Nei fatti
non rimane agli altri Cristiani che il
"ritorno
all'ovile",
anche se non č detto cosě.
Con lo stesso atteggiamento si guarda
alle
altre Religioni.
I loro
seguaci,
benchč possano ricevere la
grazia divina,
"si
trovano oggettivamente in una
situazione gravemente deficitaria
se paragonata a quella di coloro
che, nella Chiesa, hanno la
pienezza dei mezzi salvifici".
Navarro,
portavoce papale, getta acqua sul fuoco:
"La Santa Sede non
cambia linea nelle relazioni con le
altre Chiese
Cristiane".
Gli strali della
Congregazione per la Dottrina della Fede
sembrano
indirizzarsi soprattutto
contro i teologi europei ed asiatici,
che da
qualche anno si sforzano di
capire in che modo la "potenza
salvifica" di
Dio agisce anche nelle altre tradizioni religiose.
Sono
problemi teologici
complessi e a rigore
la
Dichiarazione
della Congregazione per la
Dottrina della
Fede
non introduce
novitŕ.
Ma
sono gli accenti
del documento
a suscitare forti
preoccupazioni
dentro e fuori la Chiesa.
Sparando a zero contro i tentativi di
aprire vie nuove,
la
Dichiarazione pone sbarramenti alle
aperture
del Concilio
Vaticano II e dello stesso Papa Wojtyla.
Certo,
resta l'acquisizione che anche i fedeli di altre
Religioni
possono salvarsi
per l'intervento divino e
un
Ebreo che nega
Gesů come
figlio di Dio puň ricevere
il
dono della salvezza e,
comunque, Israele
alla fine
dei
tempi "riconoscerŕ Cristo",
ma
i paletti sono tanti.
La Dichiarazione se la prende con il relativismo,
l'eclettismo, le
tesi
che oltre al Cristianesimo ci siano
anche
altre
"vie di salvezza"
oppure che il Logos, il
Verbo, cioč Cristo nella sua divinitŕ
possa
manifestarsi al di fuori dell'evento rappresentato da Cristo nella
sua incarnazione storica.
Guai a pensare che tutte
le Religioni siano uguali.
Afferma il cardinale Ratzinger:
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