|
||||||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
"Cosa Vostra" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Ancora troppo e obsoleto |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
provincialismo invece di |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
sano "localismo" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Le "élite" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Élite - dal Francese antico femminile sostantivato di élit, antico participio passato di élire, "scegliere" nel senso di "selezionare" - in ambito militare o di ordine pubblico corpi d'élite quelle "forze speciali" o reparti scelti, unitŕ particolari addestrate a operazioni che richiedono abilitŕ specialistiche ai piů alti livelli tra cui uccidere - come gli "Arditi" della Prima Guerra Mondiale, la (poi famigerata) "'XŞ' Flottiglia MAS" della Seconda e Secondo Dopoguerra il "Reparto Sabotatori Paracadutisti" o le cosiddette "teste di cuoio" della Polizia...
In ambito politico contrapposti concetti di "potere", "classe" e "dominio", quali risultato di due opposti modelli di analisi sociale, l'uno dall'"Elitarismo" - il cosiddetto potere di "controllo" sociale imposto in modo palese o, molto piů spesso, occulto - l'altro dal primo vero unico "Cristianesimo" comunista e dal "Marxismo" - cosiddetto potere di "servizio" sociale, il solo che puň essere legittimamente accettabile in senso democratico.
Ma prima di tutto, cosa č un'élite?
Come vedremo la risposta non č affatto univoca e c'č da fare distinzione netta fra "élite" e élite - quella "intima" e mafiosamente conservante nel retroscena "dei salotti o gli uffici che contano" e quella "pubblica" a pieno sole "d'azione" trainante, vivificante, "riformisticamente rivoluzionaria" di "continuo miglioramento nel continuo cambiamento".
Genericamente parlando l'élite un insieme o "cerchia" di persone "considerate" (perché non č detto che lo siano!) le piů "colte" (quindi non necessariamente le piů "capaci"!) in un determinato gruppo sociale e quindi anche le piů "autorevoli", per questo accreditate - a ragione o torto - di essere quelle di maggiore "prestigio" in una determinata societŕ, "punto di riferimento" della Comunitŕ locale, quelle che la gente "rispetta, ascolta e segue" per la loro "autorevolezza" o la loro "provata" (come?) "competenza" (in che cosa?) e serietŕ civile o per motivi "altri", a volte anche per una qualche ragione "timore".
In sociologia gli individui piů capaci "in qualsivoglia attivitŕ umana" (guardacaso nella realtŕ quasi sempre a totale dominanza "accademica", automaticamente fatti dalla tradizione popolare soprattutto contadina dei "luminari" per aver studiato...), in determinata societŕ di fatto in lotta contro la massa dei (a loro giudizio!) "meno capaci" per conquistare una posizione "guida" (che mai dunque dovrebbe degenerare in una forma di "controllo") della societŕ stessa, "minore" o piccola o grande che sia.
Un relativamente piccolo gruppo di persone che perň puň e soprattutto sa "come" esercitare una grande, a volte anche sproporzionata "influenza", "autoritŕ" e, inevitabilmente, "potere" sul resto della Comunitŕ, piů forte il potere esercitato meno in proporzione facendolo apertamente e/o direttamente, piuttosto sottobosco di nei loro rispettivi contesti piccole "eminenze grigie" nei nodi sociali strategici in una rete di ben "concatenati" passaggi "gerarchici" di comando, al solito "guidate" o strumentalizzate a loro volta dal "Gran Maestro", quasi onnipotente "Padrino" fatto o fattosi deus ex machina, che dietro quinte condiziona "consigliando" chi legittimo potere esecutivo ha per volontŕ dei Cittadini elettori,il politico.
Il termine élite č oggi di uso comune nel linguaggio, comunque sempre a indicare delle "minoranze" o particolarmente "qualificate" oppure particolarmente "agguerrite" - raramente entrambe le cose, dato che l'una non necessita dell'altra e quindi quasi la esclude - esercitanti "rilevante" influenza politica e sociale.
Nelle contemporanee scienze politiche e sociali all'élite viene dedicata XIX-XX sec una vera e propria "teoria" di grande successo, secondo cui in un sistema sociale e ipso facto politico č (non "deve essere"!) "sempre" una minoranza che detiene il potere declinato in tutte le sue piů varie forme - politico, economico, sociale, culturale, intellettuale - su una maggioranza la quale, essendone priva, viene per questo dominata.
Niente di nuovo sotto il cielo, un "principio" che non necessita di teorici "elitisti" fin troppo ben conosciuto e adottato giŕ dall'antichitŕ, nel mondo moderno e in quello contemporaneo - e anche cosí superlativamente nel nostro! - in tutte le societŕ e in tutte le forme di governo - "aristocratiche", "autoritarie", "peudo- democratiche" e "democratiche".
I meccanismi che regolano la formazione delle élite - politiche, economiche, sociali, culturali, intellettuali - i modi della loro interazione all'interno di un sistema politico e sociale, i processi della loro circolazione e sostituzione portano purtroppo ad un realista e molto disincantato sguardo "critico" della oggi cosiddetta "democrazia".
Anche a livello semantico progredisce un lento ma inesorabile "slittamento" da "democrazia = governo del popolo" a "democrazia = lotta fra élite per conquistare il consenso popolare" - a livello sostanziale non proprio"cosmetico", roba non da poco!...
Identificando la sociologia politica nelle élite "quei gruppi capaci di esercitare autoritŕ e influenza" su una determinata societŕ, gli riconosce contestualmente di fatto anche la "possibilitŕ" di "controllare" e dirigere tutti i processi che conducono alle piů rilevanti decisioni politiche a lungo termine, quelle "strategiche", le piů importanti.
Giŕ Platone ha una sommaria teoria delle élite - dai ceti di guerrieri o filosofi - ma per una "dottrina" politologica al riguardo bisognerŕ aspettare fino a primo XX sec e la scuola "elitistica", a indagare a fondo il rapporto sempre alquanto "conflittuale" fra minoranza dei "governanti" e maggioranza dei "governati", cioč al nascere di una "societŕ di massa", le cui istanze democratiche rivendicano - pur in forme ancora giuridicamente e politicamente incompiute - il suffragio universale e altri diritti politici non affatto previsti nei fino ad allora vigenti sistemi di governo tradizionali.
Nelle "dinamiche" di funzionamento del nuovo potere una visione conservatrice e pessimistica del "processo politico" vorrebbe ridurre il lavoro delle élite alla pura esigenza di "autopreservarsi" come "classe politica" dominante, sede di potere, e le stesse "rivoluzioni" a fenomeni di semplice "sostituzione" traumatica di élite di governo.
In una visione ottimistica e dialettica delle "potenzialitŕ della democrazia" invece, il profilo delle élite diventa molto piů complesso, con un "insieme di persone ai posti di comando", non "monolitica" élite politica "dominante" ma "organica" rete di autoritŕ "non autoritarie", la cui "autorevolezza" da riconosciuta competenza sarebbe la migliore "espressione" dei nuovi poteri.
Alcuni politologi definiscono - ravvivandola! - questa altrimenti tediosa e biasimevole "burocrazia politica" con un preciso e puntuale "distinguo" a seconda delle forme di governo esercitate e in rapporto al tipo di élite dominante, "centrifuga" o "centripeta", altri invece di indirizzo marxista critico vedono una trasformazione dei vecchi gruppi radicati di dirigenti rivoluzionari in nuove e sempre peggiori élite burocratico-totalitarie, come negli storicamente tutti finora falliti regimi comunisti di dittatura di Stato.
Il principio al centro della teoria politica č comunque il fenomeno del declino di "vecchie" aristocrazie e l'ascesa di nuove "aristocrazie", storia politica di un permanente "conflitto fra minoranze" in competizione per il potere, o all'interno di un'élite giŕ al potere o attraverso la radicale sostituzione di quella classe politica dominante con un'altra, da cui l'amara conclusione che il "popolo" non abbia mai niente da dire, a meno che non venga "attivato e educato alla partecipazione" all'esercizio condiviso del potere sotto la "guida" lungimirante di una "élite" vera nel pieno senso del termine, storia alla mano cosa altamente improbabile e rara...
Spesso in gioco caratteristiche molto "personali", abilitŕ politiche e risorse - "leoni" sempre per l'uso della forza immediata contro "volpi" capaci di raggiungere i propri obiettivi con l'astuzia, strumenti strategici di potenziali nuove "oligarchie" alla conquista del potere - cambiare questo trend di machiavellica guerra continua (sopra la testa della gente) e spezzarne il circolo vizioso necessita una politica di onestŕ e coraggio, che solo puň essere inaugurata e portata avanti sotto la guida di libertarie "personalitŕ" carismatiche e non purtroppo dei soliti "personalismi" dozzinali per lasciare "impronta".
"paesello" da indiscusso potere - palese ed occulto (come al solito ci sono poi i "destinati" a una élite, nei peggiori casi addirittura non per merito ma per "appartenenza", ma allora si tratta di "familismi" e "clientelismi" espressi in "favoritismi" e "ostracismi" di una per definizione non-piů-élite giŕ in avanzato stato di putrefazione)!...
Da ultimo, interessanti anche i derivati del termine élite:
- "elitario", dal Francese élitaire, d'élite, appartenente o "destinato" (per merito o appartenenza!) a una élite, riservato a pochi eletti, i cui sinonimi sono "elitistico", "esclusivo", "privilegiato", "ristretto", "classista" e "snob", con i suoi contrari "aperto", "democratico", "interclassista", "popolare"
- "elitarismo", atteggiamento "elitario", che difende gli interessi di un'élite, visione, impostazione "elitaria" dei problemi che si affrontano, modo in cui funziona una societŕ in cui una minoranza si posiziona al di sopra degli altri, un gruppo di persone che "si ritenga" per "superioritŕ" morale, culturale o intellettuale la piů idonea a decidere nella societŕ (sottinteso che chi non ne faccia parte non possieda "conoscenze" o, pur possedendole!, non "si comporti" come accettato per accedervi), societŕ "omogenea" a struttura gerarchica in cui lo status piů elevato č piů apre le porte a "certi" benefici per una migliore qualitŕ di vita, politicamente tutto l'opposto del "pluralismo" che presuppone una partecipazione altrettanto piena di tutte le "diversitŕ" sociali e culturali nel processo decisionale (anche come "garanzia" di documentati risultati incomparabilmente migliori!) e una redistribuzione la piů equa possibile tra il popolo dei risultati di qualsivolia miglioramento
- "elitismo", sistema che favorisce una "selezionata" minoranza detta élite, che gode di maggiori privilegi rispetto al resto della societŕ, un fenomeno questo "formalmente" piů marcato in societŕ storicamente passate - monarchie assolute, strati socioeconomici dai ruoli e attribuzioni prefissati, nessuna mobilitŕ sociale, nella "sostanza" ancor piů oggi con "pratiche" elitarie di accettazione o esclusione a livello personale e di gruppo semplicemente ed in modo del tutto arbitrario "riservandosi il diritto di" (aspetto, abbigliamento, comportamento, abitudini, acquisti, linguaggio, idee, opinioni, razzismo), quindi un "sistema sociale" prima ma adesso "azioni" che in pratica, al di lŕ dei falsi formalismi "di facciata" spesso del peggior retaggio "accademico", si basano sul medesimo obsoleto, odioso e anacronistico modus vivendi. |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Il ruolo delle élite culturali |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
nei piccoli centri urbani |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Si sa, piů minuscolo e elementare il contesto piů efficaci ed "immediati" gli effetti, perché in un bicchiere d'acqua i passaggi del processo diffusivo sono ben pochi e la sua "colorazione" prende magicamente vita per cosě dire real time, davanti ai tuoi occhi, se vivi in un piccolo centro urbano non devi proprio aspettarla sulla sponda dell'oceano per notarne - in bene e in male - tutte le conseguenze...
Una élite "centripeta" implode inesorabilmente su sé stessa fino al piů classico dei bi-polarismi - noi contro "loro", o noi o "loro" - presto riducendosi a gretta e divisiva, soprattutto "sterile" cosě "incestuosamente" chiusa nel suo guscio com'č, pur senza mai abbandonare la propria sempre auto-rigenerante immagine "salvifica" verso "tutti gli altri", alla fine perň ritrovandosi di fatto separata, non solo da appartenenti alle altre élite locali a cui non č disposta a riconoscere competenze nel timore di una competitiva concorrenza, escludendole fino a demonizzarle, ma rendendo anche sempre piů invalicabile il solco che nel suo modello elitario "deve" religiosamente separarla dal "suo popolo" per non rischiare di fargli perdere quel fluorescente alone di "mito" che tanto ipnotizza, quell'intimidito rispetto che si ha verso chi sia nella posizione di poterti fare del "bene" ma anche "male" a proprio escluivo arbitrio, nella quotidianitŕ delle relazioni sociali quello scudo protettivo contro eventuali vendette, il tuo passpartout ad una il piů possibile statica, pacifica e rassicurante "appartenenza", insostituibile salvacondotto personale estendibile ed esteso a tutti del tuo clan nella tribů del luogo - per questo tipo di élite ci sarebbero molti altri nomi piů consoni... ("mafia" culturale potrebbe andare?).
Una élite "centrifuga" esplode per intrinseca natura e non per ruolo, si apre in continuazione a tutto altro, agli altri, senza per questo essere affatto "dispersiva", vera "supernova" culturale la cui linfa vitale č il "pluralismo", la contaminazione, si auto-critica mentre si celebra senza falsi pudori ma avendone buona ragione di farlo e senza dovere tirar fuori "artigli" di potere che pure ha da vendere, si confronta e si reinventa perché la sua autorevolezza non necessita di "cosmogonie" religiose di societŕ tradizionali per spiegarsi e spiegare il mondo in cui vive "qui e adesso" con certa visione di un futuro comunque migliore per tutti, nel suo ruolo rigenerante e vivificante usque ad omnia, né di nebbiose "mitologiche" discendenze per legittimarsi, la sua opera riconosciuta e "vissuta" dal popolo non piů passivizzato ma al contrario riattivato nella generosa condivisione delle potenzialitŕ personali e di gruppo - politiche, economiche, sociali, culturali, intellettuali - non piů "oggetto" di un quasi imposto "acculturamento" ma ex novo libero "soggetto" creativo, simbioticamente con l'intera Comunitŕ locale e con ciň che di valore possa essere preso dal suo esterno, rigeneratore della sola "cultura" che in sé valga il nome del luogo - la propria! |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Élite il "servo-motore" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
di una buona societŕ |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
La Cibernetica - kybernetikč, chibernetichč, di fatto un falso neologismo dal Greco κυβερνήτης , cubernčtes, "nocchiero" o "guida" nel senso di "governo" (di una nave) pilota, timoniere, poi gericamente manovratore, gestore o "govern"atore, in cui il kybern- greco si trasforma nel Latino in gubern- (per cui diciamo di "navigare" su Internet e nel Web trasferendoci da un oggetto di interesse all'altro!) - non riguarda in primo luogo quello a cui viene comunemente associata oggi, cioč "macchine" elettroniche, calcoli e automatizzazioni, ma la scienza della teoria della comunicazione e del controllo che si occupa in particolare dello studio comparativo dei "sistemi di controllo automatico", come sistema nervoso e cervello animali e tutti i sistemi di comunicazione, "anche" tecnologici.
Scienza del controllo di sistemi "complessi", vivi o non-vivi, all'origine una scienza "sociale", lo studio di come una ristretta élite, dalle caratteristiche e dagli interessi comuni in politica, economia o cultura riesca cioč a "manovrare", "mettere in movimento" e/o "manipolare" la massa, un gran numero di persone o una popolazione intera.
Ad usare per primo il termine "cibernetica" č lo stesso Platone IV sec aC nella sua ultima opera Νόμοι , "Leggi", pubblicata postuma, poi utilizzato tra gli altri dal fisico francese André-Marie Ampčre 1834 (cybernétique) nel suo tardo "Saggio di filosofia della scienza", Essai sur la philosophie des scičnces, anche se il termine venga da ignoranti tecnocrati testardamente considerato come "coniato" solo a fine Anni Quaranta del secolo scorso dallo statunitense Norbert Wiener - ma ben si sa, oggi il "Made in USA" in scienza o politica e il "Made in China" nella produzione industriale imperant...
Fin dall'uscita 1948 di Cybernetics, or Control and Communication in the Animal and the Machine, "Cibernetica o Controllo e comunicazione nell'animale e nella macchina" appunto del matematico dalle eclettiche competenze Norbert Wiener, che introduce la prima teorizzazione unitaria della Cibernetica e la sua stessa presunta "denominazione", una difficoltŕ a comprendere appieno il ruolo al suo interno della "Teoria dei controlli automatici" con la nozione centrale del feedback.
La Cibernetica studia quindi meccanismi di informazione di tutti i sistemi complessi, matematici, logici, ingegneri, fisiologi, antropologi, psicologi insieme in questo corpus di ricerche focalizzando il concetto chiave di "feedback" o meccanismo "teleologico" (di concezione dell'Universo "finalistica" contro meccanicistica - il termine a indicare la "risposta" o "reazione" a un "messaggio" o "stimolo",su cui meglio "sintonizzare" il prossimo per raggiungere l'effetto desiderato) per cercare di dare almeno una visione ambiziosamente unitaria come "l'intera teoria del comando e della comunicazione, sia negli animali [umani e "altri"], che nella macchina".
La formalizzazione del risultato degli scambi fra ricercatori affidata a Wiener, di sicuro opera fondante che ne ha inoltre assicurato ampia diffusione pubblica, nonostante la successiva dispersione dei partecipanti e la morte dell'autore 1964 un "crogiolo" eccezionale per l'elaborazione delle scienze "cognitive", intelligenza "artificiale", terapie "sistemiche" della scuola di Palo Alto, le teorie biologiche dell'"auto-organizzazione", i recenti sviluppi della "robotica" e della "domotica".
La Cibernetica nata come scienza sociale rinasce quindi oggi - come "uovo di Colombo" - per tutti i sistemi con meccanismi di regolamentazione o auto-regolazione, siano essi quelli di umani che utilizzano macchine come gruppi sociali che si "auto- governano" o vengono da altri "governati".
In effetti le macchine non sono che "zoologia artificiale", con gli animali come modelli, noi umani compresi, delle costruzioni organizzate proprio come la societŕ, alcune macchine "passive" quali case e edifici, altre macchine "reattive", con meccanismi di "riflesso", capaci cioč di adattare le proprie funzioni ad input ambientali esterni, da cui la spasmodica ricerca di elementi e sostanze che reagiscano il piů velocemente possibile e lo sviluppo di "servo-motori" in continua auto-regolamentazione a circuito chiuso, i cosiddetti loop, a variazioni per noi addirittura sensorialmente impercettibili con dinamica memorizzazione esperienziale da intelligenza artificiale.
Tornando al nostro tema specifico, le élite non sono "comparabili a", ma "costituiscono" di fatto i servo-motori di qualsiasi raggruppamento "sociale" animale, tutte le forme di cosiddette "societŕ", quelle umane comprese, cioč raggruppamenti di umani "finalizzati" a "sopravvivenza" e "riproduzione", i due basilari istinti "biologici" prima che sociali, infatti ci associamo "per" sopravvivere al meglio non viviamo per associarci! |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
"Il localismo nell'economia |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
e nell'analisi del territorio |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
nella lingua e nella letteratura |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
nella gestione degli archivi |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
e delle biblioteche" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Sant'Oreste - Roma 13-14 ottobre 1995
"Atti del convegno" a cura di Luciano Osbat Manziana, Roma - Vecchiarelli, 1996
Pubblicazioni "Dipartimento di storia e culture del testo e del documento" Universitŕ degli Studi della Tuscia Viterbo |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
"[...] un rapporto piů sfaccettato fra biblioteca pubblica e territorio.
Gli atti del convegno di Sant'Oreste si caratterizzano per il taglio interdisciplinare degli interventi, riuniti in tre sezioni:
- Il localismo nell'economia e nella societŕ locale
- Il localismo nella lingua e nella letteratura
- Localismo e documentazione scritta.
[...]
Luciano Osbat (Il 'localismo': una dimensione della realtŕ e una chiave di interpretazione) parte dalla definizione un po' angusta che di localismo dŕ il Vocabolario della lingua italiana dell'Istituto della Enciclopedia Italiana per analizzare il concetto nella storiografia contemporanea.
Al particulare, al localismo della chiusura, del campanilismo, dell'egoismo, ovvero al localismo 'triste', contrappone il concetto di societŕ locale come sistema di relazioni nel quale agiscono numerosi soggetti attraverso forme di reciproco collegamento e interdipendenza.
Seguono numerosi interventi di natura archivistica, sociologica, economica, linguistica e letteraria (alcuni di grande erudizione, altri di notevole spessore metodologico, come Comunicazione culturale e identitŕ nelle piccole comunitŕ del Lazio di Francesco Petroselli, dell'Universitŕ di Göteborg) e, quindi, quattro contributi di carattere biblioteconomico.
Piero Innocenti (I luoghi della memoria scritta) commenta la frase di Leibniz Bibliotheca si tantum servat, non servabitur per criticare il localismo da cui la biblioteca proviene, un localismo che troppo spesso si rispecchia in sé stesso.
Richiama la grande lezione di Giovanni Gentile che per primo inserisce consapevolmente il problema della storia locale nella Storia tout court in Il tramonto della cultura siciliana (1917) dove contrappone Isidoro La Lumia che di un episodio europeo (Carlo V) fa storia locale a Michele Amari che di un episodio siciliano (i Vespri) fa storia universale.
Giovanni Solimine (La biblioteca pubblica 'generale' e 'speciale' all'interno dei sistemi di documentazione locale) definisce i compiti della biblioteca locale, una biblioteca speciale per la sua connessione con la Comunitŕ locale di cui č espressione, non solo in termini di consumo ma anche di produzione culturale.
Essa puň divenire un istituto che puň dare il suo contributo nella selezione e organizzazione delle fonti e nell'uso dei documenti locali, in raccordo con altre strutture e servizi che hanno le medesime finalitŕ (archivi, musei, centri culturali).
Fabrizio Leonardelli (Fonti storiche locali in biblioteca: aspetti organizzativi nella Biblioteca comunale di Trento) illustra, in una relazione molto articolata, le numerose attivitŕ di diffusione e valorizzazione dell'informazione territoriale da parte della Comunale di Trento da lui diretta...
[...]
Con i contributi di questo volume e con gli studi ricordati all'inizio, la documentazione territoriale viene finalmente ricondotta in un'ottica piů concreta, rispettosa della tradizione culturale e organizzativa italiana, assai diversa da quella canadese, statunitense o australiana (realtŕ in cui la documentazione locale č in genere conservata nelle biblioteche universitarie, in archivi che ne costituiscono dei dipartimenti) perché da noi essa si č stratificata nel tempo in istituti di differente natura e finalitŕ, istituzionalmente o tradizionalmente deputati alla sua conservazione ed č improponibile e antistorico ipotizzare la sua composizione unitaria.
La biblioteca locale non puň raccogliere sistematicamente neppure l'insieme della documentazione territoriale corrente manoscritta, dattiloscritta, audiovisiva e a stampa.
Puň solo focalizzare il proprio intervento su un limitato numero di soggetti per i quali presume realisticamente di raggiungere un risultato soddisfacente.
I vari istituti dovrebbero semmai cooperare per giungere all'offerta di un catalogo integrato del patrimonio, condividendo le proprie basi di dati.
Questa č anche la proposta di Genius loci presentata per Telematics for libraries, Call for proposals 96, all'interno del Programma Biblioteche della Comunitŕ Europea ('Commissione europea DG XIII/E'): il contatto č Andrew Coggins, Department of Leisure and Arts, Oxfordshire County Council, Holton Oxford, UK.
[...]"
Mauro Guerrini Universitŕ di Udine |
|||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
"Anima Urbis" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Il nuovo mondo e il vecchio |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
ovvero l'evoluzione del concetto |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
di "Comunitŕ" |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Una Cittŕ, luogo antropizzato per eccellenza, centro "urbano" piccolo o grande che sia, ha sempre molteplici dimensioni, prime fra tutte la cittŕ "fisica" (a Trogir superenfatizzata a scopi puramente commerciali, anche se con toni spesso francamente antistorici!), muri, case, piazze, ponti, manufatti, "vuoti per pieno", e una cittŕ "invisibile" ai turisti ma anche alle nuove generazioni di abitanti, palpabile spirito latente che ne ha generato la forma attuale, intrecciate ormai in un unico "organismo urbano" che la rende specifica e riconoscibile.
Anima Urbis, lo "spirito della Cittŕ", quell'esperienza unica, comune, condivisa, comunitaria e "identitaria" di usanze e regole non scritte, codici non rintracciabili che nell'ereditŕ di "simboli" e "metafore", spirito "vitale" il quale, se in evaporazione, certificherŕ morte certa al centro urbano, "spirito soprattutto di continua lettura" e conseguente adattamento (auto-regolamentante!) del susseguirsi di "ogni" tempo presente, che si trasforma e adegua a nuove esigenze nello spazio urbano, trae sempre nuova vita dagli stessi racconti, riposa sicuro su una trama di relazioni sociali sempre rinnovate...
Di fatto "indicatore" di stato di salute della popolazione, capacitŕ di rimanere attuale, di sopravvivere guardando avanti, collegata a senso di "appartenenza" e "identitŕ" - come dice Calvino della cittŕ invisibile "Questa cittŕ non si cancella dalla mente, č come un'armatura o reticolo nelle cui caselle ognuno puň disporre le cose che vuole ricordare" - dispositivo mnemonico che lega al ricordo la sua sopravvivenza, in cui ciascuno si identifica nei suoi "mutamenti" del collettivo per non morire "di tempo", senza cui le cittŕ si perdono "rassegnate" a continuare solo a "assomigliarsi", come se "pietrificate", non nelle pietre fisiche degli edifici che pur vivono del contatto con la gente, ma profondamente "dentro", alla fine scomparendo a corpo morto in un baratro sociale e culturale da luogo abitato senza piů "carattere", ormai "cittŕ" solo in senso generico e diffuso, una fra le tante come qualunque altra.
Una Cittŕ "in crisi" quella in cui alla misura della propria "civiltŕ" si va sostituendo la macchina "produttiva" che si espande (come in Cina dal villaggio di bambů dilaganti agglomerati di cemento, "annichiliti" dal non saper piů identificarsi con il proprio patrimonio culturale), frattura insanabile da "globalizzazione" capitalista vendutaci di frodo come "interazione tra culture", ma in pratica imposizione di una prepotente cultura aliena su tutte le culture locali, una "monocultura" sulla varietŕ culturale, fatale esattamente come in natura per le colture.
I "borghi", i centri "minori" di Pasolini, realtŕ provinciali di patrimonio straordinario espressione piů diretta dello sviluppo antropico, abbandonati a sé stessi o "gettati" indegnamente sul mercato internazionale turistico di massa come nient'altro che "prodotti da vendere" (!?), curiosa and a piece of trivia per i "ci sono stato anch'io", un osso ai cani per il bene "economico" della Comunitŕ!, attirando - nemmeno a dirlo - investimenti "speculativi" di attori esterni completamente "avulsi" e disinteressati ai bisogni "culturali" e legittime aspettative "sociali" della Comunitŕ, come pure alla loro storia.
Centri "minori", d'accordo non proprio "grandezze" per dimensione fisica alla pari di Cittŕ Storiche o d'Arte, ma ontologicamente di fatto vere e ancor piů fragili Cittŕ in miniatura - con i loro tempi, le loro variazioni, eccezioni, diversitŕ, ambiti e funzioni, organismi non storicamente e culturalmente ancora "risolti", finiti, riconoscibili nella specificitŕ della forma, in attesa d'ulteriore "crescita" per sopravvivere, nuovi ordini e strutture nel contesto ambientale, non come cittŕ "diffuse", parassitarie e superficiali, piuttosto capaci di reinserircisi mettendo radici ancora piů profonde e capillarmente distribuite, alberi di un bosco vivo che nutrono il territorio intero compattandolo e sostenendolo
a diffondere
sempre rinnovata vita.
Il patrimonio "minore" del borgo, insieme di tracce e segni lontani dalle Cittŕ d'Arte, luoghi sconosciuti o almeno poco frequentati dall'immaginario collettivo fino a che "svenduti", di grande valore specifico nella loro matrice culturale, rapporto con la storia che diventa racconto, bagaglio di tradizioni, usi e costumi sottratti all'"usa-e-getta" di una falsa cosiddetta "modernitŕ", "Bene Culturale" a tutti gli effetti riconoscimenti ufficiali a parte, in quanto "testimonianza materiale avente valore di civiltŕ", piů la sua funzione sociale, quei fattori trasversali alla base dello sviluppo della "collettivitŕ" in "Comunitŕ", l'identitŕ locale fatta anche di una "solida" idea di progresso.
Dagli Anni Sessanta i beni storico-artistico-paesaggistici elementi "costituenti del territorio", oggi concetto esteso legandosi indissolubilmente ad altre categorie pur esse parte dei beni culturali e "insieme" al territorio, con preciso valore documentale attraverso cui passa la costruzione e consapevolezza d'identitŕ comune, ricco patrimonio minore associato, espressione di continuitŕ e contiguitŕ il cui contributo civile rimane inestimabile nel radicamento locale in sinergia e simbiosi con condizioni fisiche, geografiche, storiche e culturali del territorio da cui č stato
generato.
Gli elementi che contribuiscono alla "ricchezza" di un luogo (soldi esclusi, non nel senso di una sana economia "condivisa" ma in quello predominante di arricchimento "personale"!) la sua "identitŕ" e "ereditŕ" da tutelare, valorizzare e trasmettere a generazioni a venire quale futura "memoria" viva:
Patrimonio "Materiale"
Singoli monumenti - edifici, castelli, rocche, parchi, giardini, eremi, monasteri, chiese, sculture, dipinti- e sistemi complessi - urbanistici, siti archeologici, gruppi di costruzioni tipiche, depositari "locali" di valori umani universali grazie a tessuti unitari, architetture - ancora particolare integrazione con il paesaggio fisico naturale su cui insistono, oltre al loro valore storico, artistico e scientifico.
Patrimonio "Immateriale"
Aspetti "culturali" che identificano la Comunitŕ, saperi, usi, costumi, tradizioni orali, pratiche sociali, riti e feste, specifiche conoscenze autoctone e abilitŕ artigianali, patrimonio "intangibile" umanamente piů "sostanziale" di quello fisico, in ereditŕ ad evolvesi secondo il variare delle esigenze comunitarie in rapporto all'ambiente, i tanti "perché" si č fatto e si fa "quello" che si fa e in "quel" dato modo, riferimento del senso di appartenenza al territorio, mantenimento d'identitŕ e garanzia di continuitŕ, espressione di "diversitŕ" culturale e "creativitŕ" sociale.
Patrimonio "Narrato"
Ogni forma di "racconto" del luogo - orale, cantato, musicato, ballato, scolpito, dipinto, tessuto, scritto in poesia e prosa, fotografato, videoregistrato, filmato o teatralmente rappresentato - che apporti l'unicitŕ percettiva del "suo" frammento "olografico" di storia del territorio e dei suoi abitanti.
Patrimonio "Naturale"
La totalitŕ dell'ambiente non ancora o minimamente antropizzato o, nonostante tutto, non antropizzabile - latitudine, clima, morfologia, natura del suolo, fenomeni naturali e forze connesse, tutte le forme di vita animale e vegetale - complessivamente di tale rilievo estetico, economico e scientifico da incidere profondamente sullo sviluppo sociale umano locale, "territorio" come entitŕ complessa che si esprime attraverso segni riconoscibili, elementi messi "a sistema" dalla Comunitŕ, capaci di cearere "valore aggiunto", sinergico come parti di un unicum, manifestazione di un pensiero "organico" che accomuna e non frammenta, unisce senza dividere, mai lasciando isolate le parti che lo compongono, "fusione" armonica di due aspetti fondamentali, la soggettiva dimensione "emotiva" dalla loro frequentazione e la oggettiva dimensione "trasformatrice" quale percettibile estrinsecazione di "fenomeni" nello spazio geografico, morfologico e sociale in un rapporto corale tra umani e paesaggio. |
||||||||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
La simbiosi natura-umani |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
La Comunitŕ umana che si insiedia in un luogo ne individua via via le specificitŕ, elementi che diventano socialmente "identitari" fino alla riconoscibilitŕ, legati intimamente alla presenza e alla percezione in "quel" determinato contesto, condizioni fisico- ambientali che confluiscono a "condensatore" sociale e culturale di vicende storiche, detentore di memorie e leggende a stratificarsi in successione generazione dopo generazione al di lŕ delle vite dei singoli in una sorta di "immortalitŕ collettiva".
In "quale" direzione l'evoluzione di questo senso sociale di "Comunitŕ" non necessita di ulteriori "chiarimenti", anche perché, come chi mi sta leggendo sicuramente sa, - purtroppo o per fortuna - nessuna "sfera di cristallo" che possa aiutare, non ne esistono "manuali per l'uso" né brevetti... |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Il ruolo delle élite |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
quali che esse siano? |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Al di lŕ di "settarismi" e "personalismi" aiutare la Comunitŕ alla semplice ma cruciale "scelta" del miglior "stile" di vita"condivisibile" da tutti - naturalmente...
Cos'altro? |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Bon voyage mes amis! |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
La particolarissima Cittŕ di Traů
Vivere bene - La piů antica farmacia d'Europa
L'Orto Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-
"Villa Bianca" - Un reiterato delitto di incuria
Trst - Il mito di una Trieste mai "slava"
"Cosa Vostra" - Ancora troppo e obsoleto provincialismo invece di sano "localismo"
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Non del tutto estranea al contesto una per me dovuta nota a pič di pagina "culturalmente" rilevante e rivelante a chi possa mai interessare...
Nel mio quarto di secolo a Trogir (wow!...), mi ha sempre lasciato alquanto confuso e pieno di stupore la reazione, immediata e stizzita, dei miei amici - a dire il vero piů che stizzita, incazzata e quasi risentitamente "aggressiva", nel caso il mio gentile interlocutore non mi conosca abbastanza! - al mio disinvolto pronunciare la parola "Balcani", "Balkans", "Balkan".
E mi ritrovo tutto rattristato dall'aver involontariamente "offeso" qualcuno, pieno di sensi di colpa e di vergogna per questa mia "boccaccia", preso in contropiede, lě ad annaspare come pesce fuor d'acqua balbettando ancora di peggio - come "Ma qui siamo nei Balcani... o no...!?".
"Balcani" nasce come concetto puramente geografico, a definire la Penisola "dei Balcani" o "Balcanica", infatti č piů corretto dire anche la Penisola "Italica", e il suo significato originario, quale termine geografico, prende a riferimento la "catena montuosa" che da Est ad Ovest attraversa la Bulgaria - in Turco balkan, montagna.
L'intero territorio della Penisola Balcanica, comprende oggi Bulgaria, Grecia, parte della Turchia (cioč Tracia Orientale), tutte le neo-repubbliche dell'ex Repubblica Federale di Jugoslavia - Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Slovenia - e Albania, come solito aggiungendo a questi Stati anche la Romania, per aver di fatto condiviso profondamente la storia balcanica. |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
|
|||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
|
|
|
|||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
Albania |
Bosnia e Erzegovina |
Bulgaria |
Cossovo |
||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
|
|
|
|||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
Croazia |
Grecia |
Macedonia del Nord |
Montenegro |
||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
|
|
|
|||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
Serbia |
Slovenia |
Turchia |
|||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
La "Seconda Guerra di Morea" o del Peloponneso, nota anche come "Settima Guerra Ottomano-Veneziana" o "Piccola Guerra", ma in Croazia come "Guerra di Sinj", l'ultimo conflitto sulla Penisola Balcanica tra le due "super-potenze" - la Repubblica di Venezia e l'Impero Ottomano, una guerra combattuta dal 1714 al 1718 e conclusasi con vittoria ottomana e conseguente perdita veneziana dei territori peninsulari greci, la monarchia asburgica in salvifico "aiuto" della Serenissima a rischio di perdere molto di piů in caotica ritirata, vincendo gli Austriaci sul fronte del Danubio e costringendo il nemico alla firma del Trattato di Passarowitz, che porrŕ di fatto fine alla guerra.
Solo nel XIX sec, insieme all'espressione puramente geografica "Penisola Balcanica", il termine comincerŕ ad essere usato anche politicamente e altro, per designare ad esempio la parte europea dell'Impero Ottomano, quando in quelle aree, abbandonate via via dai Turchi sotto la pressione dei movimenti indipendentisti e delle potenze europee loro sostenitrici, compariranno sulla scena internazionale nuovi protagonisti, come Bulgaria, Grecia, Montenegro, Romania e Serbia.
Nei libri di storia viene infatti definita come "Lega Balcanica" la coalizione dei "Popoli Balcanici" contro la Turchia nel 1912 e come "Guerre balcaniche" quelle della Lega Balcanica contro la Turchia nel 1912 e 1913 (la dissoluzione dell'Impero Ottomano a consumarsi fra il 1908 e il 1922).
Da ora in poi il mosaico politico dei Balcani brillerŕ, tutto a suo modo, tanto di grandi utopie quanto di piccoli Stati, eccezione fatta proprio per la Repubblica Federale di Jugoslavia, inizi seconda metŕ Novecento promotrice del "Movimento dei Paesi Non Allineati", molti appunto del "Terzo Mondo", non appena indipendenti nel corso del processo di "decolonizzazione", forza autonoma anti-colonialista e anti-imperialista nel postbellico mondo bipolare delle due interferenti "superpotenze" di allora, "neutralismo" affatto gradito né da Stati Uniti d'America né da Unione Sovietica, con ben 85 fra Stati e Movimenti nel 1976 che diventateranno 108 nel 1992, comunque nel 1979 all'Avana il sofferto messaggio d'addio di Josip Broz Tito al Non Allineamento, proprio da lui, insieme all'indiano Jawaharlah Nehru e all'egiziano Gamal Abdel Naser, la visionaria triade trainante...
Oltre alle guerre nella Penisola Balcanica poi, anche tutte le lingue qui parlate vengono assieme definite "balcaniche", pur appartenenti a famiglie diverse - Albanese, Bulgaro, Greco, Macedone, Romeno, Serbo-Croato oggi Bosniaco, Croato e Serbo, Sloveno e Turco.
Č vero, nella Lingua Italiana moderna e contemporanea venivano prima altrimenti fatti certi usi figurativi del termine per definire sistemi instabili o metodi "non ortodossi" (qui dovremmo aprire un'altra nota!...) a proposito di ebollizioni sociali e disordini politici, anche un modo sui generis di fare le cose o anche non farle, ma l'Italiano oggi parlato - il corrente l'unico "reale"! - per definire il concetto a cui legittimamente si reagisce fa letterale ritorno alle origini geografiche del termine, optando per "bulgaro", come il famigerato "editto o diktat o ukase bulgaro" di Berlusconi il 18 aprile 2002, contro, a sua distorta opinione, l'"uso criminoso" della TV pubblica da parte dei due giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e del comico Daniele Luttazzi, illecito quanto vigliacco "invito" pressante alla dirigenza RAI ad "ostracizzarli", cosa che di lě a poco puntualmente si realizzerŕ con l'immotivata ed illegale estromissione dei tre dai palinsesti della statale Radio Televisione Italiana!
La mia rubrica "Storie balcaniche - Dalmazia e dintorni" vuole, naturalmente in modo scherzoso e assolutamente non offensivo nei confronti dei locali interessati figuranti nei miei articoli, molti di denuncia,e di eventuali lettori italofoni o con conoscenze della Lingua Italiana, giocare sulla stuzzicante ambiguitŕ della parola - e quindi... ebbene sě, mea culpa!, dichiarandomi perň subito "non colpevole" e sperando in una assoluzione piena dagli amici Croati "perché il fatto non sussiste" o almeno in un marginale talmente minimo da essere in pratica piů che trascurabile e, volendo, generosamente perdonabile.
Grazie! |
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||