dai Nazisti tutta la

regione, l'Isola di Lissa/Vis divenendo il quartier generale di Tito,

e gli abitanti delle cittą dalmate verranno di nuovo fatti oggetto di

brutale repressione.

 

Questa volta da parte della Polizia Segreta Comunista, la Odeljenje

za Zaštitu Naroda - OZNA, in cirillico Одељење за заштиту

нaрода - ОЗНА, "Dipartimento per la Sicurezza del Popolo",

ovvero Oddelek za zaščito naroda, "Dipartimento per la Protezione

del Popolo", che colpirą nel mucchio, quasi alla cieca, ogni sorta

di oppositori (e presunti tali) al nuovo Regime Comunista.

 

 

Una delle principali vittime di questa nuova ondata di barbarie la

Comunitą di Cultura Italiana, la quale, accusata

propagandisticamente quale "affiliata" del Regime Fascista.

 

A partire dal 1943 sarą indotta o costretta ad un vero e proprio

esodo dalla Dalmazia, uno sradicamento tragico e doloroso che si

protrarrą per anni e risulterą pressoché totale, in altre parole una

regolare "pulizia etnica".

 

 

A partire dall'autunno 1943, Zara, centro di riferimento culturale

italiano, priva di obiettivi militari strategici, viene di proposito

bombardata per ben 54 volte dagli Alleati su richiesta di Tito, rasa

al suolo e per questo chiamata "la Dresda italiana".

 

Nel 1944 verrą occupata dai partigiani di Tito con massacri anche

di civili e successivamente annessa alla Jugoslavia.

 

 

Anche e soprattutto l'esodo forzato degli Italiani dalla Cittą di Zara

e dall'Istria č senza alcun dubbio definibile come una feroce

"pulizia etnico-culturale", il cui unico fine politico č palesemente

cancellarne il pił possibile e quasi totalmente il plurisecolare

carattere italiano.

 

Ed infatti dei circa 20.000 Italiani, vale a dire pił del 90% della

popolazione, nel 1947 se ne contano a malapena un migliaio, e

questo sotto la pił totale indifferenza internazionale!

 

 

Il colpo di grazia nell'ottobre del 1953 con la chiusura da un

giorno all'altro delle scuole italiane, i cui allievi verranno trasferiti,

senza preavviso o informazione di alcun tipo, in quelle croate...

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Purtroppo perņ cattive notizie per tutti i pupi "mazzettari" di Stato

e gli "scalpellinari" del mondo (e poi ci si lamenta oggi dei graffiti

sui muri delle cittą...) e, soprattutto, per i loro mandanti:

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"La Storia non si cancella!"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"La Storia non si cancella" perché č impossibile da cancellare.

 

"La Storia non si cancella" perché non va cancellata, essendo la

nostra memoria collettiva ed individuale di "quello che" siamo,

bella o brutta che sia.

 

"La Storia non si cancella" perché, nel cercare di cancellarla,

alterandola la falsifichiamo e di fatto non č pił storia ma favola e

frode.

 

                                   

 

                                   

La Storia non si puņ cancellare, cercare di

cancellarla č cancellare la nostra stessa identitą,

"chi" siamo "come" e "perché", e l'unica cosa

che in realtą cancelliamo dalla storia č noi stessi

e la memoria di noi...

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Tutti i personaggi di allora, fanatici e facinorosi attori dell'una e

dell'altra parte, sono fuori dalla Storia ormai...

 

 

Questi Leoni, queste targhe mancanti, diventano ancora pił

potenti monumenti "assenti", evidenziati loro malgrado dagli

stessi distruttori.

 

Tentativi volontari, manipolanti e subdoli di indurre "vuoti" di

memoria, che al contrario si trasformano in testimonianze rese, se

possibile ancora pił intense, genuine e credibili, di stimolo al

farci porre domande, richiamo ancora pił forte a riaffermare il

profondo senso identitario e di indipendenza della gente di Trogir,

qualsivoglia l'origine o l'etnia...

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Se mai ti capitasse..."

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

"Patrimonio Mondiale

   

 

                                   

 

                                   

Il 6 dicembre 1997

il Centro Storico di Trogir

č stato iscritto

nella Lista del Patrimonio Mondiale

come luogo di importanza

culturale e storica"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

"[Putniče,]

kreneš li ikada put juga lijepog,

stani pred Trogirom

i usidri lađu

pod zidinama staroga grada"

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"[Viaggiatore,]

se mai partirai verso il bellissimo Sud

fermati davanti a Trogir

e getta la tua ancora

sotto le mura della Cittą Vecchia"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

Vladimir Nazor

 

Politico, poeta, scrittore e comunista croato, di fatto primo Presidente

della Repubblica Popolare di Croazia, in qualitą di presidente

dell'Assemblea Nazionale della Repubblica Popolare di Croazia, il

Parlamento Popolare della Repubblica Popolare di Croazia.

 

La sua popolaritą letteraria come scrittore di storie e leggende

popolari e per aver scritto insieme allo stesso Maresciallo Tito la

canzone "Uz maršala Tita" nella versione serbo-croata.

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Un augurio

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Auguriamo di cuore a questi Cittadini di domani che la loro Trogir

non solo riesca a difendere, ma consolidi meritatamente il suo

giusto posto nella Lista UNESCO del Patrimonio Culturale

dell'Umanitą!

 

 

Non sfruttando spudoratamente questo riconoscimento fino a

svilirlo in un commercio turistico di infima qualitą, ma riuscendo a

comprenderne a fondo l'autentica importanza, il privilegio di

averlo ricevuto quanto la responsabilitą che ne deriva nel

custodirlo e valorizzarlo a nome del mondo intero.

 

Sappia dimostrarlo facendo costantemente di tutto per continuare

a meritarselo, coi fatti e non a colpi di suggestivi quanto vuoti

messaggi politico-turistico-pubblicitari!