Un
peculiare miscuglio
di
“xenofobia” e
“xenofilia”
questa nostra
Italia, un Paese in cui
si conoscono poco o
niente le
lingue straniere, ma
allo stesso tempo come in
nessun altro Paese
si fa uso ed abuso di termini
stranieri,
sostituendo
senza alcuna ragione parole
“proprie”
- perfettamente adatte allo scopo della
comunicazione -
con parole “altrui”,
di cui tra l'altro
molto spesso si ignora il
“vero” significato.
Una vera
invasione di vocaboli inglesi
spesso “ostentati”
nei massmedia da
“professionisti dell'informazione
e
dello spettacolo”,
“persone di cultura”
e “politici di alto
livello”,
i quali,
per nascondere quanto ignorino la
propria e altre lingue, li
usano non anche
in modo errato
“italianizzandone” o “dialettizzandone” la
pronuncia
in
un
provincialissimo, ridicolo e
tragi-comico “italiglisch”
o
“itanglese”...
Spaventosa ed inaccettabile questa grave
“lacuna”
nella
formazione “professionale”:
non dovrebbe la
conoscenza
delle
lingue, almeno dell'Inglese, essere un
requisito
base, ad esempio per
giornalisti,
presentatori,
attori
e
politici
prima di affacciarsi sui mezzi di comunicazione di
massa
nel mondo “globalizzato”
di oggi?
Comunque
chi parla davvero delle lingue straniere
sa di
solito,
prima di tutto e correttamente
l'Italiano, quindi
di
“preso-a-prestito-per-farsi-notare” non
ha né motivo né
bisogno di “sfoggiare” per nulla!
Fa
audience più
“ascolti”,
sono le breaking news
ultime
notizie
ancora “più fresche”, è
una
baby-sitter
“più
affidabile” della
“bambinaia”, truppe di
peacekeeping
rendono l'intervento
“meno” “militare”, da il
question
time più status al Parlamento di
“interrogazioni a
risposta diretta”,
è uno dei vari day
“più attrattivo” del
“giorno”,
con il ticket
“non” si paga il “biglietto”,
sono i
lavoratori di un
call
center “meno sottopagati” di quelli
di un volgare
“centralino”
o partecipare ad un meeting
diventa “più prestigioso” che andare ad
una semplice
“riunione”?...
Ecco una
lista di “anglicismi inutili”
per non usare parole
inglesi senza motivo
o solo per brutta moda.
La
cosa davvero buffa
è che moltissime di quelle parole
inglesi
sono
“di seconda mano”,
già prese in prestito dal
“nostro”
Latino
e noi ce le ricompriamo da loro
come se
fossero
“nuove”
di zecca... perché “ci suonano” meglio!
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