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"La Torre di Chia |
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Il rifugio di Pasolini" |
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La "Torre di Chia" o Castello di Colle Casale, nel territorio di Soriano Cimino vicino a Bomarzo, Viterbo, Tuscia Romana, ultimo rifugio di Pasolini e suo luogo dell'anima.
Del 1200, già degli Orsini, dei Lante della Rovere e dei Borghese, in classica ubicazione etrusca, su un altipiano circondato da forre scavate profonde nei secoli da torrenti che nel Medioevo azionavano le macine dei mulini, e poi orti e pascoli tutt'attorno, oggi luogo isolato e selvatico, ricco di storia e di fascino, di cui Pasolini subito si innamora nel 1964 e poi riesce finalmente ad acquistare nel 1970. |
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I luoghi di Pasolini |
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Un patrimonio da difendere |
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di Angela Molteni |
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Nei pressi di Viterbo, mentre gira le prime sequenze del Vangelo secondo Matteo, Pasolini visita un fortilizio medioevale abbandonato.
Se ne innamora.
È la primavera del 1963.
Nel 1966 scrive che vorrebbe andare a vivere dentro quella Torre che non può comprare, "nel paesaggio più bello del mondo, dove l'Ariosto sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta innocenza di querce, colli, acque e botri".
Al poeta sembra che in quel luogo incantato la natura abbia giocato a fare il verso all'arte, illusa innocenza d'un cosmo perfetto e gioioso.
È Torre di Chia.
Superata Bassano in Teverina e prima del bivio per Bomarzo con il suo antico bosco popolato da mostri di pietra, ecco un puntino e una scritta minuscola ad indicare il borgo ormai semiabbandonato.
Un borgo, così malinconicamente affascinante, in cui le case restaurate stanno fianco a fianco con i ruderi carichi di secoli, nelle cui fondamenta sono evidenti tracce etrusche.
Su diverse porte scardinate, sui mattoni, sul legno modellato dal tempo, la mano gentile di un abitante del borgo ha scritto, con grafia regolare e senza lasciare firma, poesie, testi di canzoni, frasi in libertà.
Aggirandosi in questo Parnaso silenzioso, dove anche i muri sanno farsi leggere, ci si ritroverà necessariamente nella parte alta del colle, tra i ruderi del Castello con di fronte un ampio panorama, e ci si renderà conto che Chia è costruita proprio nella classica "collocazione etrusca", sulla cima di un altipiano circondato da profonde e selvagge forre, da cui sale il rumore dei torrenti che nel Medioevo muovevano le macine dei mulini, di cui ancora oggi restano testimonianze.
È un mondo umido e nebbioso, romantico, dove la realtà cede facilmente all'immaginazione.
L'acquisto della Torre si realizza nell'autunno 1970.
Pasolini provvederà al restauro, e vi soggiornerà spesso negli ultimi anni di vita.
Costruì ai piedi della Torre una casetta con grandi vetrate, un luminoso studio e una cucina.
Negli ultimi tre anni della sua vita visse sempre più spesso a Chia, lavorando ad un romanzo, "Petrolio" (Einaudi), rimasto incompiuto.
Spedirà da lì non poche delle sue Lettere luterane: l'estrema denuncia dell'apocalisse antropologica (le aberranti derive culturali indotte dal potere neocapitalista sul tessuto più intimo della vita nazionale, sul millenario patrimonio artistico, sul paesaggio agrario e sulla forma delle città).
Intimamente connessa e necessaria a questo tema sarà l'appassionata, profetica invocazione del Processo alla corrotta casta democristiana, colpevole d'un "errore di interpretazione politica che ha avuto conseguenze disastrose nella vita del nostro Paese".
"C'è da salvare la città nella natura.
Il risanamento dall'interno.
Basta che i fautori del progresso si pongano il problema.
Questa regione, che per miracolo si è finora salvata dalla industrializzazione, questo Alto Lazio con questa Viterbo e i villaggi intorno, dovrebbero essere rispettati proprio nel loro rapporto con la natura.
Le cose essenziali, nuove, da costruire, non dovrebbero essere messe addosso al vecchio.
Basterebbe un minimo di programmazione.
Viterbo è ancora in tempo per fare certe cose.
[...]
Quel che va difeso è tutto il patrimonio nella sua interezza.
Tutto, tutto ha un valore: vale un muretto, vale una loggia, vale un tabernacolo, vale un casale agricolo.
Ci sono casali stupendi che dovrebbero essere difesi come una chiesa o come un castello.
Ma la gente non vuol saperne: hanno perduto il senso della bellezza e dei valori.
Tutto è in balìa della speculazione.
Ciò di cui abbiamo bisogno è di una svolta culturale, un lento sviluppo di coscienza.
Perciò mi sto dando da fare per l'Università della Tuscia".
Questa è una parte dell'intervista rilasciata da Pasolini, sotto la Torre di Chia, al giornalista Gideon Bachmann, e pubblicata a pagina 3 del Messaggero di domenica 22 settembre 1974.
Una profezia che calza a pennello contro il tentativo di devastazione, a mezzo cementificazione, della deliziosa e caratteristica Valle dell'Arcionello.
E non è il giudizio o la raccomandazione di una persona qualsiasi.
Si tratta di un indirizzo politico, sociale e civile, lasciatoci in eredità da un grande poeta, scrittore e regista.
Uno di quelli che, come ha affermato Alberto Moravia, "ne nascono soltanto due o tre in un secolo!".
E Pasolini ha amato veramente Viterbo e la Tuscia, senza lamentarsi di aver sottratto tempo ai suoi impegni personali: instaurò un rapporto proficuo con il territorio viterbese e, tra l'altro, s'impegnò personalmente per ottenere il riconoscimento statale dell'allora Libera Università della Tuscia. |
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Lo fece per dare un maggiore sviluppo all'Alto Lazio, "spendendo" pubblicamente la propria immagine, e il proprio talento, manifestando a Roma, sotto e dentro la sede della Regione Lazio, a fianco degli studenti viterbesi.
Fino ad oggi, a Viterbo, nessun grande evento ufficiale gli è stato dedicato.
Nessuna via, nessuna sala, è intestata a lui.
Solo colate di cemento passate e future.
Nel 1975, nella notte tra l'1 e 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini veniva assassinato, ma la sua visione del mondo, il suo patrimonio culturale, il suo spirito vive ancora nella maggior parte delle persone che si sono schierate in difesa dell'Arcionello." |
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Chia |
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Chia è una frazione di Soriano nel Cimino [in Provincia di Viterbo - NdR]: un borgo di circa 400 persone posto a circa 300 metri di altezza sul livello del mare che si erge in posizione panoramica sulla valle del Tevere. |
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Mugnano in Teverina - Le cascate sul Fosso Castello dove nel 1963 Pasolini gira la scena del battesimo di Gesù nel film "Il Vangelo secondo Matteo", sotto |
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L'antico nucleo del 1100 dC circa , seppure attualmente fatiscente e in completo abbandono, conserva ancora la sua pianta originale e ha un notevole interesse storico.
I boschi sono disseminati di antiche tombe rupestri. |
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Questi luoghi furono abitati fin dal periodo pre-etrusco, cioè "villanoviano", come testimoniato da numerosi ritrovamenti di case ipogee, tombe a grotta, pozzi e molto altro.
Non lontana da Chia anche la zona archeologica di "Santa Cecilia".
Famoso nel Viterbese il detto "Chia, du' case e 'na via", a sottolinearne il minuscolo tessuto urbano.
Il particolare amore di Pier Paolo Pasolini per Chia è tutto in questo estratto da "La nuova gioventù", "Canti di un morto", uscito in prima edizione nel 1975, l'ultimo libro pubblicato in vita da Pasolini, il segno della sua fedeltà alla poesia, in particolare a quella dialettale che ne aveva caratterizzato gli esordi. |
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I)
Il soreli a indora Chia cui so roris rosa, e i Apenìns a san di sabia cialda.
Ch'ai torna vuei Cinq di Mars dal 1974 ta un di di fiesta. |
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Il sole indora Chia con le sue querce rosa e gli Appennini sanno di sabbia calda.
[Io sono un morto di qui] che torna, oggi 5 marzo 1974, in un giorno di festa. |
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V)
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Contadìns di Chia!
Zà sentenàrs di àins o zà un moment, jo i eri in vu.
Ma vuei che la cìera a è bandunada dal timp, vu i no séìs in me. |
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Contadini di Chia!
Centinaia di anni o un momento fa, io ero in voi.
è abbandonata dal tempo, voi non siete in me. |
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VI)
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Chei ch'a van a Viterbo o tai Apenìns dulà ch'a è sempri Estàt, i vecius, a mi soméjn: ma chei ch'a voltin li spalis, Diu, e a van viers n'altri lòuc. |
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Quelli che vanno a Viterbo o negli Appennini dov'è sempre estate, i vecchi mi assomigliano: ma quelli che voltano le spalle, Dio [no!], e vanno verso un altro luogo. |
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IX)
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Il soreli al taja la val plena di roris di un rosa di paradis; i doj pissui fluns ch'a si riunìssin in fond a murmuréin coma spirs beàs.
Encia il vert dal vis'ciu cà e là al è un vert di paradis. |
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Il sole taglia la vallata piena di querce di un rosa di paradiso; i due piccoli fiumi si riuniscono in fondo mormorano come spiriti beati.
Anche il verde del vischio qua e là è un verde di paradiso. |
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"Le poesie in Friulano - L'altra lingua di Pasolini" di Simone Modugno GEDI WATCH
Viaggio a Casarsa, dove Pier Paolo scriveva manifesti politici in dialetto quando era Segretario della Sezione PCI.
dove fondò un'accademia per la "lenga furlana". |
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E la torre di Chia, che Pasolini nel finale del poema autobiografico "Poeta delle Ceneri" del 1967 cita come "la torre di Viterbo", è il suo amatissimo "posto da lupi"... |
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"... Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti, che io vorrei essere scrittore di musica, vivere con degli strumenti dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare, nel paesaggio più bello del mondo, dove l'Ariosto sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta innocenza di querce, colli, acque e botri, e lì comporre musica l'unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà..." |
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In realtà la cosiddetta "Torre di Chia", nei pressi di Bomarzo nel Viterbese, che Pasolini riuscirà ad acquistare e già solo pochi anni dopo aver scritto quanto sopra, è la torre del Castello di Colle Casale, una costruzione medievale piena di fascino e mistero, risalente al 1200, punto di riferimento nel paesaggio circostante, racchiusa dentro le mura della fortificazione e nei secoli via via di proprietà degli Orsini, poi dei Lante della Rovere ed infine dei Borghese.
All'arrivo di Pasolini fine Anni Sessanta la zona era stata a lungo lasciata in abbandono e i terreni ormai incolti convertiti o a orti o a pascoli: il suo ambizioso progetto di restauro viene affidato ad un amico e, non a caso, grande artista lui stesso, lo scenografo Dante Ferretti, tra i tantissimi riconoscimenti futuro Premio Oscar alla Migliore Scenografia nel 2005, 2008 e 2012 ed oggi a piena ragione considerato uno dei più grandi scenografi viventi.
Ferretti è infatti con Pasolini in qualità di aiuto scenografo già ne "Il Vangelo secondo Matteo" nel 1964, appunto al suo primo incontro ed innamoramento cioè con la Tuscia e con Chia, poi in "Uccellacci e uccellini" del 1966 e "Edipo re" del 1967, affiancandolo in seguito, ora come scenografo, in "Medea", 1970, "Il Decameron", 1971, "I racconti di Canterbury", 1972), "Il fiore delle Mille e una notte", 1974, fino all'ultima opera del grande regista "Salò o le 120 giornate di Sodoma" nel 1975...
Il progetto di restauro della torre rimane un vero capolavoro di rispettosa integrazione nel paesaggio, una casa semplice e funzionale per i suoi bisogni emotivi, poetici e politici, tutta pietra, legno e vetro, in pratica perfettamente mimetizzata fra la vegetazione selvatica e le pareti tufacee di una forra, a dominare quel fiabesco paesaggio sul torrente della scena del battesimo di Gesù del "Vangelo secondo Matteo" nel 1963.
Pasolini se ne innamora d'impulso e passionalmente si innamora di questa Terra di Tuscia, antica e dura sotto un cielo popolato di cornacchie, le uniche a romperne i silenzi, si sogna subito in quella casa-torre fuori dell'abitato, a mezzo chilometro dalla più vicina strada, isolata in una macchia, una seconda pelle che lo ricalca, nascosta e discreta ma allo stesso tempo creativa e curiosa di tutto ciò che la circonda, ciascuno stanzone con grandi pareti-vetrate, interno-esterno fuso in un tutt'uno uomo-natura, e una cucina sproporzionatamente minimalista, in cui non saper né disturbarsi a cucinar un uovo...
Fino al suo vigliacco assassinio all'Idroscalo di Ostia quel tragico 2 novembre 1975 vi passerà sempre più lunghi periodi in una solitudine rotta soltanto da incontri con la gente del luogo e visite di amici, ovvero violata a intervalli da ladri e omofobi per vandalizzargli il pur scarno arredo o rubare arte e reperti.
Come l'umile Chia si preoccupa di proteggere "il passato anonimo, popolare" (troppo facile difendere i monumenti e le opere d'arte!), anche lui si lascia coinvolgere, preoccupandosi delle antiche pietre e degli alberi del piccolo centro - magro e scavato, fuori e dentro. |
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"Ora io non sono più un letterato, evito gli altri, non ho niente a che fare coi loro premi e le loro stampe..."
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A complementare personificazione "sensoriale" del Pasolini nell'articolo di Roberto Bui alias Wu Ming 1. |
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