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Originale e non poco "pazzo"-artistico-esibizionistico ritratto di un Gian Luca (Garagnin-) Fanfogna jr, vissuto fra il 1851 e il 1902, nipote del Gian Luca Garagnin di cui parliamo.
Qui, in teatrale posa a seconda metà dell'Ottocento, elegantissimo - bombetta, occhiali, barba coltivata, cravatta, completo, soprabito lungo, scarpe lustre nonostante la terra e la polverosa ghiaia del giardino - su una scala a libretto davanti a quello che ancora era il cosiddetto "Casinetto delle Delizie" del Parco...
Lo stereotipo incarnato del vero Signore intellettuale di una borghesia neo-nobile, forse di ispirazione aristocratic blue blood and old money British style. |
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Una prima contestualizzazione |
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La politica, l'economia, la massoneria, il feudalesimo residuale, gli intellettuali, le mode, la cosiddetta "fisiocrazia" e le nuove idee rivoluzionarie è l'insieme di tutto quel mondo in bilico tra l'essere e il divenire a cavallo fra il Settecento e l'Ottocento, un vecchio mondo alla ricerca di rinnovarsi, il quale porta alla creazione del Parco Garagnin-Fanfogna a Traù.
E, tra l'altro, una panoramica di fondo sul "perché" l'eredità culturale romana ed italiana incontri ancora oggi in Dalmazia di per sé molto comprensibili "resistenze emotive", latenti o esplicite.
Purtoppo però talvolta miste a decisamente meno accettabili, imperdonabilmente esagerati e generalizzanti risentimenti opacamente ideologici, che finiscono per esprimersi anche in intollerabili atteggiamenti "antistorici", da parte di politici, (cosa che di per sé non meraviglia più di tanto, dato il loro mestiere di tenersi a galla cavalcando l'onda), di personalità culturali e, addirittura, di "addetti ai lavori".
Intendiamoci bene, anche questa mia ricerca, documentazione ed analisi è tout dans une vision "objective" entièrement subjective, bien sûr - inevitabile... |
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Illuminismo |
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Fisiocrazia e Liberalismo |
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La cosiddetta "Fisiocrazia" o "governo della natura" - dal Greco antico φύσις phýsis, fùsis, natura, e κρατία, kratía, governo - è innanzitutto una dottrina economica francese di metà XVIII sec (in contrapposizione a industrialismo e mercantilismo soprattutto inglesi) con fini molto pragmatici, volti a migliorare le non ottime finanze nazionali di una Francia ancora prevalentemente agricola, attraverso la migliorata produttività dei grandi latifondi dell'aristocrazia.
È il medico ed economista François Quesnay che nel suo "Tableau économique" del 1758 la lancia sulla considerazione di come "a fondamento di ogni altra attività economica" sia l'agricoltura, di fatto unica produttrice di "beni", mentre industria e commercio si limitino, rispettivamente, l'una a trasformarli e l'altro a distribuirli.
Il pensiero fisiocratico non va quindi a comprendere lo scambio dei prodotti come momento di creazione di ricchezza, eleggendo a perno teorico il cosiddetto "prodotto netto" o "surplus", vale a dire il guadagno economico una volta dedotte le spese di produzione, da cui la superiorità dell'agricoltura.
L'agricoltura non solo è capace di fornire materie prime e nutrimento, essenziali alla comune sopravvivenza, ma, con l'aiuto delle forze della natura, anche di moltiplicare il rendimento del lavoro umano, permettendo così di reinvestire nel ciclo agricolo, vuoi via via migliorando ulteriormente la produttività dei terreni, vuoi educando una manodopera sempre più qualificata, stimolando ricerca botanica sperimentale e creazione ingegneristica di innovative macchine agricole, in un circolo eccezionalmente virtuoso.
L'impatto sociale che ne deriva suddividerà in categorie "funzionali" chi sia coinvolto nei processi del ciclo produttivo, creando di conseguenza:
- una classe "oziosa" (dal Latino otium, nel senso di "pensante e pianificante") di proprietari che investano i necessari capitali iniziali
- una classe "produttiva" di contadini, ma moderni e professionalmente aggiornati, che coltivino al meglio la terra
- una residuale cosiddetta classe "sterile", cioè non-produttiva, questa composta da chiunque altri trasformi (industriali), distribuisca (commercianti) o semplicemente utilizzi (consumatori) i beni così prodotti.
Questa nuova visione socio-economica, chiamata "sistema agricolo" ovvero "dottrina dei filosofi economisti", avrà notevole influenza tra il 1750 e il 1780, con un apice di popolarità intorno agli Anni Settanta del secolo.
Un'idea di libero mercato che ispirerà lo stesso Adam Smith, anche se verrà da questi successivamente rifiutata e contrastata con la formulazione di una teoria contrapposta, quella del "valore basato sul lavoro".
I Fisiocratici arriveranno dal canto loro addirittura a caldeggiare la nascita di un "buon governo basato sul dispotismo", fino a quel momento forma di governo da sempre considerata "corrotta" nel pensiero classico.
Un unico individuo sapiente ed oculato con pieni poteri a guida dei suoi sudditi verso bene e benessere, una sorta di dittatore "illuminato", riferendo al concetto di un ordine "naturale" preesistente e sovrastante a qualsivoglia altro ordinamento "positivo", creato cioè dall'uomo. |
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Disegno planimetrico del 1771 di una sorta di "serra climatizzata" sperimentale (la struttura in alto a destra nella piantina), una innovativa "orangerie" o giardino d'inverno, in Italiano a seconda della coltura conosciuta anche come "orangeria", "limonaia" o "cedraia".
Uno spazio cioè per far svernare piante di agrumi, altre piante da frutto e piante esotiche in aree geografiche in cui le avverse condizioni climatiche non ne consentirebbero la sopravvivenza all'esterno, aiutandole progressivamente ad adattarsi al nuovo clima, il tutto in uno speciale edificio solitamente annesso ad una villa o un palazzo.
In effetti ulteriore fase della cosiddetta "domesticazione" iniziata oltre 10 mila anni fa - se vogliamo ampliare la prospettiva storica - ininterrotto proseguimento evolutivo artificialmente indotto dalla rivoluzione agricola del Neolitico.
Infatti in Dalmazia - strano se non quasi impossibile immaginarsela oggi senza i suoi fantastici limoni, mandarini e clementine - all'epoca non esistono ancora colture di agrumi, le quali vengono qui introdotte con successo proprio attraverso il lavoro pionieristico e lungimirante di agronomi, economisti ed imprenditori come Gian Luca, in Croato Ivan Luka, Garagnin e suo fratello Gian Domenico, ovvero Ivan Dominik. |
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Per non rischiare di leggere erroneamente queste posizioni partendo dalla nostra prospettiva storica odierna, occorre comprendere lo spirito "liberatorio" del tempo in cui gli Illuministi cercano di rivoluzionare il modo di fare economia, rendendola libera.
All'epoca in circostanze in cui non a tutti è dato commerciare senza una serie di speciali permessi, in cui per comprare e vendere anche tra città e regioni di un medesimo Stato si pagano ancora una serie di salatissimi dazi e dogane, che di certo non stimolano l'economia, e in cui le ancora vigenti "corporazioni", di stampo medievale, continuano ad ostacolare efficacemente o bloccare del tutto l'ingresso di nuovi soggetti, nuove proposte e nuove modalità nelle attività economiche.
In pratica Quesnay, autore di un paio di articoli, fra cui uno dal titolo "Grani", nella famosa "Enciclopedia [francese] o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri", Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, altro non fa che proporre una più moderna forma di economia.
Lo fa promuovendo soprattutto una libera produzione e commercializzazione dei cereali attraverso una politica meno vessatoria e più a favore della proprietà agraria, criticando quindi il modello economico "mercantilista", che, al contrario, privilegia fino ad allora lo sviluppo delle manifatture.
Come tutti gli assertori del cosiddetto "Liberismo", suggerisce insomma che lo Stato non ostacoli in alcun modo gli imprenditori - a colpi di leggi e normative - nei settori economicamente fondamentali per la nazione, ma anzi li stimoli ad una sana ed aperta concorrenza, migliorando quantitativamente e qualitativamente la produzione, processi e prodotti, ad evitare di fatto nello specifico il susseguirsi di carestie dovute a mancanza di grano, come più tardi sarà ancora il Liberismo a sostenere anche la Prima Rivoluzione Industriale.
Questo fermento di idee, che contribuiranno a creare i presupposti della società moderna, fa parte dell'eredità dell'"Illuminismo", corrente di pensiero fra la Rivoluzione Inglese del 1688 e quella Francese del 1789, un'evoluzione culturale senza precedenti in fatto di religione, scienza, filosofia, politica, economia, storiografia, letteratura e quant'altro, che dunque ben giustifica la metafora altisonante della luce, nelle varie lingue: "Âge des lumières", "Enlightenment", "Aufklärung".
In pratica comporta la secolarizzazione e laicizzazione della fino ad allora stradominante idea di "(Divina) Provvidenza" in "progresso", come attività storica umana, "luce della ragione" e non rivelata, scoperta delle leggi naturali, sconfitta di fanatismi e superstizioni, che caratterizzerà la crescente egemonia di una "borghesia" agricola, commerciale e industriale in lotta contro le sopravvivenze di un mondo medievale, il suo modus vivendi obsoletamente feudale.
Nella religione l'affermazione epocale dell'autonomia della ragione, in scienza e filosofia maturazione da razionalismo ed empirismo alla "gnoseologia" o teoria della conoscenza ed una concezione non speculativa della filosofia.
In politica un pragmatico impegno riformistico, a cambiare i rapporti sociali adattandoli alla crescente incidenza di tecnologia e scienza nella vita associata.
In giurisprudenza la critica a tradizione, istituzioni, ordine morale e normative vigenti con sbocco nell'individualismo, attribuendo un ruolo centrale al singolo cui vengono riconosciuti nuovi diritti, per la prima volta codificati proprio in Francia nella cosiddetta "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino", "Déclaration des droits de l'homme et du citoyen", del 1789, anno zero del |
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La famiglia Garagnin-Fanfogna |
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Quella alla sommità del grande cancello d'ingresso al Parco è una versione in lamiera e ferro battuto dello stemma di famiglia dei Garagnin o Garanjin di Traù.
La corona araldica simboleggia il titolo di Conti, acquisito per matrimonio nel 1840 fra la Baronessa Caterina Garagnin ed il Conte Antonio Zoilo Fanfogna, lei figlia del Barone Gian Luca Garagnin e della Contessa Francesca Caterina Elisabetta Maria Borelli, Contessa di Vrana.
I due avranno cinque figli, quattro maschi e una femmina - Ruggero Angelo Fanfogna Fanfonja, Gian Domenico Fanfogna, Diamante Fanfogna, Gian Luca Fanfogna e Colano Giuseppe Maria Fanfogna - di cui al quartogenito, Conte Gian Luca Fanfogna, nella famiglia terzo "Gian Luca" in ordine cronologico, nel 1851 verrà appunto dato il nome del nonno materno. |
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Stiamo parlando quindi dell'aristocrazia dalmata nonché parimenti degli intellettuali dell'epoca, per di più con acclarate radici italiane, una combinazione che un secolo più tardi si dimostrerà estremamente esplosiva...
Come nel caso del Conte Giovanni Antonio "Nino" Fanfogna, figlio di Colano Giuseppe Maria, che trentaduenne "irredentista" emulatore dannunziano e discendente dell'ultimo Podestà italiano della Città, in un purtroppo rimasto famoso e, a dire il vero, semicomico incidente nel 1919 tenterà senza successo di "occupare" Traù.
La cittadina, esclusa solo per una quindicina di chilometri da quelle aree della Dalmazia assegnate amministrativamente all'Italia dal Trattato di Londra del 1915, secondo i deliranti "piani" avrebbe dovuto essere annessa alla zona "italiana" con l'uso della forza militare...
Da qui la lunga scia di tragiche conseguenze di quei "risentimenti popolari", ma non troppo, perché dietro tali moti "spontanei" c'è sempre ed inevitabilmente una pianificazione strategica politica che li aizzi e nutrisca, trascinatisi fino ai "fattacci" di fine Seconda Guerra Mondiale.
Prima nel settembre 1943, alla caduta del Fascismo in Italia, con 134 Italiani uccisi, e, di nuovo, nel 1945, alla capitolazione della Germania e dei suoi pochi rimasti Alleati, cioè del residuale Regime Fascista nella cosiddetta Repubblica Sociale Italiana al Nord, ovvero del Nazismo tedesco.
Nella seconda ondata con ben più studiate, crudeli, devastanti "punizioni" e "vendette" anche private, poi sfociate in vera e propria pulizia etnica contro interi gruppi locali della grande popolazione italiana o italofona in Istria e Dalmazia, volutamente ed indiscriminatamente associata al Fascismo dalle nuove forze politiche emergenti, per più che palese convenienza predatoria. |
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Gian Domenico o Ivan Dominik Garagnin-Fanfogna |
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Radicatamente Traurini |
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Un ramo famiglia aristocratica dei Garagnin arriva a Traù nel XVIII sec, come lo conferma la documentata morte nel 1783 del primo Ivan Luka, Vescovo di Arbe/Rab nel 1760 ed Arcivescovo di Spalato/Split dal 1765 al 1783.
Tra fine XVIII e prima metà XIX sec poi forse il rampollo più importante della famiglia, il secondo Gian Luca o Ivan Luka, nato nel 1764 e morto nel 1840.
Uomo di alta cultura del suo tempo e come tale responsabile della prima "sistematica" indagine archeologica di Salona, ed insieme intraprendente uomo d'affari, convinto sostenitore dell'introduzione di metodi moderni nell'agricoltura dalmata, co-fondatore dell'"Accademia Economica di Castelli/Kaštela - Traù /Trogir" (corrispondente ad una Camera di Commercio dei nostri giorni).
Della famiglia Garagnin poi Ivan Dominik o Gian Domenico, nato nel 1761 e morto nel 1848, durante il periodo amministrativo francese della Regione Governatore di Ragusa/Dubrovnik (la spesso dimenticata "quinta" grande Repubblica Marinara) e Cattaro/Kotor o Котор (oggi nel Montenegro/Crna Gora o Црна Гора) per un decennio.
Dal 1808 al 1818, Cavaliere della Légion d'Honneur dal 10 gennaio 1810 e Barone dell'Impero Francese dal 23 febbraio 1812, cui il successivo Governo Austriaco concederà conferma di nobiltà nel 1823.
Nel 1840 infine si andrà a creare, come già visto all'inizio, il ramo familiare Garagnin-Fanfogna/Garanjin-Fanfonja, passandone il titolo da Baroni a Conti. |
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Lo stemma lapideo dei Garagnin-Fanfogna, in pietra locale, ancora oggi sull'ingresso del Palazzo attualmente adibito a Museo Civico, proprio sulla Piazzola d'ingresso alla Città di Traù, attraverso l'attuale Nuova Porta di Terraferma |
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Di particolare interesse in questo contesto il già su introdotto Barone Gian Luca Garagnin, quello che nasce a Traù nel 1764 dalla nobile famiglia italiana ormai divenuta traurina, per le conclusioni della sua analisi politico-socio-economica.
Deve semplicemente prendere atto di come la regione dalmata sotto le vigenti circostanze, condizioni e normative veneziane non sia in grado di superare la profonda crisi economica a seguito delle devastazioni e del salasso erariale subiti durante le estenuanti guerre turco-veneziane, che vedono contrapposti l'Impero Ottomano e la Repubblica di Venezia nel XVI e XVII sec per il controllo del Mediterraneo Orientale.
Questo nonostante la lungimirante politica economica attuata dalla Serenissima in Dalmazia, con una serie di iniziative, vuoi il commercio marittimo, vuoi la navigazione di piccolo cabotaggio, la costruzione di infrastrutture quali ponti e strade, la promozione di bonifiche e ripopolamento di campagne, col programma di stanzialità dei Morlacchi, e di città, favorendo l'immigrazione qualificata di colletti bianchi, maestranze e operai veneti.
È in questo contesto e con questa prospettiva che nelle città dalmate verranno costituite Accademie o Camere dell'Agricoltura, per studiare e risolvere gli innumerevoli problemi dell'economia dalmata e lui stesso sarà membro autorevole di quella di Castelli /Kaštela-Traù/Trogir, agronomo sperimentale e studioso di economia agraria di tutto rispetto.
Anche dopo il collasso della Serenissima nel 1797 proseguirà la sua attiva partecipazione alla vita politica schierandosi con i movimenti filo-francesi, abbracciandone le idee liberali e giacobine e considerando quindi convintamente il raggiungimento delle libertà civili quale conditio sine qua non di una auspicabile rinascita economica. |
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La residenza cittadina dei Garagnin, proprio all'ingresso del Centro Storico sulla citata piazzola interna alla Nuova Porta di Terraferma, nonostante le dimensioni, in Croato chiamata "via", "Ulica" Gradska Vrata, oggi sede del Museo Civico della Città di Trogir |
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Basandosi su precedenti ricerche e studi denuncia come l'aristocrazia dalmata possieda 1/25 dell'intero "Nuovo Acquisto" veneziano, criticando l'esistenza dei latifondi la cui arretratezza agricola sia proprio dovuta ad "abusivi diritti feudali", "fondi inalienabili", burocrazia, mancanza di infrastrutture e classi sociali fin troppo "oziose", anzi frenanti.
Prendendo ad esempio il modello toscano in Italia:
- ne suggerisce la coltivazione estensiva di vite ed ulivi in Dalmazia
- propone di favorire l'insediamento stanziale dei Morlacchi
- e la redistribuzione di beni comunali demaniali agli abitanti del luogo
- facilitandone l'accatastamento
- e abolendo il cosiddetto "erbatico", obsoleto tributo, anche questo di stampo feudale, dovuto ai proprietari terrieri in cambio del diritto di pascolo del bestiame e del taglio del fieno.
Tra i primi inoltre a riprendere ed elaborare i concetti di "Nazione Dalmata" e "Popolo Dalmata" da proporre a Napoleone.
A questo fine il 10 agosto 1806, in qualità di Capo Delegazione Dalmata delle Province Illiriche, tiene la sua allocuzione davanti all'Imperatore a Parigi urgendo di attuare in Dalmazia quelle riforme "che non possono più attendere", promuovendo anche un progetto di legge sui rapporti di colonìa agraria, e farà successivamente parte della Commissione per le Acque e Strade in Dalmazia ed Albania e sarà Delegato Provinciale a Spalato e Ragusa... |
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La vista del Parco dal terrazzo della residenza dei Garagnin, oggi sede del Museo Civico, a dividerli soltanto la cosiddetta "Foša" o pantan, il fossato della fortificazione veneziana a difesa del piccolo ponte, unico accesso alla Cittadina via terra dalla costa, oggi "Canale San Marco" dalla torre omonima |
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Proprio nell'intento di promuovere, rinnovare e modernizzare l'agricoltura dalmata, del 1802 è la creazione a Traù del Parco Garagnin, primo orto botanico in Dalmazia e riuscita combinazione utilitaristica ed estetica di orto-giardino.
Gian Luca Garagnin vi arriverà a coltivare ben 359 specie di piante e condurrà esperimenti di acclimatizzazione di piante esotiche, abbellendone progressivamente gli spazi destinati a produzione agricola con nuovi edifici "alla moda" e con preziosi reperti archeologici trasferitivi dal sito archeologico della vicina Salona. |
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Le proprietà immobiliari della potente famiglia traurina includono intra moenia il Palazzo, il cui terrazzo Nord fra la l'Antica e la Nuova Porta di Terraferma e, soprattutto, la "torretta" di studio, ispezione e avvistamento sul culmine del suo tetto più alto, esattamente in asse col nuovo Parco sulla costa a Nord, proprio al di là del fossato, a poco più di un centinaio di metri di distanza.
Ancora oggi del Parco è infatti possibile goderne quasi la piena vista, nonostante i nuovi alberi piantati sull'isolotto lungo il nuovo, notevolmente ristretto canale e l'altrettanto sostanziale, ulteriore innalzamento delle antiche costruzioni e dei nuovi edifici interposti in tempi moderni. |
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Durante il primo Governo Austriaco della Regione Gian Luca Garagnin darà inizio nel 1804 alla primissima, se pur breve, "campagna di scavi" a Salona - già capitale dei Dalmati, poi greca e quindi romana, messa a ferro e fuoco dagli Avari nel 639 dC.
Almeno fino a che, ammalatosi, non sarà costretto suo malgrado ad interromperli inviandone i reperti più significativi scoperti ad arricchire le collezioni del Museo Imperiale di Vienna, come esplicitamente richiesta condizione da parte della Corte degli Asburgo, suoi sponsor.
Gli scavi verranno allora proseguiti, man mano con approcci e metodi sempre più modernamente professionali e scientifici, prima da Carlo Lanza tra il 1821 e il 1828 e poi, a partire dal 1843, da Francesco Carrara, nominato "Direttore del Museo d'Antichità di Spalato e degli scavi di Salona" (vedi il suo "Topografia e scavi di Salona", Trieste, 1850).
Garagnin, intellettuale di spicco dell'epoca e uno dei maggiori rappresentanti del movimento fisiocratico in Dalmazia, nei salotti culturali aristocratici (e massonici) di Venezia fa conoscenza e stringe amicizia con tra gli altri l'architetto neoclassicista Giannantonio Selva, cui affida la realizzazione di diversi progetti, per il Palazzo e il Parco di famiglia in Traù come pure, più ambiziosi, fuori città. |
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Giovanni Antonio o Gian Antonio ovvero Giannantonio Selva, architetto e architetto del paesaggio a cavallo tra Settecento e Ottocento, esponente di primo piano del Neoclassicismo, allievo di Tommaso Temanza, amico di Antonio Canova, titolare della Cattedra di Architettura all'Accademia di Venezia, il più noto degli architetti veneziani dell'epoca.
Già ancorato alla tradizione, passa al Neoclassicassicismo rigoroso attraversando un "Neopalladianesimo semplificato", come testimonia la sua opera maestra, il Gran Teatro "La Fenice" di Venezia del 1792 - dalle proporzioni corrette e povero di tem, poi il Tempio Canoviano a Possagno ed i Giardini di Castello e della Giudecca ancora nella città natale, acquistando competente autorevolezza apprezzata anche oltre i confini della sua area socio-geografica. |
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Un inaspettato Giannantonio Selva |
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in quel di Traù |
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Sopra, la prima in assoluto bozza conosciuta della pianificazione del futuro Parco Garagnin-Fanfogna (probabilmente per mano dello stesso Garagnin o per lui del Selva), schizzo dell'orto-giardino, creato per adattamento, trasformazione e fusione di precedenti orti di terraferma tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX sec.
Solo pochi tratti schematici dell'iniziale perimetro, il quale poi a completamento ultimato si dimostrerà quello dell'equivalente quadrante di Sud-Est, con già il tracciato del viale centrale a partire in asse dal cancello principale sulla strada primaria ed i esistenti fabbricati agricoli.
Evidenziate dalla Redazione in rosso, le esatte ubicazioni sia della cosiddetta "Barchessa", una combinazione di scuderie e stalle integrate con magazzini di stoccaggio dei cereali, a Sud in basso a destra del cancello principale, che delle casette degli ortolani, in alto sul muro Est, evidenziate per il previsto ampliamento e trasformazione delle medesime nel futuro "Casinetto dei Gentiluomini" (poi "Casinetto delle Delizie") in quella che sarà la zona elegante dell'Orto-Parco-Giardino, separata dalle aree agricole produttive proprio dal viale di cui sopra.
A seguire, una delle proposte di Selva per il portale Ovest d'ingresso all'Orangerie del Parco, cioè l'agrumeto, a ridosso dell'originario muro Nord, e, da ultimi, alcuni dei primi schizzi preparatori per gli affreschi decorativi a fregio degli interni del Casinetto, poi fedelmente realizzati. |
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Gian Luca Garagnin sr |
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A Spalato e Salona |
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Oltre che agronomo sperimentale, imprenditore, economista e politico anche archeologo, nominato dal primo Governo Austriaco della Dalmazia responsabile della prima in assoluto"campagna di scavi archeologici" a Salona, nel 1804 lascia la politica per dedicarvisi.
Una campagna iniziata con entusiasmo, ma che durerà solo alcuni mesi, terminata anzitempo a causa della malattia che lo costringerà alla fine ad abbandonare i lavori. |
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La mappa di Gian Luca Garagnin sr della ricostruzione delle mura dell'antica Salona e parte delle facciate del cosiddetto "Palazzo" di Diocleziano, incluso in quello che sembrerebbe essere l'estremo Est della città intra moemia, ma che di fatto, come vedremo, non è...
Sopra, nella metà sinistra del foglio la mappa approssimativa della ricostruzione dell'imponente cinta muraria a difesa dell'intera area di servizio annessa ed integrata alla Villa o Palazzo di Diocleziano, oggi Centro Storico di Spalato, che si estende dalla vicina Salona, al centro ed estrema sinistra, fino ad includere, sull'estrema destra, il Palazzo dalla caratteristica planimetria perimetrale quadrangolare, qui ulteriormente evidenziata con un quadrato rosso, ed insieme, nella metà destra del foglio, i prospetti meravigliosamente dettagliati di tre delle facciate del Palazzo.
La mappa sembra deliberatamente ruotata con asse verticale orientato Est-Ovest invece che Nord-Sud: ci aiuta a "leggerla" quella che sembrerebbe l'Isola di Vragnizza/Vranjic, qui evidenziata con un cerchio rosso, l'unica nell'area, vicina alla foce del Fiume Jadro, oggi nel Comune di Solin, tipico fiume carsico di breve corso, così ricco d'acqua da rifornirne l'intera Spalato, dove oggi si trova l'Aquarium di Split, il più grande della Croazia. |
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Sempre a sinistra sulla mappa di Garagnin è compreso l'attracco delle navi - già porto illirico - dove ancora oggi è dislocato il porto commerciale merci di Spalato/Split (quello passeggeri è dall'altra parte della Penisola di Marjan/Poluotok Marjan con la Collina di Marjan/Brdo Marjan, cioè sul lato mare del Palazzo) sia il sistema del trasporto e della distribuzione dell'acqua potabile e dolce, l'acquedotto, i corsi naturali di scorrimento del bacino imbrifero montano (in primis appunto il Fiume Jadro) e le canalizzazioni artificiali a valle fino al mare (oltre ad essere rifornito dall'acquedotto, ancora funzionante, il Palazzo dispone di una propria sorgente in loco!).
I tre segmenti di facciate sembrerebbero corrispondere, quello in alto alla parte dei prospetti laterali delle facciate verso Nord-Ovest e Sud-Est (che affacciano verso i monti) inclusa una torre d'angolo, quello centrale al prospetto della facciata verso Sud- Ovest (verso il, o, meglio, sul mare, con ingresso al grande vestibolo e tanto di attracco per le grandi triremi), quello in basso la sezione centrale del prospetto di Nord-Est con il sontuoso ingresso principale della cosiddetta "Porta Aurea". |
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Sopra, ricostruzione della pianta del Palazzo di "Diocleziano", nato Διοκλής, Diocles, proprio a Salona nel 244, il quale nella grande villa morirà nel 313, dopo essere stato imperatore dal 284 al 305 con il completo nome imperiale di Cesare Gaio Aurelio Valerio Diocleziano Augusto Iovio, Caesar Gaius Aurelius Valerius Diocletianus Augustus dal 287 assumendo anche il titolo di Iovius.
Sotto, una ricostruzione volumetrica della villa imperiale, fatta edificare tra il 295 e il 304 dC, che viene resa nell'immagine realisticamente, particolareggiata e a colori, visibili i grandi cespugli di rosmarino selvatico, gli alberi di olivastro ed i cipressi. |
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I primi coloni Greco-Siracusani nel V-IV sec aC chiamano infatti il luogo e la sua baia Aσπάλαθος, Aspálathos, appunto perché dal mare la costa si presenta loro come una vera esplosione di giallo, dovuto alla florescenza della ginestra o Calicotome Spinosa, arbustiva tipica di "gariga" costiera e macchia mediterranea su suoli calcarei, la quale rimane qui tuttora molto comune.
I Romani ribattezzeranno Aspálathos in Spalatum, una forma contratta di Palatium Diocletiani la quale foneticamente ricorda comunque la denominazione greca, che nel Medioevo si traformerà poi in "Spalatro", nome che rimarrà nella Lingua Dalmatica, ora estinta, e infine nello "Spalato" italiano e lo "Split" slavo (questo durante una breve parentesi nel XIX sec nella variante Spljet).
I ladroni predatori Romani si renderanno come loro solito colpevoli di scempio lungo l'intera costa dei boschi per costruirsene innanzitutto navi e quello che non riusciranno a depredare i Romani ne faranno tabula rasa i Veneziani (seguiti e perfezionati dagli Austro-Ungarici), come del resto in tutto il Mediterraneo Centro-Orientale - altro che "ecologia sostenibile", la cosiddetta "civiltà" ha dei costi da pagare... |
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A Traù |
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Sulla costa a pochi metri proprio di fronte alla loro residenza sull'isolotto di Traù, dove i fratelli Ivan Dominik/Gian Domenico e Ivan Luka/Gian Luca della nobile famiglia traurina Garagnin posseggono in pratica un intero angolo cittadino a ridosso della Porta Nord o di Terraferma, nel 1802 decidono di allestire un parco agricolo.
Uno molto speciale, insolito e sperimentale per l'epoca, anche in una combinazione di giardino aristocratico - con prati, vialetti, ruscelli, piante ornamentali e aiuole fiorite, con tanto di elegante "Casinetto delle Delizie", un tempietto e un ricco lapidarium - e allo stesso tempo di orto botanico, un vivaio ricchissimo di specie col fine preciso di testare la capacità di acclimatizzazione di piante decisamente "esotiche" per la Dalmazia.
Si parte con un iniziale utilizzo dell'area prevalentemente agricolo, più precisamente "orto-frutticolo", cioè produzione di cereali, frutti e verdure.
La si trasformerà gradualmente in un vero parco-giardino, cioè con alberi e piante ornamentali, piante rare ed una ricchissima varietà di cespugli e fiori.
Parallelamente alla metamorfosi funzionale si passerà, pur nelle dimensioni miniaturizzate di un modello per più ambiziosi progetti, da una iniziale disposizione geometricamente "rigida", rinascimentalizzante, delle piante e degli arbusti a modelli di layout più naturali, tredimensionalmente morbidi ed eleganti, tipo parco inglese collinare, soprattutto sul retro dell'appezzamento, più nascosto, quasi intimo, lontano dalla strada principale.
Il parco offrirà così ai proprietari riposante frescura e raffinato godimento estetico e, oltre al divertimento, permetterà a Gian Luca Garagnin, uomo di cultura e di "coltura", agronomo esperto e sostenitore di un necessario ammodernamento delle allora arretrate pratiche agricole nella Provincia di Spalato e in tutta la Dalmazia, anche una professionale attività botanica con esperimenti di domesticazione di nuove colture vegetali, dando così vita ad una remunerativa produzione di piantine in vivaio per il rimboschimento delle campagne brulle e rocciose della Regione.
L'"abbellimento" del Parco viene commissionato all'architetto veneziano allora più in voga, Giannantonio Selva, amico personale dei Garagnin e, come loro, assiduo frequentatore di salotti culturali e massonici a Venezia, il quale vi progetterà e realizzerà quattro edifici in stile neoclassico:
- due rustici, a Sud sulla strada postale Sebenico/Šibenik-Spalato /Split
- una loggia-padiglione, sul lato Est del muro perimetrale
- l'abitazione del giardiniere, nell'estrema zona posterione sù a Nord con separato ingresso secondario diretto
- oltre a un tempietto in un'area centrale verso Sud.
A sottolinearne la duplice funzionalità dell'impianto, sulla strada lungomare due "ingressi principali" al Parco, affiancati, uno pedonale ed uno per animali da lavoro e da traino, con relative stalle e magazzinaggio temporaneo dei cereali prodotti pronti per la vendita. |
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Disegno del sarcofago dell'Augure L(ucio) Pomponio Draco ad opera del geometra /agrimensore Ivan o Giovanni Danilo, a dire il vero un professionista sì ma esperto di costruzione di strade ed infrastrutture, sulle cui rilevazioni topografiche, schizzi e disegni a commissione di Gianluca Garagnin si baseranno molti dei progetti dell'archittetto Giannantonio Selva. |
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Di Gian Luca Garagnin e della sua di scavi dell'antica città romana di Salona rimangono disegni documentali, alcuni del geometra Giovanni/Ivan Danilo, un lapidarium intatto come all'origine istallato, un sarcofago scoperchiato, una statua decapitata, un'ara funeraria e numerosi frammenti di manufatti in pietra - colonne, basamenti, capitelli e fregi - distrutti e sparpagliati su tutta la superficie dell'odierno perimetro.
La documentazione grafica d'epoca dei monumenti di Salona, ritrovati grazie alle due campagne di scavi del 1805, è oggi conservata nell'archivio privato della Famiglia Garagnin-Fanfogna, oggi bene del il Museo Civico di Trogir, particolarmente preziosa anche dal punto di vista scientifico perché riguardante antichità successivamente sottratte o comunque scomparse, come quelle dell'Imperatore Costanzo e del suo reggente Julius Seremetius Rufus, che peraltro permettono di ricostruire la porta della città, nel IV sec reinterpretata in arco di trionfo.
Ad abbellire il suo orto-giardino di Traù Gian Luca Garagnin seleziona una raffinata serie di reperti lapidei monumentali, pietre tombali, frammenti di iscrizioni, sculture, altari e pilastri e fin dall'inizio il parco viene altamente stimato come una grande risorsa.
Aspetto inoltre del tutto inedito, sia per la città che per il territorio, il Parco viene visitato con frequenza da ospiti stranieri, di alto rango, statisti e uomini di scienza, che ne apprezzano le finalità di coltivazioni innovative, godendone anche appieno della sua rinomata atmosfera simbioticamente curata, allo stesso tempo culturale e naturale.
Tra gli ospiti i più illustri - oltre a botanisti di fama come:
- Franz von Portenschlag Ledermayr, suo il ricco erbario "Enumeratio plantarum in Dalmazia lectarum" secondo il sistema binominale di Linneo e di cui porterà circa 200 piante in vaso a Vienna per i giardini della coppia imperiale
- Bartolomeo Biasoletto, fondatore nel 1828 e direttore del primo "Gabinetto (Giardino) Botanico di Trieste" poi dal 1842 e tuttora "Civico Orto Botanico"
insieme a
- Muzio Tommasini, autore di un erbario sulla Flora di Venezia Giulia e Istria
entrambi nel 1838 nella spedizione scientifica di Federico Augusto, Re di Sassonia, documentata in "Viaggio di S. M. Federico Augusto Re di Sassonia per l'Istria, Dalmazia e Montenegro" del 1841
anche personaggi politici e militari come:
- Auguste Frédéric Louis Viesse de Marmont, generale francese Maresciallo dell'Impero nelle Guerre Napoleoniche, nel 1808 in Dalmazia per occupare la Repubblica di Ragusa, poi Duca di Ragusa e Governatore Generale Civile e Militare delle Province Illiriche per cinque anni
- nel 1818 l'Imperatore Austriaco Francesco Giuseppe Carlo Giovanni d'Asburgo-Lorena, cioè Franz Joseph Karl aus dem Haus Habsburg-Lothringen, ultimo Imperatore dei Romani, primo Imperatore d'Austria, e ultimo Duca di Milano, padre del futuro Franz Joseph I von Österreich, Imperatore d'Austria e Re d'Ungheria - il "Cecco Beppe" dei beffardi "canti di naja" italiani d'epoca per capirci - con un particolare interesse artistico, non a caso fiorentino di nascita
- Federico Augusto I Re di Sassonia e Duca di Varsavia, Joseph Maria Anton Johann Nepomuk Aloys Xaver "der Gerechte", che durante il suo Grand Tour in Dalmazia ne loda competentemente la flora essendo lui stesso provetto botanico
- Ferdinando Massimiliano d'Asburgo-Lorena, Arciduca d'Austria e Principe Imperiale, Erzherzog Ferdinand Maximilian Joseph Maria von Österreich (sì quel "Massimiliano I del Messico" del famoso Castello di Miramare a Trieste!)
- Ludwig van Welden, dal 1848 Governatore Civile e Militare della Dalmazia austro-ungarica
- nel 1919 il Viceammiraglio statunitense Philip Andrews, all'epoca Comandante della flotta internazionale di stanza nell'Adriatico... |
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"Specifica dei Monumenti |
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ed oggetti antichi od artistici |
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degni da conservare a Traù" |
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Riportiamo di seguito la preziosissima, encomiabile prima lista in assoluto dei Beni Culturali della Città di Traù, in ben 165 punti, accuratamente redatta di propria mano da Gian Luca Garagnin.
Un qualcosa come due secoli prima dell'UNESCO, quando nessun altro ci avrebbe mai neppure pensato e di fatto non lo fece - altro che i dietrologi, i benpensanti e i ciarlatani, altro che i politicanti e i mercanti del tempio di oggi!...
Ci riproponiamo di trascrivere la presente lista e gli appunti olografi di Gian Luca Garagnin e di cercare a trovare riscontro nella Trogir di oggi dei "monumenti ed oggetti antichi od artistici" annotativi o almeno una qualche traccia fisica ovvero una qualsivoglia di documentazione o di memoria.
Già da ora coscienti di come buona parte di questo "patrimonio" sia stato asportato, demolito, sfregiato da discutibilissimi restauri, anche "ampliativi" con buona memoria delle competenti Autorità di gestione e tutela, a vario titolo vandalizzato o semplicemente sottratto.
Almeno la parte monumentale quella c'è ancora quasi intatta, anche se troppo spesso crescentemente svilita o indecorosamente nascosta, quasi ridotta ad un pretesto o un'esca, per attitirare stressati turisti ammucchiandoli come sardine nella trappola, e non il patrimonio storico-culturale che di fatto è, da condividere orgogliosamente con graditi ospiti.
Svilita o occultata da contesti o sovrapposizioni, pur stagionali, dalle indegne caratteristiche oltremodo banali, oltraggiose, troppo mercantili, soffocanti e, ancor peggio, spicciolamente commercializzanti, che fanno di questa Cittadina non "un museo a cielo aperto" - come semplicemente e più che doverosamente meriterebbe - ma tutto un caotico mercato e luna park! |
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Trascrizione della pagina 1, oggetti catalogati dall'1 al 27: |
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Specifica dei Monumenti od oggetti antichi ed artistici degni di conservarsi a Traù |
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001. Duomo col piccolo obelisco in Piazza (esterno e interno cogli arredi)
002. Palazzo comunale fu del Conte (esterno e interno)
003. Loggia comunale in piazza
004. Torre dell'orologio colla sottopostavi chiesa di S. Sebastiano Proprietà degli Eredi Burich- Mirossevich
005. Case unite furono Cippico in piazza (esterno e interno): proprietà Sentinella, Tacconi, Strojan, Puovich, Radich Bellissimo, De Nutrizio, Antonio Lubric, F.[rate]lli Kirchmayer
006. Chiesa dell'Abbazia di S. Giovanni Battista (esterno e interno)
007. Stemma al portone della Casa fu Burich alla detta Chiesa
008. Vecchio Episcopio ora Giudizio e Uff[ici] o S[?] rurale (esterno e interno)
009. Scala e poggiuoli della piccola Casa de Paitoni presso il detto Episcopio
010. Scala della Casa dominicale de Paitoni
011. Casa de Dragazzo di fronte all'ingresso del Monastero di S. Nicoló
012. Monastero delle M.[adri] Benedettine S. Nicoló (esterno e interno)
013. Chiesa di S. Nicoló (esterno e interno)
014. Leone col libro chiuso presso la porta Marina
015. Porta Marina (colle ante)
016. Loggia comunale presso la stessa Porta
017. Torre del Monastero di S. Nicoló alla Marina avente un grande poggiuolo
018. Vecchio stendardo comunale alla marina
019. Torre di proprietà del Monastero di S. Nicoló a Ponente della Porta marina
020. Interno della Casa degli Eredi fu Giacomo Demifreli [?] (fu Lucio), alla marina e suo portone esterno a Nord
021. Portone arcuato del cortile della Casa Ostrich e de Grazio nel Piazzale di S. Spirito
022. Finestra gotica della Casa de Nutrizio presso la caserma delle Guardie di Finanza
023. Porta della Città presso la Chiesa di S. Spirito con affresco dalla parte interna
024. Statua di cavaliere del medio evo nella Piazzetta di S. Spirito
025. Chiesa di S. Spirito
026. Cortile della Confraternita della detta Chiesa, col portone d'ingresso
027. Chiesa di S. Domenico (esterno e interno) |
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Trascrizione della pagina 2, oggetti catalogati dal 28 al 47: |
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028. Cortile del Convento di S. Domenico
029. Piccola finestra gotica a 4 fori, a pianterreno fra le case Sasso e Caudia [o Candia], presso lo squero [tipico cantiere veneziano per imbarcazioni a remi - NdR] fu Cattalinich ora communale
030. Castello Camerlengo (esterno e interno)
031. Belvedere fra il detto Castello e la Torre di S. Marco nel piazzale detto "Batteria"
032. Torre di S. Marco
033. Colonne di una pergola di proprietà di Spiridione Puovich nella sua Casa alla "Batteria", era Burvich [Brivich?]
034. Casa De Caris presso la Chiesa di S. Michele
035. Portone e campanile della Chiesa di S. Michele, nonché il suo interno, due capitelli
036. Portone arcuato del Cortile della Scuola dal lato nord presso la predetta Chiesa di S. Michele
037. Portone nella Calle dei Carmeni presso la Casa Mazzanovich al civico n. 238
038. Iscrizione del 1533 presso la stessa casa dietro alla Casa fu Petrić ora Puovich
039. Portone della Chiesa dei Carmeni coll'iscrizione coperto da cornice e con sottostante bassorilievo
040. Stemma sopra la porta esterna, (dal lato nord della sagrestia dei Carmeni)
041. Stemma, al lato sud dell'orto Calebotta e Buble nella piazetta dei Carmeni
042. Iscrizione sull'architrave della Porta di Ovest della Casa dei Carmeni di fronte alla Casa fu Petrić ora Puovich
043. Finestra bifora gotica al primo piano della Casa Nutrizio di Matteo nel Piazzale Obrov
044. Chiesa di Ognissanti
045. Portone (però cadente) del Cortile Suria [?] in Borgo Pofriche [?] presso la Casa Drviš
046. Finestra lombardesca, che prospetta da Sud sulla muracca Puovich di Grlvich [?]
047. Capitello in borgo all'angolo S-E della Casa di Anton Radich Bellissimo, presso la Casa Marich |
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(Pagina 4 mancante, oggetti catalogati dal 62 al 76.) |
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(Pagina 8 mancante, oggetti catalogati dal 133 al 147.) |
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In Dalmazia |
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"Dell'Educazione e dell'Istruzione |
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Pubblica" |
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Parallelamente e contestestualmente allo sviluppo di nuove metodologie e tecniche per lo sviluppo dell'agricoltura Gian Luca Garagnin - uomo di cultura, di scienza, di economia e di politica, "moderno" nella vera accezione del termine - vede connessioni, correlazioni causa-effetto, interrelazioni, sinergie, reti... |
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Dettagliate annotazioni sullo studio di nuovi insediamenti di viticolture e olivicolture, su parametri di aria, vento, illuminazione solare, esposizione angolare sui pendii, accessibilità, trasporti...: un modo del tutto nuovo, decisamente moderno e scientifico di concepire l'agricoltura |
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Si interessa quindi altresì a riforme politico-sociali, come, tra le altre quella scolastica, ponendo particolare attenzione sull'apprendistato, la necessità cioè di:
- creare nuove leggi, ordinamenti e regole di possesso ed utilizzo della terra
- una nuova classe dirigente all'altezza dei tempi e lontana il più possibile dagli arisocratici latifondai medievali, ancora nel loro pieno anacronisticamente bloccante potere
- e una nuova classe operaia e contadina "specializzata", parimenti all'altezza dei tempi,
quali alcuni dei presupposti sine qua non per l'ammodernamento dei processi produttivi e l'effettivizzazione di un nuovo sistema produttivo di larga scala nella Regione Dalmata e molto, molto altro ancora... |
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I deprecabilissimi e provocatoriamente inutili "fatti di Traù" (a seguito del Patto di Londra appena alcuni chilometri dal confine a Nord di Capo San Nicolò o Capo Planca, in Croato Kap Planka, dei territori militarmente occupati dall'Italia) ad opera di un piccolo, solo ed impaurito discendente dell'ultimo Podestà della Cittadina - il traurino Conte "Nino Fanfogna" (nella foto d'epoca marcato in rosso a bordo della nave "Puglia" nel porto di Spalato).
Fanatico "irredentista" filo-dannunziano, trova quindi ispirazione nell'occupazione della carnerina città di Fiume di solo pochi giorni prima, per autonominarsi "Ducetto" della "Piccola Venezia" dalmata nonché proclamarsi "Dittatore di Traù".
Le conseguenze di tale delirante follia non solo ricadranno non solo tragiche sulla sua famiglia (la quale indirettamente ancora oggi ne paga il prezzo storico) e neppure in limitate forme e dimensioni su quella classe aristocratico-altoborghese, la quale all'epoca come lui caldeggia per il nascente Movimento Nazionalista Fascista in Italia, ma purtroppo alla fine così disgraziatamente catastrofali per la società civile tutta di allora e per generazioni e generazioni ancora a venire.
Di fatto le crudeli conseguenze saranno semplicemente apocalittiche per individui, nuclei familiari e intere comunità di pacifici, da generazioni ben integrati e laboriosi lavoratori italiani, ad includere personalità nel campo della cultura, della scienza, dell'amministrazione e della produzione, e le loro ripercussioni daranno vita in più violente ondate ad uno degli innumerevoli esodi e spopolamenti, non solo nella medesima Traù, a Spalato e lungo tutta la Riviera dei Castelli, ma anche in generale nell'intera Dalmazia. |
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Il triste epilogo dei |
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Garagnin-Fanfogna |
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E la brutta fine dell'ignaro Parco |
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Gli eventi politici e sociali ed i negativi sviluppi economici a seguito della Prima Guerra Mondiale purtroppo non saranno però favorevoli ai proprietari Garagnin-Fanfogna, già ricchi e potenti, e, di conseguenza, il Parco si avvierà ad un lento, progressivo degrado, che, dopo decenni di incuria, lascerà inesorabilmente segnato questo, nel suo genere unico, capolavoro di orticoltura.
I risentimenti anche inequivocabilmente ideologico-politici contro la famiglia Garagnin-Fanfogna, già identificata negli storici predecessori come "gente di potere" rappresentante dei Governi Veneziano, Francese ed Austriaco ed i cui discendenti dimostreranno inoltre aperte simpatie per movimenti di carattere irredentista e fascista, uno fra tutti il giovanissimo Conte Gian o Giovanni Antonio Fanfogna III, conosciuto come "Nino" e ricordato come il "Dittatore".
A lui si deve nel settembre 1919 il fallito, e per alcuni aspetti anche goffo, tentativo di creare una Traù indipendente ed italiana, insomma un territorio "libero", sul modello di quello inscenato da Gabriele D'Annunzio a Fiume.
Il cosiddetto "Stato Libero di Fiume" o "Slobodna Država Rijeka", come città-stato de facto un anno (D'Annunzio cacciato dalla città ad opera delle regolari Regie Forze Armate Italiane nel cosiddetto "Natale di sangue") e de iure tra il 1920 e il 1924, sotto la cui suggestione questo esaltato trentaduenne rampollo di una delle più importanti ed antiche famiglie di Traù, nonché discendente dell'ultimo Podestà veneziano della Città, organizza un "golpe" tutto sui generis.
Convinti alcuni Ufficiali italiani dislocati a Pianamerlina /Prapatnica, sul confine fra territorio dalmata sotto amministrazione dell'Autorità Italiana e la regione sotto controllo degli Slavi del Regno di Jugoslavia, la notte del 23 settembre 1919, a capo di una spedizione di un centinaio di soldati e quattro autocarri, Nino Fanfogna "occupa" la sua città natale, in violazione delle vigenti frontiere anche se, fortunatamente, senza alcuno spargimento di sangue, autoproclamandosene "dictator", secondo l'antico costume romano.
Un quasi insignificante episodio di fanatico irredentismo italiano contro tutti gli accordi raggiunti nel Patto di Londra, che rischia però di provocare un conflitto militare fra i due indipendenti Stati del Regno d'Italia e del Regno di Jugoslavia, scongiurato però dal pronto intervento di altri Italiani, gli Ufficiali della Nave "Puglia", insieme alle truppe statunitensi di stanza a Spalato.
Questa sciagurata disavventura avrà comunque pesanti ripercussioni sulle comunità italiane di Traù e Spalato del tutto estranee all'accaduto e il Governatore Jugoslavo farà arrestare numerosi esponenti italiani di Traù:
- Nino, Simeone e Umberto Fanfogna
- Vincenzo Santich
- Achille De Michelis
- Giorgio De Rossignoli
- Lorenzo Lubin
- Giacomo Vosilla
- Antonio Strojan
- Marino, Michele e Spiridione Marini
ed altri, molti dei quali innocenti e del tutto estranei ai fatti.
Da questo episodio il forzato esodo, o, meglio, una vera e propria "fuga di sopravvivenza" di molti Italiani dalla Dalmazia "jugoslava" e, per forte effetto psicologico, anche da quella sotto amministrazione italiana, a seguito delle scorribande "punitive" di squadristi .
Con il tacito benestare delle Autorità Jugoslave, queste bande criminali si daranno a vandalizzare, i loro membri "impuniti" se non protetti, abitazioni e proprietà dei numerosissimi Cittadini di originaria etnia italiana in Traù/Trogir, lungo l'intera Riviera dei sette Castelli/Kaštela e fin dentro la stessa Spalato/Split.
Di positivo - se mai qualcosa - solo il conseguente totale disgregamento politico del locale "Fascio Nazionale Italiano" di Traù, ma a decisamente troppo alto costo, visto il purtroppo significativo peggioramento delle condizioni di vita dei pochissimi Italiani decisi a restare! |
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Fotografia dei primi anni del XX secolo all'interno del Parco Garagnin-Fanfogna, con l'edera che ormai copre quasi completamente la veranda di un irriconoscibile "Casinetto delle Delizie" a causa di evidente incuria già ancora di proprietà della famiglia, poi definitivamente abbandonato, sfregiato, vandalizzato e devastato alla fine della Seconda Guerra Mondiale e a, seguire, nel Secondo Dopoguerra.
Politicamente e culturalmente di ispirazione tutta titina, la sistematica rinnegazione antistorica di qualsivoglia appartenenza legata a "romanità" o "italianità" (la "storia" dei luoghi secondo la corrente di pensiero dell'epoca sarebbe da far risalire esclusivamente alla Grecia e alla Nazione "Illirica"...)!
Viene solo da domandarsi inquietantemente che fine abbia mai fatto lo spirito protettivo intrinseco del luogo, la "sacralità" di questo spazio, frutto di tanta amorosa e prolungata interazione fra natura e umano, in altre parole il suo genius loci... |
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Una damnatio memoriae |
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cui mettere fine |
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A distanza di un secolo, una società che nel frattempo si dice sviluppata democratica, civile e matura non può cercare di continuare a cancellare così la sua storia, nel bene e nel male "propria", per cui sarebbe ormai più che ora di finirla con questa calcatamente ostentata, anche se mai apertamente dichiarata, damnatio memoriae, ormai anacronistica, fuori dalla storia che conta!
Il Parco Garagnin-Fanfogna fa parte di quel patrimonio della Comunità e della Città di Traù di cui tutti noi essere orgogliosi ed il suo deplorevole stato di abbandono e di più oltraggioso e miserevole degrado rappresenta un notevole impoverimento comune, una grave responsabilità politico-amministrativa e una colpa di cui si dovrà rendere storicamente conto, a cominciare nel vicino futuro prossimo all'UNESCO, perché a pieno diritto classificabile - perché no - come un "crimine culturale".
Sarebbe per questo senz'altro un gesto riparatorio molto apprezzabile, perché appunto di "superiorità culturale", degno di un luogo "Patrimonio" non di questa o quella fazione politica ma "dell'Umanità", spogliare vecchi simboli del loro avuto contingente significato politico ed, in questo caso, delle indiscusse accezioni negative del termine, recuperando e restituendogli a pieno titolo la loro intrinseca valenza socio- storico-artistica.
Come adesempio una auspicabile reinstallazione dei Leoni Marciani tra l'altro sulle Porte di Terraferma e Marittima e sugli edifici più significativi del Centro Storico di Trogir, per non parlare dell'aggiuntivo reintitolamento simbolico anche con le antiche denominazioni veneziane ed italiane delle "calli", in particolare quelle confinanti, adiacenti o nell'immediata prossimità dell'ex residenza Garagnin-Fanfogna, attuale sede del Museo Civico, tra cui la "Via delle Acque".
Per quanto riguarda le idee e le proposte di "rivitalizzazione" del Parco Garagnin-Fanfogna, di cui si sente ormai parlare da anni, non sono più sufficienti, per cui da incontri da salotto culturale, studi teorici ed altre pur encomiabili iniziative, ma a solo guadagno dei politici di turno con qualche estemporanea esposizione sui media, bisognerebbe passare ai fatti.
"Ri-qualificare" la struttura dovrebbe significare innanzitutto ridefinirne e riaffermarne il ruolo qualitativo, non certo una irrispettosa, riduttiva soluzione tipo "parco giochi" o "giardinetti pubblici" qualunque.
Proprio per la sua vicinanza ed interconnessione socio-storico- geografica con il tessuto urbano di quel Centro Storico sotto protezione UNESCO, sarà non solo auspicabile ma imperativo riportare "quel che resta" del Parco il più possibile alle sue originarie caratteristiche spaziali, architettoniche e botaniche attraverso accurato e onnicomprensivo restauro.
Un tale impegnativo progetto dovrà veder soddisfatte le ovvie esigenze di multidisciplinarità con le necessarie competenze professionalmente rappresentate a tutto spettro, offrendo così a questa perla di "Piccola Venezia" nei risultati nuove attrattive per un turismo internazionale sempre meno scadentemente basso e "mordi-e-fuggi", sempre più di adeguata permanenza ed alta qualità crescente!
Occorre vivere orgogliosamente nella consapevolezza e nel rispetto di se stessi e di tutto quello che, nulla nessuno possedendo, ci viene affidato pro tempore, possibilmente non solo all'altezza delle aspettative che il mondo ha su di noi, ma sforzandoci di saperlo sorprendere, naturalmente in positivo.
Che questo progetto sia buon viatico all'altro appuntamento - quello in qualche modo "ultimo", perché di vitale importanza proprio per il turismo e quindi per l'economia dell'intero territorio di Spalato e Traù - almeno la doverosa rivalutazione storica della tollerata, se non dall'alto incoraggiata, negazione o sottovalutazione della "romanità", "venezianità" e "italianità" dei luoghi e della cultura popolare locale.
Già legittimata in chiave "anti-fascista", più che anti-italiana, quindi la decementificazione di Salona, la "Ostia Antica" se non la "Pompei" croata, un preziosissimo tesoro che aspetta la sua rivincita con una garantita affermazione al top del settore di mercato turistico storico-artistico-culturale a livello globale... |
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