Figli di un "altro" dio

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

                                   

 

                                   

I "fatti"? 

 

                                   

 

                                   

Note di approfondimento 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

                                   

 

                                   

Nota #1 

 

                                   

La "mission impossible"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Il contingente ONU del "1(NL)VN Infanterie-

bataljon", poi denominato "DUTCHBAT",

dall'Inglese "Dutch (Air Mobile) Battalion" per

"Niederländisches luftbewegliches Bataillon",

"Battaglione Aerotrasportato Olandese", formato

in fretta nel febbraio 1994 con elementi dalla Air

Mobile Brigade, la "11 Luchtmobiele Brigade"

delle Reali Forze Armate Olandesi, per

partecipare alle operazioni internazionali sotto

comando ONU di mantenimento della pace

nell'Ex-Jugoslavia, in qualitŕ di United Nations

Protection Force, la cosiddetta "UNPROFOR".

 

Gli verrŕ affidato l'arduo compito di difendere le

tre enclavi bosgnacche create nel settembre 1994

dall'ONU nella Bosnia ed Erzegovina Orientale nei

territori serbo-bosniaci, in particolare quella di

Srebrenica, dichiarata "zona sicura", ovvero una

particolare area garantita dalle Nazioni Unite

come "rifugio protetto" per la popolazione civile

sfollata dall'intera Bosnia ed Erzegovina

Orientale durante la Guerra dei Balcani.

 

                                   

 

                                   

Quando nel luglio 1995 le Truppe Serbo-Bosniache del Generale

Ratko Mladić attaccheranno l'enclave di Srebrenica, il "DutchBat

III" risulterŕ come previsto incomparabilmente inferiore di numero

e troppo insufficientemente armato per poterle bloccare

tantomeno tentare di respingerle, mentre il dapprima negato

supporto aereo NATO richiesto dal contingente olandese verrŕ poi

autorizzato sotto l'incalzare degli eventi, ma comunque malamente

messo in atto e fuori tempo utile.

 

Fermo restando che sia l'attacco che l'occupazione dell'Enclave di

Srebrenica da parte dei Serbo-Bosniaci vadano piuttosto lette

come una spavalda, decisa al momento, contromossa di

"alleggerimento" contro i pesanti bombardamenti NATO che

stanno subendo nell'assedio di Sarajevo, piuttosto che una

preprogrammata invasione.

 

 

La circostanza della cattura/non-cattura del "DuchBat" verrŕ infatti

sapientemente utilizzata dai Serbo-Bosniaci mantenendosi sul filo

di una voluta continua ambiguitŕ.

 

I loro toni oscilleranno infatti e di proposito tra beffardamente

"amichevoli" e palesemente intimidatori con il Comando

UNPROFOR sul posto e allo stesso modo fra argutamente

"rassicuranti" e subdolamente ricattatori con i rappresentanti ONU

durante la seguente trattativa di rilascio dei prigionieri/ospiti.

 

                                   

 

                                   

Per la pubblica opinione, e non soltanto bosniaca,

la reputazione del "DutchBat" rimarrŕ comunque

e per sempre indelebilmente vile e gravemente

fallimentare, per non aver onorato il proprio

mandato internazionale di protezione degli

abitanti e dei rifugiati civili di Srebrenica.

 

Una macchia poi reputata insopportabile quanto

immeritata dal personale militare all'epoca

coinvolto nei tragici avvenimenti, tanto che nel

2016 molti veterani del Battaglione, anche con

l'approvazione del loro Comandante di allora,

arriveranno a citare in giudizio il Governo

Olandese per "grave negligenza e disattenzione"

riguardo a quella missione.

 

                                   

 

                                   

Sě, a Srebrenica gli Olandesi "capitoleranno", ma certamente non

lo faranno da soli!

 

Perché innanzitutto durante tutte e quattro le rotazioni del

Battaglione, ciascuna delle quali di circa 450 uomini, le truppe di

"DutchBat" I, II, III e IV verranno sempre inadeguatamente

addestrate e di certo scarsamente equipaggiate - solo con armi

personali, mitragliatrici e due RPG anti-tank, Rocket-Propelled

Grenade, cioč "lanciagranate portatili anticarro" da spalla...

 

 

A sede del Battaglione verrŕ poi scelta una vecchia fabbrica di

batterie a Donji Potočari, la zona bassa di una frazione 5 chilometri

a Nord di Srebrenica, con gli uomini costretti a sparpagliarsi in

ben 30 postazioni diverse , di cui 8 cosiddetti "O.P." - Observation

Point o "punti di vedetta" distribuiti lungo tutto il perimetro

dell'Enclave di ben oltre 50 km (!) e in zona montana, fatto questo

che ne renderŕ il personale di turno - come di fatto avverrŕ -

estremamente facile oggetto di agguati e anche preda di catture da

parte dei Serbo-Bosniaci.

 

Inoltre le R.O.E. - Rules Of Engagement, cioč le regole di ingaggio

della Missione UNPROFOR Olandese per la protezione della

popolazione civile dell'Enclave bosgnacca, imporranno ai

peacekeeper ONU soltanto un estremo "eventuale uso della forza

esclusivamente limitato all'autodifesa".

 

 

Da ultimo, come giŕ accennato, nonostante sotto impari, pesante

e prolungato attacco, anche il supporto aereo NATO, da

"DutchBat" richiesto con insistenza ai Comandi ONU, verrŕ

all'inizio a lungo negato, ritardandolo fino a farlo diventare cosě

rischioso e minimo, da renderlo impreciso e inefficace,

"ufficialmente" perché in quel momento sul teatro di guerra in

Bosnia ed Erzegovina "ancora proibito a truppe NATO quel tipo di

intervento", ma attaccare ad esempio un convoglio ferroviario

pieno di civili...  quello sě!

 

Una storia che ha di per sé del surreale, dato che sarŕ di fatto

proprio il Generale Olandese Atzo Nicolaď, a Sarajevo, che si

rifiuterŕ dapprima di inoltrare le richieste ricevute dal "DutchBat" 

al Generale Francese Bernard Janvier, Quartier Generale ONU di

Zagabria, giudicatele "non conformi agli accordi sulle richieste di

intervento aereo", in quanto negli eventi di Srebrenica non si tratta

(ancora per poco) di "atti di guerra con battaglie a fuoco" (!?!).

 

 

Di conseguenza solo quell'11 luglio Nicolaď finalmente inoltrerŕ a

Janvier la prima richiesta di rinforzi quando ormai i carri armati

serbo-bosniaci saranno giŕ entrati in Cittŕ, mentre alla seconda

richiesta di supporto aereo, costretti gli altri velivoli a rientrare alle

loro basi in Italia per rifornimento dopo essere rimasti a circolare

per ore in attesa di ordini, solo due F-16 olandesi effettueranno

alla fine un attacco, praticamente inutile e senza alcun effetto.

 

E, come se non bastasse, una formazione di aerei USAF non

riuscirŕ nel frattempo neppure a raggiungere l'obiettivo, cosě,

caduta ormai l'Enclave, quella missione verrŕ annullata dai

Comandi ONU su insistenze del Ministro della Difesa dei Paesi

Bassi, Joris Voorhoeve, a sua volta giŕ sotto ricatto dei Serbo-

Bosniaci che ora minacciano velatamente rappresaglie contro i

"Caschi Blu" ONU di "DutchBat".

 

 

A quel punto l'intera popolazione di Srebrenica e le decine di

migliaia di profughi attratti da tutta la Bosnia Nord-Orientale con

promesse di "Zona Sicura", ora sbandati e in preda al panico, o

sceglieranno - in circa 15.000 (!) - la fuga a piedi verso la Base

ONU di Tuzla gestita dai militari Svedesi, pur attraverso territori

nemici (!) e campi minati (!) o, il resto, avrŕ del tutto inutilmente

giŕ cercato rifugio riversandosi in massa verso la Base ONU di

Potočari insieme ai militari Olandesi, entrambi due perfette

trappole mortali!

 

I membri del "DutchBat", loro stessi increduli, storditi, sopraffatti

e traumatizzati dall'attacco nonostante tutto "inatteso", loro stessi

smarriti, impotenti, frustrati e impauriti di fronte, da un lato, a

quella travolgente "valanga umana" di rifugiati comunque da

gestire, dall'altro alla "arrogante" minaccia armata che gli preme

addosso da parte delle Truppe di Mladić, incontrastabile.

 

 

Cosě da "protettori dei rifugiati" le Truppe ONU (!) si

trasformeranno in "collaboratori degli occupanti", contribuendo di

fatto - passivamente ed attivamente - addirittura alla separazione

di uomini e ragazzi da donne, bambini e ottantenni, una scaltra

manovra proposta con insistenza dai Serbo-Bosniaci "per cercare

di tenere la situazione sotto controllo" cui gli Olandesi non

sapranno opporsi con sufficiente determinatezza,

psicologicamente succubi e fisicamente sottomessi, e a cui alla

fine "abboccheranno" pur ben sapendo.

 

Assolutamente da notare, tutto questo alla faccia delle appena

pronunciate "forti" dichiarazioni del Ministro della Difesa dei Paesi

Bassi, il quale - a parole di merda - "assicurerŕ" che "in nessun

caso le Truppe Olandesi potranno collaborare alla separazione

degli uomini dal resto della popolazione civile"...

 

 

La sfortunatissima posizione geografica dell'Enclave di

Srebrenica, dagli analisti militari definita mouse hole o mouse trap,

cioč "trappola per topi", incastrata com'č in una strettissima

vallata secondaria della grande Valle del Fiume Drina,

completamente circondata da colline e montagne, renderŕ gioco

facile per i Serbo-Bosgnacchi "sigillarla" ed il Battaglione

Olandese incontrerŕ enormi difficoltŕ giŕ solo nel manterere i

contatti fra Comando e unitŕ di vedetta, bloccate "in isolamento"

nei rispettivi, lontani punti di osservazione.

 

Una situazione giŕ tesa divenuta ancora piů confusa e quasi

ingestibile dopo l'incidente dell'appena trascorso 8 luglio,

quando, cercando un blindato olandese, sotto attacco e in

fiamme, di ritirarsi e, allo stesso tempo, alcuni Bosgnacchi di

impedirglielo, con una improvvisata barricata alle spalle, per

costringere il mezzo corazzato a restare a difenderli, una bomba a

mano "amica" aveva ucciso uno dei soldati olandesi presi tra due

fuochi...

 

                                   

 

                                   

Annientata dall'artiglieria dei carri armati pesanti

avversari la resistenza della 28Ş Divisione di

Fanteria da Montagna Bosgnacca, in pratica

l'unica ad aver fino ad allora costituito la difesa

armata della Cittŕ, ora i Comandi ONU si

troveranno a dover inoltre affrontare l'inaspettato

"sequestro" del "DutchBat" da parte delle Forze

Serbo-Bosniache, che faranno intendere possibili

rappresaglie contro i loro "ospiti".

 

Insomma durante la terza rotazione del

"DutchBat", le truppe di Mladić non solo

attaccheranno e conquisteranno la Cittŕ e l'intera

Enclave l'11 luglio 1995, ma ne faranno

prigionieri popolazione rimasta, provatissima

dopo quattro anni di guerra, e profughi nel

frattempo rifugiativisi da tutto il circondario,

credendo di mettersi in salvo in zona ONU

dichiarata "sicura", prendendo inoltre in ostaggio

lo stesso Battaglione UNPROFOR, lě inviato dalle

Nazioni Unite proprio con la missione di

"garantire" l'incolumitŕ di entrambi!

 

                                   

 

                                   

La massa incolonnata di 15 mila sfollati in disperata fuga a piedi

verso la Base ONU dei "Caschi Blu" Svedesi di Tuzla verrŕ

ovviamente piů volte attaccata prima di arrivare a destinazione, ma

oggi sappiamo come ben peggior sorte aspetterŕ la maggior parte

degli abitanti di Srebrenica e i profughi rimasti, che si

precipiteranno tutti insieme a cercare protezione nella adiacente

Base ONU dei "Caschi Blu" Olandesi di Potočari.

 

Il Generale Mladić si incontrerŕ quindi con il Colonnello

Karremans, Comandante del "DutchBat", giocando come un gatto

col topo, costringendo lui ed i suoi superiori ad un "accordo" per

la consegna formale dell'Enclave alle sue Truppe, con la falsa

promessa di provvedere loro ad evacuare in due fasi successive

tutta la popolazione bosgnacca a luogo piů sicuro, di fatto

subdolo pretesto per poter separare, giŕ nell'organizzazione del

"primo turno", donne, bambini in tenera etŕ e ultravecchi da

uomini e ragazzi di tutte le etŕ.


 

La terrificante "cernita", non dissimile da quella che si fa con gli

animali, greggi e mandrie chiuse in recinto, causerŕ strazianti

separazioni di famiglie, parenti e amici, gente che non potrŕ fare

altro che disperarsi non sapendo cosa stia succedendo agli altri

da cui č stata forzatamente allontanata, ma nulla al confronto di

cosa purtroppo giŕ sta succedendo.

 

Da Srebrenica i Serbo-Bosniaci trasferiranno infatti solo donne e

bambini, anche se il personale del Battaglione olandese crederŕ -

o vorrŕ credere - che lo abbiano fatto anche con uomini e ragazzi.

 

 

Cosě, dopo una decina di giorni di "prigionia", i giovani e

"inesperti" militari ONU verranno liberati al termine delle in casi

come questo "solite trattative ad alto livello", piů che

comprensibilmente felici di poter finalmente lasciare l'Enclave

(anzi, a dire il vero, ad un certo punto in evidente stato di

"ebbrezza"...), mentre degli uomini e ragazzi bosgnacchi che

avrebbero dovuto difendere non rimarrŕ in vita "nessuno"

(talmente sparuto il numero di chi salverŕ fingendosi morto da

contarsi sulle dita) lontano da interferenze ed occhi indiscreti

durante lo stesso periodo sistematicamente eliminati - oltre 8 mila

fra i 13 e i 78 anni di etŕ!

 

Da fine luglio a novembre 1995 il "DutchBat", ormai "assolto" il

contingente il proprio compito a Srebrenica, verrŕ nella sua quarta

rotazione, "DucthBat IV", limitato a "difendere" i rifugiati di Simin

Han, alla periferia di Tuzla...

 

 

Quando il massacro di Srebrenica, sospettato da subito (!), non

potrŕ piů essere tenuto nascosto e comincerŕ a venire

tragicamente svelato dai mass media man mano nelle sue reali

"inverosimili dimensioni e inimmaginabili modalitŕ", con

proprorzionalmente crescente impatto sull'opinione pubblica

internazionale, nei Paesi Bassi le notizie porteranno a una

indipendente indagine ufficiale da parte dell'"Istituto Olandese per

la Documentazione della Guerra", che durerŕ ben 7 anni ed il cui

Rapporto finale "Srebrenica: una zona ‘sicura’", pubblicato nel

2002, in pochi giorni porterŕ alle dimissioni di Willem Kok, dal

1994 Primo Ministro, e alla conseguente caduta del suo Governo.

 

Nelle 3.400 pagine verranno duramente criticati politici e alti

comandi militari, accusati di essere colpevoli di negligenze anche

di carattere penalmente perseguibile, per non aver saputo

prevenire il massacro.

 

                                   

 

                                   

A dir poco devastanti infatti le conclusioni del

Rapporto NIOD:

 

- il personale della missione UNPROFOR non

adeguatamente addestrato

 

- assenza di coordinamento tra i Ministeri Difesa

e Affari Esteri

 

- carenza di mezzi in dotazione al contingente per

assicurarne il successo

 

- insufficiente potenza di fuoco a terra ed

inadeguato controllo degli attacchi aerei 

 

- mancato supporto NATO come richiesto dal

Comandante "DutchBat"

 

- insomma eclatante fallimento politico-militare

sia Olandese che ONU!

 

                                   

 

                                   

Come in seguito verrŕ molto duramente criticata, sia dall'opnione

pubblica nazionale che internazionale, ma soprattutto dai

sopravvissuti e dalle famiglie delle vittime di Srebrenica, la

"decorazione" (!?) concessa nel 2006 dal Ministro della Difesa ai

veterani di "DutchBat III".

 

 

Nel 2007 l'Associazione dei parenti delle vittime del massacro di

Srebrenica arriverŕ addirittura a presentare al Tribunale dell'Aja

una denuncia contro il Governo dei Paesi Bassi e l'ONU per le

rispettive negligenze e colpevolezza nel "genocidio di

Srebrenica".

 

E verso la fine dello stesso anno ex membri del "DutchBat III", in

visita al Memoriale di Potočari per "rendere omaggio" alle vittime

dell'eccidio, verranno apertamente osteggiati e rifiutati dalla

medesima Associazione.

 

 

Quindi devastanti a livello umano anche le conseguenze per gli

stessi veterani, secondo le testimonianze proprie dell'ex personale

del Battaglione:

 

- il 65% di loro lascerŕ l'Esercito

 

- il 40% necessiterŕ da allora e tuttora professionale sostegno

psicologico

 

- il 10% mostrerŕ sintomi di gravi disturbi post-traumatici (anche

se i responsabili sanitari ne riterranno la percentuale di molto

superiore).

 

 

Nel 2013 e 2014 la Corte dell'Aja condannerŕ infine con due

separate sentenze lo Stato Olandese "civilmente responsabile" per

l'uccisione di oltre 300 musulmani bosniaci durante la fase iniziale

della strage e quindi, di conseguenza, a risarcire le loro famiglie.

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Nota #2 

 

                                   

La "tempesta perfetta"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Secondo il Rapporto dello Human Rights Watch  

/Helsinki, 31 luglio-23 agosto 1995 (!), la caduta

della Cittŕ di Srebrenica e della sua Enclave sotto

l'attacco sferrato dalle Forze Serbo-Bosniache a

luglio 1995 smentisce platealmente l'impegno

professato dalla Comunitŕ Internazionale a

garantire la sicurezza delle aree dichiarate "Zone

Sicure", ponendole sotto la "protezione" delle

Nazioni Unite nel 1993.

 

Vi vengono apertamente accusati i funzionari

ONU per non aver saputo ascoltare, recepire e

soddisfare le insistenti richieste di supporto

militare dai propri peacekeeper nell'Enclave,

consentendo cosě alle Truppe Serbo-Bosniache di

entrarvi senza incontrare neppure una pur

minima "resistenza".

 

                                   

 

                                   

Ma non solo:

anche di effettuarvi - oltretutto indisturbati, anzi addirittura in

certa misura "coadiuvati" - una sistematica "pulizia etnica",

connotata da trattamenti inumani dei prigionieri prima delle

esecuzioni di massa di migliaia di civili bosgnacchi,

principalmente uomini e ragazzi.

 

E ancora:

inoltre di terrorizzarvi, stuprarvi, malmenarvi, giustiziarvi e

derubarvi a piacimento anche il resto della popolazione ed

abusarvi in ogni modo possibile dei profughi, lě riversativisi per

anni da tutta la Regione Nord-Orientale della Bosnia ed

Erzegoviena, nell'illusione di trovare proprio lě, in quell'Enclave

ufficialmente definita "zona protetta ONU", un rifugio "garantito"

sicuro.

 

                                   

 

                                   

Human Rights Watch č una ONG, cioč

un'Organizzazione Non Governativa,

internazionale e indipendente, in difesa dei diritti

umani.

 

Con sede principale a New York, identifica,

analizza e denuncia qualsivoglia violazione delle

leggi e norme internazionali sui diritti umani, cosě

come definiti dalla "Dichiarazione Universale dei

Diritti dell'Uomo", il codice etico del 1948 e

documento basilare delle Nazioni Unite insieme

al suo stesso Statuto, e da tutte le altre

regolamentazioni internazionalmente accettate al

riguardo.

 

 

Lo scopo quello di porre eventuali abusi

all'attenzione della Comunitŕ Internazionale,

perché possa essere imposto ai Governi imputati

un piů civile adeguamento dei comportamenti in

atto e, soprattutto, delle relative leggi nazionali

che ne limiteranno in futuro le modalitŕ.

 

Le ricerche dello HRW sono "proattive",

sistematiche, metodiche e dinamiche, mirate alla

scoperta e alla denuncia attraverso intensa

esposizione mediatica di ingiustizie, siano esse

giŕ conosciuti e ancora consolidati discrimini a

livello internazionale ovvero preoccupanti

situazioni di emergenza per Comunitŕ locali,

soprattutto minoranze arbitrariamente esposte ad

atti di violenza.

 

                                   

 

                                   

In pratica casi di discriminazione religiosa, razziale, politica,

utilizzo di tortura, abuso di bambini per scopi bellici, cosiddetti

"bambini-soldato", corruzione politica, arbitrarietŕ in procedure di

giustizia penale...

 

E, purtroppo sempre piů spesso, soprattutto violazioni delle leggi

di guerra, il cosiddetto "diritto bellico", l'insieme cioč di norme

giuridiche - a livello sia nazionale che internazionale - che

disciplinano "mezzi e metodi di guerra", che limitano e

regolamentano cioč le armi, il loro impiego e, piů in generale, la

condotta delle parti in un conflitto armato, oltre che crescenti

violazioni delle leggi umanitarie internazionali in situazioni e teatri

bellici.

 

 

Questo particolare Rapporto č il risultato di una indagine condotta

dai rappresentanti di Human Rights Watch per registrare, passo

dopo passo, gli eventi che portano a, durante e subito dopo la

caduta dell'"Area Sicura" di Srebrenica, individuandovi le

violazioni anche dei piů elementari diritti umani da parte dei

Serbo-Bosniaci, vuoi truppe militari regolari, vuoi bande

paramilitari che le affiancano - e a volte sostituiscono - nei "lavori

sporchi".

 

Gli abusi durante la loro invasione, occupazione e gestione

dell'Enclave si articolano essenzialmente, oltre che nella

devastazione del territorio e generica distruzione di proprietŕ

privata a scopo intimidatorio, nei diretti atti di violenza e terrore

contro donne, bambini e anziani e nelle premeditate e

barbaramente portate a compimento esecuzioni di massa di

uomini e ragazzi.

 

 

Anche l'esodo, attraverso territori controllati dai Serbo-Bosniaci

nella Bosnia ed Erzegovina Nord-Orientale, che circa metŕ dei

profughi, quelli dal primo momento in fuga dall'enclave, si troverŕ

a dover affrontare nella speranza che li possa portare in salvo,

finirŕ miseramente per molti di loro, in una serie di agguati ed

esecuzioni sommarie in numerose localitŕ lungo tutto il tragitto,

che porteranno all'eliminazione di migliaia piuttosto che centinaia

di persone, soprattutto uomini, ma non esclusivamente.

 

La stima di queste atrocitŕ - probabilmente ad oggi ancora non

tutte scoperte e rivelate - si basa sulle dirette testimonianze dei

sopravvissuti, la maggior parte dei quali poi in grado di

individuare le aree ed i luoghi specifici delle esecuzioni di massa,

sia all'interno dell'enclave di Srebrenica che in numerose zone

comprese e strette fra i confini fluttuanti delle zone a turno

controllate rispettivamente dai Governi Serbo-Bosniaco e

Bosniaco-Federale.

 

                                   

 

                                   

"Pessima la gestione della crisi" da parte delle

Truppe ONU di peacekeeping nell'Enclave -

UNPROFOR - United Nations Protection Force -

e nella Regione - UNPF - United Nations Peace

Forces!

 

A cominciare dalla "codarda capitolazione" degli

Ufficiali in comando tattico sul campo, ancor

prima della caduta di Srebrenica, fino alla loro

probabile distruzione di indizi e prove delle

massicce violazioni dei diritti umani avvenute,

subito dopo la caduta della "Zona Sicura".

 

 

Al riguardo viene segnalato anche come

altamente sospetto il "deprecabile smarrimento"

(tale verrŕ infatti dichiarato da parte del Ministero

della Difesa dei Paesi Bassi!) di una cruciale lista

di uomini e ragazzi bosgnacchi poi risultati

"dispersi".

 

Come altrettanto altamente sospetta viene

definita la quasi di sicuro volontaria e

consapevole distruzione di un nastro di riprese

video, che avrebbe mostrato soldati serbo-

bosniaci impegnati in esecuzioni extragiudiziali,

documento provatamente giŕ in possesso delle

truppe ONU olandesi ed esaminato dai suoi

Comandi (!).

 

                                   

 

                                   

Il cessate il fuoco raggiunto nel frattempo in Bosnia ed

Erzegovina e la generale euforia che accompagnerŕ un talmente

significativo passo in avanti nel processo di riappacificazione dei

Balcani, non dovrebbero perň essere lasciati oscurare il fatto che

nessun accordo di pace potrŕ mai ritenersi legittimo o, tantomeno,

stabile, senza aver prima reso piena giustizia per gli abusi

commessi durante il conflitto, in arrogantemente sfacciata e

spregiante violazione dei diritti umani.

 

Le atrocitŕ di Srebrenica descritte nel Rapporto dei ricercatori

dello Human Rights Watch di Helsinki al pari delle inenumerabili

altre precedenti perpetrate nell'intera Ex-Jugoslavia, impongono

alla Comunitŕ Internazionale un totale impegno - senza limiti di

tempo alcuni né altri sconti o scusanti - ad una giustizia completa,

che cioč, se da un lato sappia riconoscere, soddisfare e risarcire

le vittime per le sofferenze, le perdite ed i lutti subiti, dall'altro

indaghi a fondo per documentarli e verificarli, cosě che se ne

possa con certezza attribuire la matrice fino a dare un nome a e

punire i colpevoli individualmente, inchiodandoli alle proprie

personali responsabilitŕ nei rispettivi ruoli ricoperti durante la

Guerra dei Balcani.

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Nota #3 

 

                                   

 "Peggio" di cosě...

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Nel 1993 il Governo dei Paesi Bassi si offrirŕ di

contribuire per un anno e mezzo alle operazioni

internazionali ONU di peacekeeping nei Balcani,

mettendo a disposizione un Battaglione di

Fanteria Leggera Aviotrasportata, inclusi mezzi e

servizi logistici, da cui le rispettive

denominazioni "DutchBat" e "Support

Command", cioč "Battaglione Olandese" e

"Truppe di Supporto", a costituire insieme

un'unitŕ militare di circa 1.200 uomini.

 

Nonostante la preferenza espressa dagli Olandesi

di venire impiegati nella Bosnia ed Erzegovina

Centrale, per capirci quella controllata dalla

Federazione Bosniaca Croato-Bosgnacca, i

Comandi ONU della Regione, "UNPROFOR-BH",

con Quartier Generali a Kiseljak e Sarajevo,

decideranno che il "DutchBat" debba invece

andare a sostituire il Contingente Canadese di

Srebrenica, nella Bosnia ed Erzegovina Nord-

Orientale, una di tre Enclavi bosgnacche in un

territorio altrimenti controllato dai Serbo-

Bosniaci.

 

                                   

 

                                   

550 uomini del Battaglione, un "corpo d'elitč" (poi alla fine perň

stranamente ed ipocritamente definiti "giovani e inesperti" alla

resa dei conti !?!), vi saranno destinati ad inizi 1994, tra cui

un'unitŕ specializzata nel risanamento di terreni da esplosivi,

un'unitŕ di esploratori e gli equipaggi, con relativo personale di

supporto tecnico a terra, di quattro MBB Bo-105 - Messerschmitt-

Bölkow-Blohm a doppio motore, elicotteri leggeri dell'Aviazione

Militare, spesso impiegati anche a fini civili come eliambulanza,

dalla Polizia e in servizi di collegamento offshore.

 

Mentre i primi 155 soldati entreranno a Srebrenica senza difficoltŕ

e vi si stabiliranno come pianificato, dal 1 marzo, il resto dell'unitŕ

rimarrŕ, gran parte poi praticamente in modo permanente, a Simin

Han, appena fuori della Cittŕ di Tuzla, ad oltre 100 km di distanza a

Nord-Ovest dell'Enclave, mentre gli elicotteri, non ottenuti i nulla

osta e permessi necessari per volare a Srebrenica, dovranno

forzatamente rimanere bloccati a Lucavac, una localitŕ sempre

nelle vicinanze ma ad Ovest di Tuzla, nei pressi della diga lel Lago

artificiale di Modrac, dove troverŕ sede anche l'unitŕ logistica del

"Support Command".

 

 

Dato il ribadito netto diniego dei Serbo-Bosniaci al trasferimento

degli elicotteri ONU a Srebrenica, dopo la presa e completa

distruzione del villaggio di Podravno, appena fuori della "Zona

Sicura" ONU a poco piů di 6 chilometri Sud-Est di Srebrenica, la

prevista funzione logistica di collegamento aereo con l'Enclave

dovrŕ essere alla fine giocoforza annullata ed i velivoli ritirati

definitivamente dalla missione nel settembre di quello stesso

anno.

 

Cosě per tutto il periodo durante il quale "DutchBat" vi rimarrŕ di

stanza, i Serbo-Bosniaci non incontreranno difficoltŕ nel cercare

di ostacolarne i trasporti per e da Srebrenica ogni volta che

potranno, a cominciare dallo stesso attraversamento dei convogli

"Ductchbat", spesso accusati di lasciapassare ONU

"burocraticamente" non del tutto corretti o di trasporti "eccessivi"

di ammunizioni e per questo a lungo bloccati e controllati prima di

poter entrare nell'Enclave (come pure all'inizio addirittura non

verranno lasciati uscire neppure i 180 Canadesi sostituiti, tenuti

bloccati in Cittŕ !?).

 

 

Un tira e molla continuo, intervallato solo da brevi parentesi, frutto

di pressioni e mediazioni di Russi e Potenze Occidentali, come

quando verrŕ concesso un permesso speciale di temporanea

riapertura dell'Aeroporto di Tuzla, giusto quanto basti per

garantirvi il transito di aiuti umanitari.

 

"DutchBat" arriverŕ comunque a contare circa 350 uomini

nell'Enclave, sempre comunque soggetti a difficoltŕ di

rifornimenti, anche alimentari, quando arriverŕ loro la richiesta

delle Nazioni Unite  di "difendere Srebrenica da sempre piů

probabili attacchi", richiesta estesa anche al secondo Contingente

di stanza a Žepa, l'altra Enclave Bosgnacca subito a Sud di quella

di Srebrenica.

 

 

Ma con la cattura di Podravno sarŕ infatti ormai piů che evidente

come il disegno dei Serbo-Bosniaci sia quello di consolidare,

estendere e rafforzare le proprie posizioni al fine di separare

Srebrenica da Žepa, 40 chilometri circa l'una dall'altra, una mossa

strategica che da subito creerŕ forti difficoltŕ per il Quartier

Generale "DutchBat" a mantenere efficienti i contatti con entrambi

le Enclavi Bosgnacche.

 

                                   

 

                                   

90 chilometri a Nord-Est di Sarajevo, l'Enclave di

Srebrenica comprende quella che una volta era

una tranquilla cittadina, con moderni edifici

costruiti a corona tutt'intorno ad un piccolo

centro storico, con un noto complesso di acque

termali ed una piccola zona industriale con una

fabbrica di mobili, una di marmi ed una tessile.

 

Prima della guerra con una popolazione di

appena 6.000 abitanti a maggioranza bosgnacca,

distribuita anche nella vicina Frazione di

Potočari, poco piů a Nord, divisa in Gornji e

Donji, cioč una zona "di Sopra" ed una "di Sotto",

lungo la strada "R 453" intitolata al Maresciallo

Tito, con una zona industriale secondaria su una

spianata fra due biforcazioni stradali verso Ovest,

comprendente una fabbrica di cemento,

un'officina per autocarri, una fabbrica di batterie

ed un deposito di autobus.

 

                                   

 

                                   

Durante l'evolversi della guerra l'Enclave di Srebrenica si formerŕ

proprio intorno a questo doppio cuore cittadino di Srebrenica e

Potočari, una zona dal perimetro necessariamente frastagliato

lungo i profili montani, ma di superficie dalla forma pressoché

circolare di circa 180 chilometri quadrati, 16 chilometri di diametro

sull'asse Sud-Nord per 14 chilometri su quello Est-Ovest, con una

asimmetria sbilanciata verso Ovest, punteggiata di piccoli villaggi,

baite, fattorie e altri caseggiati.

 

Tutt'intorno una corona ininterrotta di colline e montagne a

chiudere interamente l'enclave - le colline piů alte a Nord, Lisina e

Jabuco, con sul lato Est picchi montani boscosi di circa 1.000

metri, a Sud altre montagne, tra cui il Monte Kak, dalle

panoramiche mozzafiato, ed infine ripide creste montane ad Ovest,

incontaminate e quasi del tutto prive di vegetazione - con al

centro altri boschi, terreni incolti, frutteti e zone boscose ad

intercalare vigneti ed areali agricoli da semina.

 

 

La cosiddetta "rete stradale" all'interno dell'Enclave scarnamente

articolata, appunto con innanzitutto l'arteria principale , la "R 453",

che parte tra i due punti di osservazione ONU "O.P. Echo" e "O.P.

Foxtrot" a Sud, la vera e propria "porta dell'Enclave", e poi,

snodandosi su su per tutta la sua lunghezza, attraversa sia

Srebrenica prima che poi Potočari Donji, fino a "O.P. Papa" a

Nord, quindi, dal centro cittadino verso Ovest, la strada

secondaria trasvesale, di collegamento con il tratto della "R 452"

tra Palež e Milići, attraversando il confine dell'Enclave tra "O.P.

Alfa" e "O.P. Charlie", e dal lato opposto, verso Est, una strada

malamente asfaltata attraverso la discarica nelle vicinanze di "O.P.

Romeo", infine tutti gli altri tracciati solo strade minori, alcune

parzialmente asfaltate e altre interamente sterrate, di conseguenza

non percorribili in condizioni meteorologiche avverse.

 

Fino a metŕ Anni Ottanta la popolazione di Srebrenica a

maggioranza bosgnacca - 60-70% Bosgnacchi e il restante 30-40%

Serbo-Bosniaci -  vivrŕ pacificamente in buoni rapporti di

vicinanza, gli uni accanto agli altri in quartieri separati, come pure

nell'altro centro cittadino, Bratunac, nell'adiacente distretto a

Nord, anche se giŕ poco dopo la morte di Tito in tutta l'area

andranno formandosi partiti e partitini politici di ogni genere, i piů

fondati proprio sulla discriminante delle due "etnie" e quindi

animati, come č naturale aspettarsi, da forti sentimenti

"nazionalistici".

 

 

Quando i vari raggruppamenti bosgnacchi cominceranno ad

acquisire sempre piů potere politico-amministrativo locale, le

minoranze serbo-bosniache delle Comunitŕ della Bosnia ed

Erzegovina Nord-Orientale si sentiranno progressivamente

"minacciate", cosě per la vicina Serbia di Slobodan Milošević non

sarŕ difficile cavalcare il clima di crescente tensione per avviare

una campagna propagandistica che torni a caldeggiare l'antico

"sogno" delirante di una "Grande Serbia".
 

 

 

Quanto basterŕ ad innescare una prevedibile serie di animositŕ e

di paure, provocazioni e reazioni fra Bosgnacci e Serbo-Bosniaci,

in una "spirale" di grave e veloce deterioramento delle relazioni di

buon vicinato pazientemente costruite per decenni, facendo

ricadere entrambi le "etnie" vittime dei fantasmi di un passato

violento che sembrava ormai superato.

 

 

Riesumare il passato significherŕ inesorabilmente allontanarsi di

nuovo gli uni dagli altri per andare a schierarsi lungo una linea di

demarcazione tra "giusto e sbagliato" che ciascuno disegna a suo

modo , anche se, nonostante ciň e nonostante le Guerre di

Slovenia e Croazia giŕ in corso, il Governo Bosniaco vorrebbe

mantenersi "fiducioso" nella reale possibilitŕ di rimanere "fuori

dal conflitto".

 

Forse... se non fosse per Radovan Karadžić, futuro primo

Presidente di Republika Srpska, che, al potere, si metterŕ

immediatamente ad armare "militarmente" le minoranze serbo-

bosniache con il supporto attivo della vicina Serbia, mentre di

Bosgacchi armati resteranno soltanto la Polizia e pochi

cacciatori...

 

                                   

 

                                   

La polarizzazione degli schieramenti politici, ora

fortemente "etnicizzati", si acutizzerŕ arrivando

ad estremo compimento quando, nell'aprile 1992,

a 10 chilometri a Nord di Srebrenica si

materializzerŕ improvvisamente sulla scena la

prima unitŕ regolare di Serbo-Bosniaci,

equipaggiata con divise ed armi giŕ dell'Esercito

Federale Jugoslavo ed affiancata inoltre da

gruppi para-militari, frutto del frazionamento

politico locale intorno a personaggi tanto fanatici

quanto "carismatici", molto piů aggressivi delle

unitŕ regolari e che passeranno senza troppi

indugi a mettere in atto azioni intimidatorie

contro la popolazione bosgnacca.

 

Di lě a poco proprio queste "bande", ancor prima

dei militari, cercheranno anche di disarmare la

controparte, sia Polizia che privati, cementando

cosě la definitiva "scissione" delle Comunitŕ

locali, giŕ oltremodo ben avviata a livello

psicologico e emotivo, in Serbo-Bosniaci e

Bosgnacchi, e finendo per farla implementare

addirittura come partizione fisica del territorio,

una divisione in "aree bosgnacche" ed "aree

serbo-bosniache".

 

                                   

 

                                   

Si passerŕ a dar la "caccia al Musulmano", finanche a Srebrenica,

dove perň il disarmo della Polizia fallirŕ, soprattutto perché a quel

punto i suoi membri, in prevalenza Bosgnacchi, giŕ "alla macchia"

nei boschi circostanti, dove, grazie alla loro ottima conoscenza

del territorio, potranno rimanere a lungo e con facilitŕ ben

nascosti, soprattutto nei boschi in montagna.

 

Un vero "giro di boa" ed č precisamente "ora" che l'intera

popolazione dell'Ex Jugoslavia si renderŕ conto dell'"inevitabilitŕ"

e l'"irreversibilitŕ" degli eventi nel processo bellico.

 

 

Molti degli abitanti di Srebrenica - tra i Bosgnacchi come tra i

Serbo-Bosniaci - decideranno che sia proprio arrivato

inderogabile il momento di lasciare, pur con la morte nel cuore, le

proprie case, per trasferirsi a Tuzla, tra questi la maggior parte dei

politici piů in vista ed i principali amministratori locali, se non

tutti...

 

Alcuni dei Serbo-Bosniaci, avviliti e preoccupati, se ne andranno

dalle proprie Comunitŕ per evitare che il precipitare degli eventi li

coinvolga, loro malgrado, in una guerra fratricida contro quelli

che fino a ieri erano loro "amici" e "vicini", altri, al contrario, vi

rimarranno con la chiara intenzione di arruolarsi nelle Forze

Militari Serbo-Bosniache o addirittura di unirsi a qualche gruppo

paramilitare, come accadrŕ ad esempio a Bratunac, dove un

manipolo di Serbo-Bosniaci armati sceglierŕ di rimanere proprio

per imporsi con la forza sul resto della popolazione, anche qui a

maggioranza bosgnacca.

 

                                   

 

                                   

Nei primi mesi del 1992 le intimidazioni dei

Serbo-Bosniaci contro i Bosgnacchi

proseguiranno in un crescendo che culminerŕ nel

formale ultimatum di consegna delle armi "entro

e non oltre le ore 10 del 18 aprile".

 

Giŕ l'indomani i primi bombardamenti dall'area di

Bratunac a colpi di mortaio contro Donji Potočari

ed i piccoli villaggi sparsi tutt'intorno, da cui perň

la popolazione sarŕ giŕ riuscita a fuggire, un

attacco immediatamente seguito da scorribande

del gruppo paramilitare "Arkanovic" che, sempre

da Bratunac, scenderŕ a Potočari per darsi allo

sciacallaggio in abitazioni private fino a notte per

poi lě accamparsi in una fabbrica.

 

                                   

 

                                   

Lunedě 20 aprile un gruppo armato della controparte, costituito da

una ventina di Bosgnacchi al comando di Naser Orić - poi Ufficiale

nella ARBiH - Armija Republike Bosne i Hercegovine, l'"Esercito

Regolare della Federazione Bosniaca" costituitosi proprio a metŕ

aprile 1992 subito dopo la "Dichiarazione di Indipendenza" -

contrattaccherŕ la banda "Arkanovic", uccidendone molti membri

e portandosi via armi in gran numero e veicoli.

 

La stessa notte altri gruppi, per un totale di 50-60 Serbo-Bosniaci,

lascerŕ Bratunac dirigendosi su Potočari con l'intenzione di

"vendicare la sconfitta subita e i propri morti", solo che i

Bosgnacchi di Orić a quel punto si saranno giŕ ritirati nei boschi

sulle montagne con armi e mezzi di trasporto, mentre anche quei

pochi abitanti fino ad allora rimasti nel villaggio si sarŕ data alla

fuga per evitare rappresaglie, per cui i paramilitari serbo-bosniaci

dovranno accontentarsi della molto magra soddisfazione di

dare alle fiamme la locale stazione degli autobus, un'officina dei

camion e qualche casa di quelle ancora rimaste illese.

 

 

Da quel momento in poi la stessa Srebrenicaverrŕ tenuta sotto

continuo bombardamento fino al 10 maggio, anche a supporto di

Truppe Serbo-Bosniache che, affiancate da gruppi paramilitari,

tenteranno volta dopo l'altra di occupare la Cittŕ, riuscendo perň

solo a sciacallare in qualche casa di Bosniacchi nei dintorni, lě

spesso indirizzati ed aiutati da loro vicini, per cui sempre piů

Bosgnacchi sceglieranno piuttosto di andarsene a cercare rifugio

sulle montagne.

 

Neppure la cosiddetta "Battaglia di Srebrenica" del 6 e 7 maggio

consisterŕ in un piů coordinato attacco militare di artiglieria

contro la Cittŕ, quanto piuttosto un'incontrollata, anzi confusa,

grande mischia di guerriglia fra Bosgnacchi e Serbo-Bosniaci,

tutta concentrata nell'area della Fortezza Turca.

 

Durante lo scontro i Serbo-Bosniaci godranno del vantaggio di un

supporto di fuoco dalle aree di Bratunac e Zalazje fornito da

truppe dell'JNA - Југословенска Hародна Aрмија o

Jugoslovenska Narodna Armija, l'"Armata Popolare" della

SFRJ/СФРЈ - Социјалистичка Федеративна Република

Југославијаex o Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija,

la dissolta "Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia" (!).

 

 

Una delle milizie serbo-bosniache che prenderanno parte alla

battaglia, quella nata dal partito "estremista" serbo-bosniaco

S.D.S., il "Partito Democratico Serbo" dell'ex-giudice di

Srebrenica, Goran Zekić, uno dei principali responsabili del

riaccendersi dei contrasti etnici nella regione.

 

Quando l'8 maggio Zekić, tornando al suo Quartier Generale dopo

aver presenziato al funerale di uno dei caduti nel cimitero vicino

allo Stadio Comunale, finirŕ vittima di un agguato tesogli da tre

uomini di Orić, la sua improvvisa morte farŕ a sua volta cadere nel

panico i Serbo-Bosniaci rimasti a Srebrenica, i quali

abbandoneranno definitivamente la cittŕ lasciandola interamente

in mani bosgnacche, non senza perň aver prima vendicato il

proprio leader, assassinando brutalmente un centinaio di uomini

proprio in quel centro sportivo... (!)

 

                                   

 

                                   

Orić, sempre piů figura chiave tra i Bosgnacchi

della zona, decide allora di sfruttare la

confusione creata tra le file serbo-bosniache

contrattaccando i loro villaggi nel circondario,

tutti meno quello di Cimanici, che sottoscriverŕ

un patto di lealtŕ arrendendosi a lui e

consegnandogli le armi, patto poi effettivamente

rispettato da entrambi le parti.

 

Il suo gruppo si alleerŕ inoltre, pur tra sospetti,

malumori e tensioni, con altri due gruppi armati

bosgnacchi, quelli di Hakija Meholić, ex

Comandante della Polizia di Srebrenica, e Zulfo

Tursunović, ex galeotto che ha scontato 10 anni

di prigione prima dell'inizio della guerra.

 

                                   

 

                                   

Ad ogni modo riuscirŕ, proprio grazie al supporto dei suoi nuovi

alleati, a creare per la prima volta una vera e propria "linea di

difesa" intorno alla Cittŕ di Srebrenica, con truppe sempre

militarmente meglio addestrate, un progresso qualitativo questo

strategico e tattico da parte dei Bosgnacchi, che sorprenderŕ e

spesso finirŕ col confondere fortemente i Serbo-Bosniaci sul

campo di battaglia.

 

Sfrutterŕ anche furbamente e al massimo l'innato terrore dei

Serbo-Bosniaci per i combattenti "Mujaheddin", letteralmente i

"soldati della Guerra Sacra", facendo vestire i suoi uomini come

loro, e sceglierŕ proprio le date delle festivitŕ e ricorrenze

cristiano-ortodosse dei Serbo-Bosniaci per attaccare di sorpresa

un nemico magari non preparato al meglio a difendersi, come ad

esempio a Zalužje, nei pressi di Bratunac.

 

 

Continuando ad ampliare il numero di alleati, ad esempio

aggiungendovi il gruppo di Hamdija Fejzić ed altri ancora nella

Bosnia ed Erzegovina Centrale, passo dopo passo Orić riuscirŕ ad

attaccare, conquistare ed annettere sempre piů vasti territori giŕ

sotto controllo serbo-bosniaco nella Bosnia ed Erzegovina

Orientale.

 

Comunque anche lui commetterŕ un gravissimo errore strategico-

logistico, che perň da solo basterŕ a porre fine alla sua marcia

vittoriosa, in quanto, invece di conquistare prima Bratunac subito

a Nord, mettendo cosě al sicuro il per lui e per i suoi cruciale

corridoio di rifornimento costituito dalle strade "R 452", "R 453"

(attraverso Potočari e Srebrenica) e "R 354", forse inebriato dalle

tante vittorie, cercherŕ invece di pressare quanto piů possibile i

Serbo-Bosniaci lontano ad Est, fino a Skelani, spingendoli con le

spalle al Fiume Drina e oltre.

 

 

Tutto andrŕ secondo i piani, l'attacco avrŕ grande successo e in

pochi giorni i Bosgnacchi potranno finalmente issare la loro

bandiera sul ponte sul Drina a Skelani, ma nel frattempo, alle loro

spalle, i Serbo-Bosniaci avranno l'opportunitŕ di prepararsi a

sferrare il piů micidiale "contrattacco" pensabile, con le proprie

truppe, altre di rinforzo chiamate da tutta la Bosnia ed Erzegovina,

il prezioso supporto di bombardamenti di artiglieria pesante e di

attacchi aerei, addirittura nelle loro fila truppe mercenarie russe ed

ungheresi...

 

Il 20 gennaio 1993 il contrattacco arriverŕ violento come un'ondata

di piena, infliggendo ai Bosgnacchi gravissime perdite su tutto il

fronte - uomini, mezzi e territori:

Kamenica sarŕ la prima a cadere, seguita da Cerska e Konjević

Polje, "incidente di percorso" questo che si dimostrerŕ una vera

catastrofe anche umanitaria, perché genererŕ un enorme flusso di

rifugiati civili in fuga verso Srebrenica.

 

 

I Bosgnacchi si ritroveranno all'improvviso di nuovo bloccati

all'interno della loro Enclave, da adesso in poi impotenti sotto i

pesanti bombardamenti nemici, i quali cesseranno soltanto il

6 maggio seguente, grazie all'arrivo a Srebrenica del Generale

francese Philippe Morillon, allora Comandante delle Forze ONU in

Bosnia ed Erzegovina.

 

Posta cosě all'attenzione mediatica internazionale, la "questione di

Srebrenica" diverrŕ prioritaria per le Nazioni Unite, che

decideranno di eleggere l'Enclave a "Safe Area", cioč "Zona

Sicura", di avviarne con effetto immediato la "demilitarizzazione"

(evitando in extremis che i Serbo-Bosniaci la "cancellino"

completamente, come "intendono" fare, dalla faccia della Terra !!!)

e di inviarvi un'Unitŕ Canadese ONU UNPROFOR a "garanzia" del

rispetto di tali decisioni.

 

                                   

 

                                   

Fin qui il meno conosciuto "preludio" che porterŕ

alla tragica fine di Srebrenica.

 

Da qui in poi la catastrofe umana dello ormai piů

noto epilogo, incluso - ahimč! - l'"apocalittico

genocidio" di oltre 8.000 Bosgnacchi - come da

precedenti piani!

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Aggiornamento 

 

                                   

 

                                   

Ratko Mladić

 

                                   

 

                                   

8 giugno 2021

Confermata in appello la condanna all'ergastolo

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ratko Mladić, Ратко Младић, criminale di

guerra, Capo di Stato Maggiore Forze Armate

Republika Srpska, la "Repubblica Serba di Bosnia

ed Erzegovina" nella Guerra dei Balcani 1992-

1995.

 

1995 accusato dall'ICTY - The International

Tribunal for the Prosecution of Persons

Responsible for Serious Violations of

International Humanitarian Law Committed in the

Territory of the Former Yugoslavia since 1991, o

piů comunemente International Criminal Tribunal

for the former Yugoslavia - il "Tribunale Penale

Internazionale per l'Ex Jugoslavia" di genocidio,

crimini di guerra e crimini contro l'umanitŕ.

 

 

Responsabile dell'assedio di Sarajevo 5 aprile

1992 - 29 febbraio 1996 e del massacro di

Srebrenica 11-22 luglio 1995, il piů grande

genocidio in Europa dalla Seconda Guerra

Mondiale, dalla stampa internazionale definito

insieme a Radovan Karadžić, ex presidente di

Republika Srpska "il macellaio di Bosnia".
 

 

Dopo una latitanza di 16 anni arrestato il

26 maggio 2011 ed estradato all'Aja il 31,

processato in "Mladić - IT-09-92" il 12 maggio

2012, condanna in primo gradoall'ergastolo il

22 novembre 2017.

 

 

Riconosciuto colpevole di 10 degli 11 capi di

accusa:

 

- concorso in genocidio, crimine contro l'umanitŕ

 

- concorso in persecuzione, crimine contro

l'umanitŕ

 

- concorso in sterminio, crimine contro l'umanitŕ

 

- concorso in assassinî, crimine contro l'umanitŕ

 

- concorso in assassinî, in violazione delle leggi

e dei costumi di guerra

 

- concorso in deportazioni, crimine contro

l'umanitŕ

 

- concorso in trasferimenti forzati, atto disumano

e crimine contro l'umanitŕ

 

- concorso in terrore, in violazione delle leggi e

dei costumi di guerra

 

- concorso in attacchi illegali contro civili, in

violazione delle leggi e dei costumi di guerra

 

- concorso in presa di ostaggi, in violazione delle

leggi e dei costumi di guerra.

 

 

La condanna definitiva prevede un inasprimento

ed una estensione delle motivazioni sull'uso del

genocidio.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Si puň perdonare

 

                                   

dimenticare mai!

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

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provincialismo invece di sano "localismo" 

 

Srebrenica - Bosnia ed Erzegovina 11-22 luglio

1995

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Non del tutto estranea al contesto una per me

dovuta nota a pič di pagina "culturalmente"

rilevante e rivelante a chi possa mai interessare...

 

 

Nel mio quarto di secolo a Trogir (wow!...), mi ha sempre lasciato

alquanto confuso e pieno di stupore  la reazione, immediata e

stizzita, dei miei amici - a dire il vero piů che stizzita, incazzata e

quasi risentitamente "aggressiva", nel caso  il mio gentile

interlocutore non mi conosca abbastanza! - al mio disinvolto

pronunciare la parola "Balcani", "Balkans", "Balkan".

 

E mi ritrovo tutto rattristato dall'aver involontariamente "offeso"

qualcuno, pieno di sensi di colpa e di vergogna per questa mia

"boccaccia", preso in contropiede, lě ad annaspare come pesce

fuor d'acqua balbettando ancora di peggio - come "Ma qui siamo

nei Balcani... o no...!?".

 

 

"Balcani" nasce come concetto puramente geografico, a definire la

Penisola "dei Balcani" o "Balcanica", infatti č piů corretto dire

anche la Penisola "Italica", e il suo significato originario, quale

termine geografico, prende a riferimento la "catena montuosa" che

da Est ad Ovest attraversa la Bulgaria - in Turco balkan,

montagna.

 

L'intero territorio della Penisola Balcanica, comprende oggi

Bulgaria, Grecia, parte della Turchia (cioč Tracia Orientale), tutte le

neo-repubbliche dell'ex Repubblica Federale di Jugoslavia -

Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia del Nord, Montenegro,

Serbia e Slovenia - e Albania, come solito aggiungendo a questi

Stati anche la Romania, per aver di fatto condiviso profondamente

la storia balcanica.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

   

 

                                   

 

                                   

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

   

 

                                   

 

 

Albania

 

Bosnia e

Erzegovina

 

Bulgaria

 

Cossovo

   

 

                                   

 

 

   

 

   

 

                                   

 

 

Croazia

 

Grecia

 

Macedonia

del Nord

 

Montenegro

   

 

                                   

 

 

 

 

           

 

                                   

 

 

Serbia

 

Slovenia

 

Turchia

           

 

                                   

 

                                   

 

                                   

La "Seconda Guerra di Morea" o del Peloponneso, nota anche

come "Settima Guerra Ottomano-Veneziana" o "Piccola Guerra",

ma in Croazia come "Guerra di Sinj", l'ultimo conflitto sulla

Penisola Balcanica tra le due "super-potenze" - la Repubblica di

Venezia e l'Impero Ottomano, una guerra combattuta dal 1714 al

1718 e conclusasi con vittoria ottomana e conseguente perdita

veneziana dei territori peninsulari greci, la monarchia asburgica in

salvifico "aiuto" della Serenissima a rischio di perdere molto di

piů in caotica ritirata, vincendo gli Austriaci sul fronte del Danubio

e costringendo il nemico alla firma del Trattato di Passarowitz, che

porrŕ di fatto fine alla guerra.

 

Solo nel XIX sec, insieme all'espressione puramente geografica

"Penisola Balcanica", il termine comincerŕ ad essere usato anche

politicamente e altro, per designare ad esempio la parte europea

dell'Impero Ottomano, quando in quelle aree, abbandonate via via

dai Turchi sotto la pressione dei movimenti indipendentisti e

delle potenze europee loro sostenitrici, compariranno sulla scena

internazionale nuovi protagonisti, come Bulgaria, Grecia,

Montenegro, Romania e Serbia.

 

 

Nei libri di storia viene infatti definita come "Lega Balcanica" la

coalizione dei "Popoli Balcanici" contro la Turchia nel 1912 e

come "Guerre balcaniche" quelle della Lega Balcanica contro la

Turchia nel 1912 e 1913 (la dissoluzione dell'Impero Ottomano a

consumarsi fra il 1908 e il 1922).

 

Da ora in poi il mosaico politico dei Balcani brillerŕ, tutto a suo

modo, tanto di grandi utopie quanto di piccoli Stati, eccezione

fatta proprio per la Repubblica Federale di Jugoslavia, inizi

seconda metŕ Novecento promotrice del "Movimento dei Paesi

Non Allineati", molti appunto del "Terzo Mondo", non appena

indipendenti nel corso  del processo di "decolonizzazione", forza

autonoma anti-colonialista e anti-imperialista nel postbellico

mondo bipolare delle due interferenti "superpotenze" di allora,

"neutralismo" affatto gradito né da Stati Uniti d'America né da

Unione Sovietica, con ben 85 fra Stati e Movimenti nel 1976 che

diventateranno 108 nel 1992, comunque nel 1979 all'Avana il

sofferto messaggio d'addio di Josip Broz Tito al Non

Allineamento, proprio da lui, insieme all'indiano Jawaharlah Nehru

e all'egiziano Gamal Abdel Naser, la visionaria triade trainante...

 

 

Oltre alle guerre nella Penisola Balcanica poi, anche tutte le lingue

qui parlate vengono assieme definite "balcaniche", pur

appartenenti a famiglie diverse - Albanese, Bulgaro, Greco,

Macedone, Romeno, Serbo-Croato oggi Bosniaco, Croato e Serbo,

Sloveno e Turco.

 

Č vero, nella Lingua Italiana moderna e contemporanea venivano

prima altrimenti fatti certi usi figurativi del termine per definire

sistemi instabili o metodi "non ortodossi" (qui dovremmo aprire

un'altra nota!...) a proposito di ebollizioni sociali e disordini

politici, anche un modo sui generis di fare le cose o anche non

farle, ma l'Italiano oggi parlato - il corrente l'unico "reale"! - per

definire il concetto a cui legittimamente si reagisce fa letterale

ritorno alle origini geografiche del termine, optando per "bulgaro",

come il famigerato "editto o  diktat o ukase bulgaro" di Berlusconi

il 18 aprile 2002, contro, a sua distorta opinione, l'"uso criminoso"

della TV pubblica da parte dei due giornalisti Enzo Biagi e Michele

Santoro e del comico Daniele Luttazzi, illecito quanto vigliacco

"invito" pressante alla dirigenza RAI ad "ostracizzarli", cosa che di

lě a poco puntualmente si realizzerŕ con l'immotivata ed illegale

estromissione dei tre dai palinsesti della statale Radio Televisione

Italiana!

 

 

La mia rubrica "Storie balcaniche - Dalmazia e dintorni" vuole,

naturalmente in modo scherzoso e assolutamente non offensivo

nei confronti dei locali interessati figuranti nei miei articoli, molti

di denuncia,e di eventuali lettori italofoni o con conoscenze della

Lingua Italiana,  giocare sulla stuzzicante ambiguitŕ della parola -

e quindi... ebbene sě, mea culpa!, dichiarandomi perň subito "non

colpevole" e sperando in una assoluzione piena dagli amici Croati

"perché il fatto non sussiste" o almeno in un marginale talmente

minimo da essere in pratica piů che trascurabile e, volendo,

generosamente perdonabile.

 

 

Grazie!