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Figli di un "altro" dio |
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I "fatti"? |
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Note di approfondimento |
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Nota #1 |
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La "mission impossible" |
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Il contingente ONU del "1(NL)VN Infanterie- bataljon", poi denominato "DUTCHBAT", dall'Inglese "Dutch (Air Mobile) Battalion" per "Niederländisches luftbewegliches Bataillon", "Battaglione Aerotrasportato Olandese", formato in fretta nel febbraio 1994 con elementi dalla Air Mobile Brigade, la "11 Luchtmobiele Brigade" delle Reali Forze Armate Olandesi, per partecipare alle operazioni internazionali sotto comando ONU di mantenimento della pace nell'Ex-Jugoslavia, in qualitŕ di United Nations Protection Force, la cosiddetta "UNPROFOR".
Gli verrŕ affidato l'arduo compito di difendere le tre enclavi bosgnacche create nel settembre 1994 dall'ONU nella Bosnia ed Erzegovina Orientale nei territori serbo-bosniaci, in particolare quella di Srebrenica, dichiarata "zona sicura", ovvero una particolare area garantita dalle Nazioni Unite come "rifugio protetto" per la popolazione civile sfollata dall'intera Bosnia ed Erzegovina Orientale durante la Guerra dei Balcani. |
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Quando nel luglio 1995 le Truppe Serbo-Bosniache del Generale Ratko Mladić attaccheranno l'enclave di Srebrenica, il "DutchBat III" risulterŕ come previsto incomparabilmente inferiore di numero e troppo insufficientemente armato per poterle bloccare né tantomeno tentare di respingerle, mentre il dapprima negato supporto aereo NATO richiesto dal contingente olandese verrŕ poi autorizzato sotto l'incalzare degli eventi, ma comunque malamente messo in atto e fuori tempo utile.
Fermo restando che sia l'attacco che l'occupazione dell'Enclave di Srebrenica da parte dei Serbo-Bosniaci vadano piuttosto lette come una spavalda, decisa al momento, contromossa di "alleggerimento" contro i pesanti bombardamenti NATO che stanno subendo nell'assedio di Sarajevo, piuttosto che una preprogrammata invasione.
La circostanza della cattura/non-cattura del "DuchBat" verrŕ infatti sapientemente utilizzata dai Serbo-Bosniaci mantenendosi sul filo di una voluta continua ambiguitŕ.
I loro toni oscilleranno infatti e di proposito tra beffardamente "amichevoli" e palesemente intimidatori con il Comando UNPROFOR sul posto e allo stesso modo fra argutamente "rassicuranti" e subdolamente ricattatori con i rappresentanti ONU durante la seguente trattativa di rilascio dei prigionieri/ospiti. |
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Per la pubblica opinione, e non soltanto bosniaca, la reputazione del "DutchBat" rimarrŕ comunque e per sempre indelebilmente vile e gravemente fallimentare, per non aver onorato il proprio mandato internazionale di protezione degli abitanti e dei rifugiati civili di Srebrenica.
Una macchia poi reputata insopportabile quanto immeritata dal personale militare all'epoca coinvolto nei tragici avvenimenti, tanto che nel 2016 molti veterani del Battaglione, anche con l'approvazione del loro Comandante di allora, arriveranno a citare in giudizio il Governo Olandese per "grave negligenza e disattenzione" riguardo a quella missione. |
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Sě, a Srebrenica gli Olandesi "capitoleranno", ma certamente non lo faranno da soli!
Perché innanzitutto durante tutte e quattro le rotazioni del Battaglione, ciascuna delle quali di circa 450 uomini, le truppe di "DutchBat" I, II, III e IV verranno sempre inadeguatamente addestrate e di certo scarsamente equipaggiate - solo con armi personali, mitragliatrici e due RPG anti-tank, Rocket-Propelled Grenade, cioč "lanciagranate portatili anticarro" da spalla...
A sede del Battaglione verrŕ poi scelta una vecchia fabbrica di batterie a Donji Potočari, la zona bassa di una frazione 5 chilometri a Nord di Srebrenica, con gli uomini costretti a sparpagliarsi in ben 30 postazioni diverse , di cui 8 cosiddetti "O.P." - Observation Point o "punti di vedetta" distribuiti lungo tutto il perimetro dell'Enclave di ben oltre 50 km (!) e in zona montana, fatto questo che ne renderŕ il personale di turno - come di fatto avverrŕ - estremamente facile oggetto di agguati e anche preda di catture da parte dei Serbo-Bosniaci.
Inoltre le R.O.E. - Rules Of Engagement, cioč le regole di ingaggio della Missione UNPROFOR Olandese per la protezione della popolazione civile dell'Enclave bosgnacca, imporranno ai peacekeeper ONU soltanto un estremo "eventuale uso della forza esclusivamente limitato all'autodifesa".
Da ultimo, come giŕ accennato, nonostante sotto impari, pesante e prolungato attacco, anche il supporto aereo NATO, da "DutchBat" richiesto con insistenza ai Comandi ONU, verrŕ all'inizio a lungo negato, ritardandolo fino a farlo diventare cosě rischioso e minimo, da renderlo impreciso e inefficace, "ufficialmente" perché in quel momento sul teatro di guerra in Bosnia ed Erzegovina "ancora proibito a truppe NATO quel tipo di intervento", ma attaccare ad esempio un convoglio ferroviario pieno di civili... quello sě!
Una storia che ha di per sé del surreale, dato che sarŕ di fatto proprio il Generale Olandese Atzo Nicolaď, a Sarajevo, che si rifiuterŕ dapprima di inoltrare le richieste ricevute dal "DutchBat" al Generale Francese Bernard Janvier, Quartier Generale ONU di Zagabria, giudicatele "non conformi agli accordi sulle richieste di intervento aereo", in quanto negli eventi di Srebrenica non si tratta (ancora per poco) di "atti di guerra con battaglie a fuoco" (!?!).
Di conseguenza solo quell'11 luglio Nicolaď finalmente inoltrerŕ a Janvier la prima richiesta di rinforzi quando ormai i carri armati serbo-bosniaci saranno giŕ entrati in Cittŕ, mentre alla seconda richiesta di supporto aereo, costretti gli altri velivoli a rientrare alle loro basi in Italia per rifornimento dopo essere rimasti a circolare per ore in attesa di ordini, solo due F-16 olandesi effettueranno alla fine un attacco, praticamente inutile e senza alcun effetto.
E, come se non bastasse, una formazione di aerei USAF non riuscirŕ nel frattempo neppure a raggiungere l'obiettivo, cosě, caduta ormai l'Enclave, quella missione verrŕ annullata dai Comandi ONU su insistenze del Ministro della Difesa dei Paesi Bassi, Joris Voorhoeve, a sua volta giŕ sotto ricatto dei Serbo- Bosniaci che ora minacciano velatamente rappresaglie contro i "Caschi Blu" ONU di "DutchBat".
A quel punto l'intera popolazione di Srebrenica e le decine di migliaia di profughi attratti da tutta la Bosnia Nord-Orientale con promesse di "Zona Sicura", ora sbandati e in preda al panico, o sceglieranno - in circa 15.000 (!) - la fuga a piedi verso la Base ONU di Tuzla gestita dai militari Svedesi, pur attraverso territori nemici (!) e campi minati (!) o, il resto, avrŕ del tutto inutilmente giŕ cercato rifugio riversandosi in massa verso la Base ONU di Potočari insieme ai militari Olandesi, entrambi due perfette trappole mortali!
I membri del "DutchBat", loro stessi increduli, storditi, sopraffatti e traumatizzati dall'attacco nonostante tutto "inatteso", loro stessi smarriti, impotenti, frustrati e impauriti di fronte, da un lato, a quella travolgente "valanga umana" di rifugiati comunque da gestire, dall'altro alla "arrogante" minaccia armata che gli preme addosso da parte delle Truppe di Mladić, incontrastabile.
Cosě da "protettori dei rifugiati" le Truppe ONU (!) si trasformeranno in "collaboratori degli occupanti", contribuendo di fatto - passivamente ed attivamente - addirittura alla separazione di uomini e ragazzi da donne, bambini e ottantenni, una scaltra manovra proposta con insistenza dai Serbo-Bosniaci "per cercare di tenere la situazione sotto controllo" cui gli Olandesi non sapranno opporsi con sufficiente determinatezza, psicologicamente succubi e fisicamente sottomessi, e a cui alla fine "abboccheranno" pur ben sapendo.
Assolutamente da notare, tutto questo alla faccia delle appena pronunciate "forti" dichiarazioni del Ministro della Difesa dei Paesi Bassi, il quale - a parole di merda - "assicurerŕ" che "in nessun caso le Truppe Olandesi potranno collaborare alla separazione degli uomini dal resto della popolazione civile"...
La sfortunatissima posizione geografica dell'Enclave di Srebrenica, dagli analisti militari definita mouse hole o mouse trap, cioč "trappola per topi", incastrata com'č in una strettissima vallata secondaria della grande Valle del Fiume Drina, completamente circondata da colline e montagne, renderŕ gioco facile per i Serbo-Bosgnacchi "sigillarla" ed il Battaglione Olandese incontrerŕ enormi difficoltŕ giŕ solo nel manterere i contatti fra Comando e unitŕ di vedetta, bloccate "in isolamento" nei rispettivi, lontani punti di osservazione.
Una situazione giŕ tesa divenuta ancora piů confusa e quasi ingestibile dopo l'incidente dell'appena trascorso 8 luglio, quando, cercando un blindato olandese, sotto attacco e in fiamme, di ritirarsi e, allo stesso tempo, alcuni Bosgnacchi di impedirglielo, con una improvvisata barricata alle spalle, per costringere il mezzo corazzato a restare a difenderli, una bomba a mano "amica" aveva ucciso uno dei soldati olandesi presi tra due fuochi... |
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Annientata dall'artiglieria dei carri armati pesanti avversari la resistenza della 28Ş Divisione di Fanteria da Montagna Bosgnacca, in pratica l'unica ad aver fino ad allora costituito la difesa armata della Cittŕ, ora i Comandi ONU si troveranno a dover inoltre affrontare l'inaspettato "sequestro" del "DutchBat" da parte delle Forze Serbo-Bosniache, che faranno intendere possibili rappresaglie contro i loro "ospiti".
Insomma durante la terza rotazione del "DutchBat", le truppe di Mladić non solo attaccheranno e conquisteranno la Cittŕ e l'intera Enclave l'11 luglio 1995, ma ne faranno prigionieri popolazione rimasta, provatissima dopo quattro anni di guerra, e profughi nel frattempo rifugiativisi da tutto il circondario, credendo di mettersi in salvo in zona ONU dichiarata "sicura", prendendo inoltre in ostaggio lo stesso Battaglione UNPROFOR, lě inviato dalle Nazioni Unite proprio con la missione di "garantire" l'incolumitŕ di entrambi! |
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La massa incolonnata di 15 mila sfollati in disperata fuga a piedi verso la Base ONU dei "Caschi Blu" Svedesi di Tuzla verrŕ ovviamente piů volte attaccata prima di arrivare a destinazione, ma oggi sappiamo come ben peggior sorte aspetterŕ la maggior parte degli abitanti di Srebrenica e i profughi rimasti, che si precipiteranno tutti insieme a cercare protezione nella adiacente Base ONU dei "Caschi Blu" Olandesi di Potočari.
Il Generale Mladić si incontrerŕ quindi con il Colonnello Karremans, Comandante del "DutchBat", giocando come un gatto col topo, costringendo lui ed i suoi superiori ad un "accordo" per la consegna formale dell'Enclave alle sue Truppe, con la falsa promessa di provvedere loro ad evacuare in due fasi successive tutta la popolazione bosgnacca a luogo piů sicuro, di fatto subdolo pretesto per poter separare, giŕ nell'organizzazione del "primo turno", donne, bambini in tenera etŕ e ultravecchi da uomini e ragazzi di tutte le etŕ.
La terrificante "cernita", non dissimile da quella che si fa con gli animali, greggi e mandrie chiuse in recinto, causerŕ strazianti separazioni di famiglie, parenti e amici, gente che non potrŕ fare altro che disperarsi non sapendo cosa stia succedendo agli altri da cui č stata forzatamente allontanata, ma nulla al confronto di cosa purtroppo giŕ sta succedendo.
Da Srebrenica i Serbo-Bosniaci trasferiranno infatti solo donne e bambini, anche se il personale del Battaglione olandese crederŕ - o vorrŕ credere - che lo abbiano fatto anche con uomini e ragazzi.
Cosě, dopo una decina di giorni di "prigionia", i giovani e "inesperti" militari ONU verranno liberati al termine delle in casi come questo "solite trattative ad alto livello", piů che comprensibilmente felici di poter finalmente lasciare l'Enclave (anzi, a dire il vero, ad un certo punto in evidente stato di "ebbrezza"...), mentre degli uomini e ragazzi bosgnacchi che avrebbero dovuto difendere non rimarrŕ in vita "nessuno" (talmente sparuto il numero di chi salverŕ fingendosi morto da contarsi sulle dita) lontano da interferenze ed occhi indiscreti durante lo stesso periodo sistematicamente eliminati - oltre 8 mila fra i 13 e i 78 anni di etŕ!
Da fine luglio a novembre 1995 il "DutchBat", ormai "assolto" il contingente il proprio compito a Srebrenica, verrŕ nella sua quarta rotazione, "DucthBat IV", limitato a "difendere" i rifugiati di Simin Han, alla periferia di Tuzla...
Quando il massacro di Srebrenica, sospettato da subito (!), non potrŕ piů essere tenuto nascosto e comincerŕ a venire tragicamente svelato dai mass media man mano nelle sue reali "inverosimili dimensioni e inimmaginabili modalitŕ", con proprorzionalmente crescente impatto sull'opinione pubblica internazionale, nei Paesi Bassi le notizie porteranno a una indipendente indagine ufficiale da parte dell'"Istituto Olandese per la Documentazione della Guerra", che durerŕ ben 7 anni ed il cui Rapporto finale "Srebrenica: una zona ‘sicura’", pubblicato nel 2002, in pochi giorni porterŕ alle dimissioni di Willem Kok, dal 1994 Primo Ministro, e alla conseguente caduta del suo Governo.
Nelle 3.400 pagine verranno duramente criticati politici e alti comandi militari, accusati di essere colpevoli di negligenze anche di carattere penalmente perseguibile, per non aver saputo prevenire il massacro. |
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A dir poco devastanti infatti le conclusioni del Rapporto NIOD:
- il personale della missione UNPROFOR non adeguatamente addestrato
- assenza di coordinamento tra i Ministeri Difesa e Affari Esteri
- carenza di mezzi in dotazione al contingente per assicurarne il successo
- insufficiente potenza di fuoco a terra ed inadeguato controllo degli attacchi aerei
- mancato supporto NATO come richiesto dal Comandante "DutchBat"
- insomma eclatante fallimento politico-militare sia Olandese che ONU! |
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Come in seguito verrŕ molto duramente criticata, sia dall'opnione pubblica nazionale che internazionale, ma soprattutto dai sopravvissuti e dalle famiglie delle vittime di Srebrenica, la "decorazione" (!?) concessa nel 2006 dal Ministro della Difesa ai veterani di "DutchBat III".
Nel 2007 l'Associazione dei parenti delle vittime del massacro di Srebrenica arriverŕ addirittura a presentare al Tribunale dell'Aja una denuncia contro il Governo dei Paesi Bassi e l'ONU per le rispettive negligenze e colpevolezza nel "genocidio di Srebrenica".
E verso la fine dello stesso anno ex membri del "DutchBat III", in visita al Memoriale di Potočari per "rendere omaggio" alle vittime dell'eccidio, verranno apertamente osteggiati e rifiutati dalla medesima Associazione.
Quindi devastanti a livello umano anche le conseguenze per gli stessi veterani, secondo le testimonianze proprie dell'ex personale del Battaglione:
- il 65% di loro lascerŕ l'Esercito
- il 40% necessiterŕ da allora e tuttora professionale sostegno psicologico
- il 10% mostrerŕ sintomi di gravi disturbi post-traumatici (anche se i responsabili sanitari ne riterranno la percentuale di molto superiore).
Nel 2013 e 2014 la Corte dell'Aja condannerŕ infine con due separate sentenze lo Stato Olandese "civilmente responsabile" per l'uccisione di oltre 300 musulmani bosniaci durante la fase iniziale della strage e quindi, di conseguenza, a risarcire le loro famiglie. |
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Nota #2 |
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La "tempesta perfetta" |
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Secondo il Rapporto dello Human Rights Watch /Helsinki, 31 luglio-23 agosto 1995 (!), la caduta della Cittŕ di Srebrenica e della sua Enclave sotto l'attacco sferrato dalle Forze Serbo-Bosniache a luglio 1995 smentisce platealmente l'impegno professato dalla Comunitŕ Internazionale a garantire la sicurezza delle aree dichiarate "Zone Sicure", ponendole sotto la "protezione" delle Nazioni Unite nel 1993.
Vi vengono apertamente accusati i funzionari ONU per non aver saputo ascoltare, recepire e soddisfare le insistenti richieste di supporto militare dai propri peacekeeper nell'Enclave, consentendo cosě alle Truppe Serbo-Bosniache di entrarvi senza incontrare neppure una pur minima "resistenza". |
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Ma non solo: anche di effettuarvi - oltretutto indisturbati, anzi addirittura in certa misura "coadiuvati" - una sistematica "pulizia etnica", connotata da trattamenti inumani dei prigionieri prima delle esecuzioni di massa di migliaia di civili bosgnacchi, principalmente uomini e ragazzi.
E ancora: inoltre di terrorizzarvi, stuprarvi, malmenarvi, giustiziarvi e derubarvi a piacimento anche il resto della popolazione ed abusarvi in ogni modo possibile dei profughi, lě riversativisi per anni da tutta la Regione Nord-Orientale della Bosnia ed Erzegoviena, nell'illusione di trovare proprio lě, in quell'Enclave ufficialmente definita "zona protetta ONU", un rifugio "garantito" sicuro. |
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Human Rights Watch č una ONG, cioč un'Organizzazione Non Governativa, internazionale e indipendente, in difesa dei diritti umani.
Con sede principale a New York, identifica, analizza e denuncia qualsivoglia violazione delle leggi e norme internazionali sui diritti umani, cosě come definiti dalla "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo", il codice etico del 1948 e documento basilare delle Nazioni Unite insieme al suo stesso Statuto, e da tutte le altre regolamentazioni internazionalmente accettate al riguardo.
Lo scopo quello di porre eventuali abusi all'attenzione della Comunitŕ Internazionale, perché possa essere imposto ai Governi imputati un piů civile adeguamento dei comportamenti in atto e, soprattutto, delle relative leggi nazionali che ne limiteranno in futuro le modalitŕ.
Le ricerche dello HRW sono "proattive", sistematiche, metodiche e dinamiche, mirate alla scoperta e alla denuncia attraverso intensa esposizione mediatica di ingiustizie, siano esse giŕ conosciuti e ancora consolidati discrimini a livello internazionale ovvero preoccupanti situazioni di emergenza per Comunitŕ locali, soprattutto minoranze arbitrariamente esposte ad atti di violenza. |
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In pratica casi di discriminazione religiosa, razziale, politica, utilizzo di tortura, abuso di bambini per scopi bellici, cosiddetti "bambini-soldato", corruzione politica, arbitrarietŕ in procedure di giustizia penale...
E, purtroppo sempre piů spesso, soprattutto violazioni delle leggi di guerra, il cosiddetto "diritto bellico", l'insieme cioč di norme giuridiche - a livello sia nazionale che internazionale - che disciplinano "mezzi e metodi di guerra", che limitano e regolamentano cioč le armi, il loro impiego e, piů in generale, la condotta delle parti in un conflitto armato, oltre che crescenti violazioni delle leggi umanitarie internazionali in situazioni e teatri bellici.
Questo particolare Rapporto č il risultato di una indagine condotta dai rappresentanti di Human Rights Watch per registrare, passo dopo passo, gli eventi che portano a, durante e subito dopo la caduta dell'"Area Sicura" di Srebrenica, individuandovi le violazioni anche dei piů elementari diritti umani da parte dei Serbo-Bosniaci, vuoi truppe militari regolari, vuoi bande paramilitari che le affiancano - e a volte sostituiscono - nei "lavori sporchi".
Gli abusi durante la loro invasione, occupazione e gestione dell'Enclave si articolano essenzialmente, oltre che nella devastazione del territorio e generica distruzione di proprietŕ privata a scopo intimidatorio, nei diretti atti di violenza e terrore contro donne, bambini e anziani e nelle premeditate e barbaramente portate a compimento esecuzioni di massa di uomini e ragazzi.
Anche l'esodo, attraverso territori controllati dai Serbo-Bosniaci nella Bosnia ed Erzegovina Nord-Orientale, che circa metŕ dei profughi, quelli dal primo momento in fuga dall'enclave, si troverŕ a dover affrontare nella speranza che li possa portare in salvo, finirŕ miseramente per molti di loro, in una serie di agguati ed esecuzioni sommarie in numerose localitŕ lungo tutto il tragitto, che porteranno all'eliminazione di migliaia piuttosto che centinaia di persone, soprattutto uomini, ma non esclusivamente.
La stima di queste atrocitŕ - probabilmente ad oggi ancora non tutte scoperte e rivelate - si basa sulle dirette testimonianze dei sopravvissuti, la maggior parte dei quali poi in grado di individuare le aree ed i luoghi specifici delle esecuzioni di massa, sia all'interno dell'enclave di Srebrenica che in numerose zone comprese e strette fra i confini fluttuanti delle zone a turno controllate rispettivamente dai Governi Serbo-Bosniaco e Bosniaco-Federale. |
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"Pessima la gestione della crisi" da parte delle Truppe ONU di peacekeeping nell'Enclave - UNPROFOR - United Nations Protection Force - e nella Regione - UNPF - United Nations Peace Forces!
A cominciare dalla "codarda capitolazione" degli Ufficiali in comando tattico sul campo, ancor prima della caduta di Srebrenica, fino alla loro probabile distruzione di indizi e prove delle massicce violazioni dei diritti umani avvenute, subito dopo la caduta della "Zona Sicura".
Al riguardo viene segnalato anche come altamente sospetto il "deprecabile smarrimento" (tale verrŕ infatti dichiarato da parte del Ministero della Difesa dei Paesi Bassi!) di una cruciale lista di uomini e ragazzi bosgnacchi poi risultati "dispersi".
Come altrettanto altamente sospetta viene definita la quasi di sicuro volontaria e consapevole distruzione di un nastro di riprese video, che avrebbe mostrato soldati serbo- bosniaci impegnati in esecuzioni extragiudiziali, documento provatamente giŕ in possesso delle truppe ONU olandesi ed esaminato dai suoi Comandi (!). |
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Il cessate il fuoco raggiunto nel frattempo in Bosnia ed Erzegovina e la generale euforia che accompagnerŕ un talmente significativo passo in avanti nel processo di riappacificazione dei Balcani, non dovrebbero perň essere lasciati oscurare il fatto che nessun accordo di pace potrŕ mai ritenersi legittimo o, tantomeno, stabile, senza aver prima reso piena giustizia per gli abusi commessi durante il conflitto, in arrogantemente sfacciata e spregiante violazione dei diritti umani.
Le atrocitŕ di Srebrenica descritte nel Rapporto dei ricercatori dello Human Rights Watch di Helsinki al pari delle inenumerabili altre precedenti perpetrate nell'intera Ex-Jugoslavia, impongono alla Comunitŕ Internazionale un totale impegno - senza limiti di tempo alcuni né altri sconti o scusanti - ad una giustizia completa, che cioč, se da un lato sappia riconoscere, soddisfare e risarcire le vittime per le sofferenze, le perdite ed i lutti subiti, dall'altro indaghi a fondo per documentarli e verificarli, cosě che se ne possa con certezza attribuire la matrice fino a dare un nome a e punire i colpevoli individualmente, inchiodandoli alle proprie personali responsabilitŕ nei rispettivi ruoli ricoperti durante la Guerra dei Balcani. |
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Nota #3 |
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"Peggio" di cosě... |
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Nel 1993 il Governo dei Paesi Bassi si offrirŕ di contribuire per un anno e mezzo alle operazioni internazionali ONU di peacekeeping nei Balcani, mettendo a disposizione un Battaglione di Fanteria Leggera Aviotrasportata, inclusi mezzi e servizi logistici, da cui le rispettive denominazioni "DutchBat" e "Support Command", cioč "Battaglione Olandese" e "Truppe di Supporto", a costituire insieme un'unitŕ militare di circa 1.200 uomini.
Nonostante la preferenza espressa dagli Olandesi di venire impiegati nella Bosnia ed Erzegovina Centrale, per capirci quella controllata dalla Federazione Bosniaca Croato-Bosgnacca, i Comandi ONU della Regione, "UNPROFOR-BH", con Quartier Generali a Kiseljak e Sarajevo, decideranno che il "DutchBat" debba invece andare a sostituire il Contingente Canadese di Srebrenica, nella Bosnia ed Erzegovina Nord- Orientale, una di tre Enclavi bosgnacche in un territorio altrimenti controllato dai Serbo- Bosniaci. |
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550 uomini del Battaglione, un "corpo d'elitč" (poi alla fine perň stranamente ed ipocritamente definiti "giovani e inesperti" alla resa dei conti !?!), vi saranno destinati ad inizi 1994, tra cui un'unitŕ specializzata nel risanamento di terreni da esplosivi, un'unitŕ di esploratori e gli equipaggi, con relativo personale di supporto tecnico a terra, di quattro MBB Bo-105 - Messerschmitt- Bölkow-Blohm a doppio motore, elicotteri leggeri dell'Aviazione Militare, spesso impiegati anche a fini civili come eliambulanza, dalla Polizia e in servizi di collegamento offshore.
Mentre i primi 155 soldati entreranno a Srebrenica senza difficoltŕ e vi si stabiliranno come pianificato, dal 1 marzo, il resto dell'unitŕ rimarrŕ, gran parte poi praticamente in modo permanente, a Simin Han, appena fuori della Cittŕ di Tuzla, ad oltre 100 km di distanza a Nord-Ovest dell'Enclave, mentre gli elicotteri, non ottenuti i nulla osta e permessi necessari per volare a Srebrenica, dovranno forzatamente rimanere bloccati a Lucavac, una localitŕ sempre nelle vicinanze ma ad Ovest di Tuzla, nei pressi della diga lel Lago artificiale di Modrac, dove troverŕ sede anche l'unitŕ logistica del "Support Command".
Dato il ribadito netto diniego dei Serbo-Bosniaci al trasferimento degli elicotteri ONU a Srebrenica, dopo la presa e completa distruzione del villaggio di Podravno, appena fuori della "Zona Sicura" ONU a poco piů di 6 chilometri Sud-Est di Srebrenica, la prevista funzione logistica di collegamento aereo con l'Enclave dovrŕ essere alla fine giocoforza annullata ed i velivoli ritirati definitivamente dalla missione nel settembre di quello stesso anno.
Cosě per tutto il periodo durante il quale "DutchBat" vi rimarrŕ di stanza, i Serbo-Bosniaci non incontreranno difficoltŕ nel cercare di ostacolarne i trasporti per e da Srebrenica ogni volta che potranno, a cominciare dallo stesso attraversamento dei convogli "Ductchbat", spesso accusati di lasciapassare ONU "burocraticamente" non del tutto corretti o di trasporti "eccessivi" di ammunizioni e per questo a lungo bloccati e controllati prima di poter entrare nell'Enclave (come pure all'inizio addirittura non verranno lasciati uscire neppure i 180 Canadesi sostituiti, tenuti bloccati in Cittŕ !?).
Un tira e molla continuo, intervallato solo da brevi parentesi, frutto di pressioni e mediazioni di Russi e Potenze Occidentali, come quando verrŕ concesso un permesso speciale di temporanea riapertura dell'Aeroporto di Tuzla, giusto quanto basti per garantirvi il transito di aiuti umanitari.
"DutchBat" arriverŕ comunque a contare circa 350 uomini nell'Enclave, sempre comunque soggetti a difficoltŕ di rifornimenti, anche alimentari, quando arriverŕ loro la richiesta delle Nazioni Unite di "difendere Srebrenica da sempre piů probabili attacchi", richiesta estesa anche al secondo Contingente di stanza a Žepa, l'altra Enclave Bosgnacca subito a Sud di quella di Srebrenica.
Ma con la cattura di Podravno sarŕ infatti ormai piů che evidente come il disegno dei Serbo-Bosniaci sia quello di consolidare, estendere e rafforzare le proprie posizioni al fine di separare Srebrenica da Žepa, 40 chilometri circa l'una dall'altra, una mossa strategica che da subito creerŕ forti difficoltŕ per il Quartier Generale "DutchBat" a mantenere efficienti i contatti con entrambi le Enclavi Bosgnacche. |
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90 chilometri a Nord-Est di Sarajevo, l'Enclave di Srebrenica comprende quella che una volta era una tranquilla cittadina, con moderni edifici costruiti a corona tutt'intorno ad un piccolo centro storico, con un noto complesso di acque termali ed una piccola zona industriale con una fabbrica di mobili, una di marmi ed una tessile.
Prima della guerra con una popolazione di appena 6.000 abitanti a maggioranza bosgnacca, distribuita anche nella vicina Frazione di Potočari, poco piů a Nord, divisa in Gornji e Donji, cioč una zona "di Sopra" ed una "di Sotto", lungo la strada "R 453" intitolata al Maresciallo Tito, con una zona industriale secondaria su una spianata fra due biforcazioni stradali verso Ovest, comprendente una fabbrica di cemento, un'officina per autocarri, una fabbrica di batterie ed un deposito di autobus. |
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Durante l'evolversi della guerra l'Enclave di Srebrenica si formerŕ proprio intorno a questo doppio cuore cittadino di Srebrenica e Potočari, una zona dal perimetro necessariamente frastagliato lungo i profili montani, ma di superficie dalla forma pressoché circolare di circa 180 chilometri quadrati, 16 chilometri di diametro sull'asse Sud-Nord per 14 chilometri su quello Est-Ovest, con una asimmetria sbilanciata verso Ovest, punteggiata di piccoli villaggi, baite, fattorie e altri caseggiati.
Tutt'intorno una corona ininterrotta di colline e montagne a chiudere interamente l'enclave - le colline piů alte a Nord, Lisina e Jabuco, con sul lato Est picchi montani boscosi di circa 1.000 metri, a Sud altre montagne, tra cui il Monte Kak, dalle panoramiche mozzafiato, ed infine ripide creste montane ad Ovest, incontaminate e quasi del tutto prive di vegetazione - con al centro altri boschi, terreni incolti, frutteti e zone boscose ad intercalare vigneti ed areali agricoli da semina.
La cosiddetta "rete stradale" all'interno dell'Enclave scarnamente articolata, appunto con innanzitutto l'arteria principale , la "R 453", che parte tra i due punti di osservazione ONU "O.P. Echo" e "O.P. Foxtrot" a Sud, la vera e propria "porta dell'Enclave", e poi, snodandosi su su per tutta la sua lunghezza, attraversa sia Srebrenica prima che poi Potočari Donji, fino a "O.P. Papa" a Nord, quindi, dal centro cittadino verso Ovest, la strada secondaria trasvesale, di collegamento con il tratto della "R 452" tra Palež e Milići, attraversando il confine dell'Enclave tra "O.P. Alfa" e "O.P. Charlie", e dal lato opposto, verso Est, una strada malamente asfaltata attraverso la discarica nelle vicinanze di "O.P. Romeo", infine tutti gli altri tracciati solo strade minori, alcune parzialmente asfaltate e altre interamente sterrate, di conseguenza non percorribili in condizioni meteorologiche avverse.
Fino a metŕ Anni Ottanta la popolazione di Srebrenica a maggioranza bosgnacca - 60-70% Bosgnacchi e il restante 30-40% Serbo-Bosniaci - vivrŕ pacificamente in buoni rapporti di vicinanza, gli uni accanto agli altri in quartieri separati, come pure nell'altro centro cittadino, Bratunac, nell'adiacente distretto a Nord, anche se giŕ poco dopo la morte di Tito in tutta l'area andranno formandosi partiti e partitini politici di ogni genere, i piů fondati proprio sulla discriminante delle due "etnie" e quindi animati, come č naturale aspettarsi, da forti sentimenti "nazionalistici".
Quando i vari raggruppamenti bosgnacchi cominceranno ad acquisire sempre piů potere politico-amministrativo locale, le minoranze serbo-bosniache delle Comunitŕ della Bosnia ed Erzegovina Nord-Orientale si sentiranno progressivamente "minacciate", cosě per la vicina Serbia di Slobodan Milošević non sarŕ difficile cavalcare il clima di crescente tensione per avviare una campagna propagandistica che torni a caldeggiare l'antico
"sogno"
delirante di una "Grande Serbia".
Quanto basterŕ ad innescare una prevedibile serie di animositŕ e di paure, provocazioni e reazioni fra Bosgnacci e Serbo-Bosniaci, in una "spirale" di grave e veloce deterioramento delle relazioni di buon vicinato pazientemente costruite per decenni, facendo ricadere entrambi le "etnie" vittime dei fantasmi di un passato violento che sembrava ormai superato.
Riesumare il passato significherŕ inesorabilmente allontanarsi di nuovo gli uni dagli altri per andare a schierarsi lungo una linea di demarcazione tra "giusto e sbagliato" che ciascuno disegna a suo modo , anche se, nonostante ciň e nonostante le Guerre di Slovenia e Croazia giŕ in corso, il Governo Bosniaco vorrebbe mantenersi "fiducioso" nella reale possibilitŕ di rimanere "fuori dal conflitto".
Forse... se non fosse per Radovan Karadžić, futuro primo Presidente di Republika Srpska, che, al potere, si metterŕ immediatamente ad armare "militarmente" le minoranze serbo- bosniache con il supporto attivo della vicina Serbia, mentre di Bosgacchi armati resteranno soltanto la Polizia e pochi cacciatori... |
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La polarizzazione degli schieramenti politici, ora fortemente "etnicizzati", si acutizzerŕ arrivando ad estremo compimento quando, nell'aprile 1992, a 10 chilometri a Nord di Srebrenica si materializzerŕ improvvisamente sulla scena la prima unitŕ regolare di Serbo-Bosniaci, equipaggiata con divise ed armi giŕ dell'Esercito Federale Jugoslavo ed affiancata inoltre da gruppi para-militari, frutto del frazionamento politico locale intorno a personaggi tanto fanatici quanto "carismatici", molto piů aggressivi delle unitŕ regolari e che passeranno senza troppi indugi a mettere in atto azioni intimidatorie contro la popolazione bosgnacca.
Di lě a poco proprio queste "bande", ancor prima dei militari, cercheranno anche di disarmare la controparte, sia Polizia che privati, cementando cosě la definitiva "scissione" delle Comunitŕ locali, giŕ oltremodo ben avviata a livello psicologico e emotivo, in Serbo-Bosniaci e Bosgnacchi, e finendo per farla implementare addirittura come partizione fisica del territorio, una divisione in "aree bosgnacche" ed "aree serbo-bosniache". |
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Si passerŕ a dar la "caccia al Musulmano", finanche a Srebrenica, dove perň il disarmo della Polizia fallirŕ, soprattutto perché a quel punto i suoi membri, in prevalenza Bosgnacchi, giŕ "alla macchia" nei boschi circostanti, dove, grazie alla loro ottima conoscenza del territorio, potranno rimanere a lungo e con facilitŕ ben nascosti, soprattutto nei boschi in montagna.
Un vero "giro di boa" ed č precisamente "ora" che l'intera popolazione dell'Ex Jugoslavia si renderŕ conto dell'"inevitabilitŕ" e l'"irreversibilitŕ" degli eventi nel processo bellico.
Molti degli abitanti di Srebrenica - tra i Bosgnacchi come tra i Serbo-Bosniaci - decideranno che sia proprio arrivato inderogabile il momento di lasciare, pur con la morte nel cuore, le proprie case, per trasferirsi a Tuzla, tra questi la maggior parte dei politici piů in vista ed i principali amministratori locali, se non tutti...
Alcuni dei Serbo-Bosniaci, avviliti e preoccupati, se ne andranno dalle proprie Comunitŕ per evitare che il precipitare degli eventi li coinvolga, loro malgrado, in una guerra fratricida contro quelli che fino a ieri erano loro "amici" e "vicini", altri, al contrario, vi rimarranno con la chiara intenzione di arruolarsi nelle Forze Militari Serbo-Bosniache o addirittura di unirsi a qualche gruppo paramilitare, come accadrŕ ad esempio a Bratunac, dove un manipolo di Serbo-Bosniaci armati sceglierŕ di rimanere proprio per imporsi con la forza sul resto della popolazione, anche qui a maggioranza bosgnacca. |
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Nei primi mesi del 1992 le intimidazioni dei Serbo-Bosniaci contro i Bosgnacchi proseguiranno in un crescendo che culminerŕ nel formale ultimatum di consegna delle armi "entro e non oltre le ore 10 del 18 aprile".
Giŕ l'indomani i primi bombardamenti dall'area di Bratunac a colpi di mortaio contro Donji Potočari ed i piccoli villaggi sparsi tutt'intorno, da cui perň la popolazione sarŕ giŕ riuscita a fuggire, un attacco immediatamente seguito da scorribande del gruppo paramilitare "Arkanovic" che, sempre da Bratunac, scenderŕ a Potočari per darsi allo sciacallaggio in abitazioni private fino a notte per poi lě accamparsi in una fabbrica. |
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Lunedě 20 aprile un gruppo armato della controparte, costituito da una ventina di Bosgnacchi al comando di Naser Orić - poi Ufficiale nella ARBiH - Armija Republike Bosne i Hercegovine, l'"Esercito Regolare della Federazione Bosniaca" costituitosi proprio a metŕ aprile 1992 subito dopo la "Dichiarazione di Indipendenza" - contrattaccherŕ la banda "Arkanovic", uccidendone molti membri e portandosi via armi in gran numero e veicoli.
La stessa notte altri gruppi, per un totale di 50-60 Serbo-Bosniaci, lascerŕ Bratunac dirigendosi su Potočari con l'intenzione di "vendicare la sconfitta subita e i propri morti", solo che i Bosgnacchi di Orić a quel punto si saranno giŕ ritirati nei boschi sulle montagne con armi e mezzi di trasporto, mentre anche quei pochi abitanti fino ad allora rimasti nel villaggio si sarŕ data alla fuga per evitare rappresaglie, per cui i paramilitari serbo-bosniaci dovranno accontentarsi della molto magra soddisfazione di dare alle fiamme la locale stazione degli autobus, un'officina dei camion e qualche casa di quelle ancora rimaste illese.
Da quel momento in poi la stessa Srebrenicaverrŕ tenuta sotto continuo bombardamento fino al 10 maggio, anche a supporto di Truppe Serbo-Bosniache che, affiancate da gruppi paramilitari, tenteranno volta dopo l'altra di occupare la Cittŕ, riuscendo perň solo a sciacallare in qualche casa di Bosniacchi nei dintorni, lě spesso indirizzati ed aiutati da loro vicini, per cui sempre piů Bosgnacchi sceglieranno piuttosto di andarsene a cercare rifugio sulle montagne.
Neppure la cosiddetta "Battaglia di Srebrenica" del 6 e 7 maggio consisterŕ in un piů coordinato attacco militare di artiglieria contro la Cittŕ, quanto piuttosto un'incontrollata, anzi confusa, grande mischia di guerriglia fra Bosgnacchi e Serbo-Bosniaci, tutta concentrata nell'area della Fortezza Turca.
Durante lo scontro i Serbo-Bosniaci godranno del vantaggio di un supporto di fuoco dalle aree di Bratunac e Zalazje fornito da truppe dell'JNA - Југословенска Hародна Aрмија o Jugoslovenska Narodna Armija, l'"Armata Popolare" della SFRJ/СФРЈ - Социјалистичка Федеративна Република Југославијаex o Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, la dissolta "Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia" (!).
Una delle milizie serbo-bosniache che prenderanno parte alla battaglia, quella nata dal partito "estremista" serbo-bosniaco S.D.S., il "Partito Democratico Serbo" dell'ex-giudice di Srebrenica, Goran Zekić, uno dei principali responsabili del riaccendersi dei contrasti etnici nella regione.
Quando l'8 maggio Zekić, tornando al suo Quartier Generale dopo aver presenziato al funerale di uno dei caduti nel cimitero vicino allo Stadio Comunale, finirŕ vittima di un agguato tesogli da tre uomini di Orić, la sua improvvisa morte farŕ a sua volta cadere nel panico i Serbo-Bosniaci rimasti a Srebrenica, i quali abbandoneranno definitivamente la cittŕ lasciandola interamente in mani bosgnacche, non senza perň aver prima vendicato il proprio leader, assassinando brutalmente un centinaio di uomini proprio in quel centro sportivo... (!) |
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Orić, sempre piů figura chiave tra i Bosgnacchi della zona, decide allora di sfruttare la confusione creata tra le file serbo-bosniache contrattaccando i loro villaggi nel circondario, tutti meno quello di Cimanici, che sottoscriverŕ un patto di lealtŕ arrendendosi a lui e consegnandogli le armi, patto poi effettivamente rispettato da entrambi le parti.
Il suo gruppo si alleerŕ inoltre, pur tra sospetti, malumori e tensioni, con altri due gruppi armati bosgnacchi, quelli di Hakija Meholić, ex Comandante della Polizia di Srebrenica, e Zulfo Tursunović, ex galeotto che ha scontato 10 anni di prigione prima dell'inizio della guerra. |
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Ad ogni modo riuscirŕ, proprio grazie al supporto dei suoi nuovi alleati, a creare per la prima volta una vera e propria "linea di difesa" intorno alla Cittŕ di Srebrenica, con truppe sempre militarmente meglio addestrate, un progresso qualitativo questo strategico e tattico da parte dei Bosgnacchi, che sorprenderŕ e spesso finirŕ col confondere fortemente i Serbo-Bosniaci sul campo di battaglia.
Sfrutterŕ anche furbamente e al massimo l'innato terrore dei Serbo-Bosniaci per i combattenti "Mujaheddin", letteralmente i "soldati della Guerra Sacra", facendo vestire i suoi uomini come loro, e sceglierŕ proprio le date delle festivitŕ e ricorrenze cristiano-ortodosse dei Serbo-Bosniaci per attaccare di sorpresa un nemico magari non preparato al meglio a difendersi, come ad esempio a Zalužje, nei pressi di Bratunac.
Continuando ad ampliare il numero di alleati, ad esempio aggiungendovi il gruppo di Hamdija Fejzić ed altri ancora nella Bosnia ed Erzegovina Centrale, passo dopo passo Orić riuscirŕ ad attaccare, conquistare ed annettere sempre piů vasti territori giŕ sotto controllo serbo-bosniaco nella Bosnia ed Erzegovina Orientale.
Comunque anche lui commetterŕ un gravissimo errore strategico- logistico, che perň da solo basterŕ a porre fine alla sua marcia vittoriosa, in quanto, invece di conquistare prima Bratunac subito a Nord, mettendo cosě al sicuro il per lui e per i suoi cruciale corridoio di rifornimento costituito dalle strade "R 452", "R 453" (attraverso Potočari e Srebrenica) e "R 354", forse inebriato dalle tante vittorie, cercherŕ invece di pressare quanto piů possibile i Serbo-Bosniaci lontano ad Est, fino a Skelani, spingendoli con le spalle al Fiume Drina e oltre.
Tutto andrŕ secondo i piani, l'attacco avrŕ grande successo e in pochi giorni i Bosgnacchi potranno finalmente issare la loro bandiera sul ponte sul Drina a Skelani, ma nel frattempo, alle loro spalle, i Serbo-Bosniaci avranno l'opportunitŕ di prepararsi a sferrare il piů micidiale "contrattacco" pensabile, con le proprie truppe, altre di rinforzo chiamate da tutta la Bosnia ed Erzegovina, il prezioso supporto di bombardamenti di artiglieria pesante e di attacchi aerei, addirittura nelle loro fila truppe mercenarie russe ed ungheresi...
Il 20 gennaio 1993 il contrattacco arriverŕ violento come un'ondata di piena, infliggendo ai Bosgnacchi gravissime perdite su tutto il fronte - uomini, mezzi e territori: Kamenica sarŕ la prima a cadere, seguita da Cerska e Konjević Polje, "incidente di percorso" questo che si dimostrerŕ una vera catastrofe anche umanitaria, perché genererŕ un enorme flusso di rifugiati civili in fuga verso Srebrenica.
I Bosgnacchi si ritroveranno all'improvviso di nuovo bloccati all'interno della loro Enclave, da adesso in poi impotenti sotto i pesanti bombardamenti nemici, i quali cesseranno soltanto il 6 maggio seguente, grazie all'arrivo a Srebrenica del Generale francese Philippe Morillon, allora Comandante delle Forze ONU in Bosnia ed Erzegovina.
Posta cosě all'attenzione mediatica internazionale, la "questione di Srebrenica" diverrŕ prioritaria per le Nazioni Unite, che decideranno di eleggere l'Enclave a "Safe Area", cioč "Zona Sicura", di avviarne con effetto immediato la "demilitarizzazione" (evitando in extremis che i Serbo-Bosniaci la "cancellino" completamente, come "intendono" fare, dalla faccia della Terra !!!) e di inviarvi un'Unitŕ Canadese ONU UNPROFOR a "garanzia" del rispetto di tali decisioni. |
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Fin qui il meno conosciuto "preludio" che porterŕ alla tragica fine di Srebrenica.
Da qui in poi la catastrofe umana dello ormai piů noto epilogo, incluso - ahimč! - l'"apocalittico genocidio" di oltre 8.000 Bosgnacchi - come da precedenti piani! |
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Aggiornamento |
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Ratko Mladić |
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8 giugno 2021 Confermata in appello la condanna all'ergastolo |
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Ratko Mladić, Ратко Младић, criminale di guerra, Capo di Stato Maggiore Forze Armate Republika Srpska, la "Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina" nella Guerra dei Balcani 1992- 1995.
1995 accusato dall'ICTY - The International Tribunal for the Prosecution of Persons Responsible for Serious Violations of International Humanitarian Law Committed in the Territory of the Former Yugoslavia since 1991, o piů comunemente International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia - il "Tribunale Penale Internazionale per l'Ex Jugoslavia" di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanitŕ.
Responsabile dell'assedio di Sarajevo 5 aprile 1992 - 29 febbraio 1996 e del massacro di Srebrenica 11-22 luglio 1995, il piů grande genocidio in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, dalla stampa internazionale definito insieme a Radovan Karadžić, ex presidente di
Republika
Srpska
"il macellaio di Bosnia".
Dopo una latitanza di 16 anni arrestato il 26 maggio 2011 ed estradato all'Aja il 31, processato in "Mladić - IT-09-92" il 12 maggio 2012, condanna in primo gradoall'ergastolo il 22 novembre 2017.
Riconosciuto colpevole di 10 degli 11 capi di accusa:
- concorso in genocidio, crimine contro l'umanitŕ
- concorso in persecuzione, crimine contro l'umanitŕ
- concorso in sterminio, crimine contro l'umanitŕ
- concorso in assassinî, crimine contro l'umanitŕ
- concorso in assassinî, in violazione delle leggi e dei costumi di guerra
- concorso in deportazioni, crimine contro l'umanitŕ
- concorso in trasferimenti forzati, atto disumano e crimine contro l'umanitŕ
- concorso in terrore, in violazione delle leggi e dei costumi di guerra
- concorso in attacchi illegali contro civili, in violazione delle leggi e dei costumi di guerra
- concorso in presa di ostaggi, in violazione delle leggi e dei costumi di guerra.
La condanna definitiva prevede un inasprimento ed una estensione delle motivazioni sull'uso del genocidio. |
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Si puň perdonare |
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dimenticare mai! |
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La particolarissima Cittŕ di Traů
Vivere bene - La piů antica farmacia d'Europa
L'Orto Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-
"Villa Bianca" - Un reiterato delitto di incuria
Trst - Il mito di una Trieste mai "slava"
"Cosa Vostra" - Ancora troppo e obsoleto provincialismo invece di sano "localismo"
Srebrenica - Bosnia ed Erzegovina 11-22 luglio 1995 |
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Non del tutto estranea al contesto una per me dovuta nota a pič di pagina "culturalmente" rilevante e rivelante a chi possa mai interessare...
Nel mio quarto di secolo a Trogir (wow!...), mi ha sempre lasciato alquanto confuso e pieno di stupore la reazione, immediata e stizzita, dei miei amici - a dire il vero piů che stizzita, incazzata e quasi risentitamente "aggressiva", nel caso il mio gentile interlocutore non mi conosca abbastanza! - al mio disinvolto pronunciare la parola "Balcani", "Balkans", "Balkan".
E mi ritrovo tutto rattristato dall'aver involontariamente "offeso" qualcuno, pieno di sensi di colpa e di vergogna per questa mia "boccaccia", preso in contropiede, lě ad annaspare come pesce fuor d'acqua balbettando ancora di peggio - come "Ma qui siamo nei Balcani... o no...!?".
"Balcani" nasce come concetto puramente geografico, a definire la Penisola "dei Balcani" o "Balcanica", infatti č piů corretto dire anche la Penisola "Italica", e il suo significato originario, quale termine geografico, prende a riferimento la "catena montuosa" che da Est ad Ovest attraversa la Bulgaria - in Turco balkan, montagna.
L'intero territorio della Penisola Balcanica, comprende oggi Bulgaria, Grecia, parte della Turchia (cioč Tracia Orientale), tutte le neo-repubbliche dell'ex Repubblica Federale di Jugoslavia - Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Slovenia - e Albania, come solito aggiungendo a questi Stati anche la Romania, per aver di fatto condiviso profondamente la storia balcanica. |
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La "Seconda Guerra di Morea" o del Peloponneso, nota anche come "Settima Guerra Ottomano-Veneziana" o "Piccola Guerra", ma in Croazia come "Guerra di Sinj", l'ultimo conflitto sulla Penisola Balcanica tra le due "super-potenze" - la Repubblica di Venezia e l'Impero Ottomano, una guerra combattuta dal 1714 al 1718 e conclusasi con vittoria ottomana e conseguente perdita veneziana dei territori peninsulari greci, la monarchia asburgica in salvifico "aiuto" della Serenissima a rischio di perdere molto di piů in caotica ritirata, vincendo gli Austriaci sul fronte del Danubio e costringendo il nemico alla firma del Trattato di Passarowitz, che porrŕ di fatto fine alla guerra.
Solo nel XIX sec, insieme all'espressione puramente geografica "Penisola Balcanica", il termine comincerŕ ad essere usato anche politicamente e altro, per designare ad esempio la parte europea dell'Impero Ottomano, quando in quelle aree, abbandonate via via dai Turchi sotto la pressione dei movimenti indipendentisti e delle potenze europee loro sostenitrici, compariranno sulla scena internazionale nuovi protagonisti, come Bulgaria, Grecia, Montenegro, Romania e Serbia.
Nei libri di storia viene infatti definita come "Lega Balcanica" la coalizione dei "Popoli Balcanici" contro la Turchia nel 1912 e come "Guerre balcaniche" quelle della Lega Balcanica contro la Turchia nel 1912 e 1913 (la dissoluzione dell'Impero Ottomano a consumarsi fra il 1908 e il 1922).
Da ora in poi il mosaico politico dei Balcani brillerŕ, tutto a suo modo, tanto di grandi utopie quanto di piccoli Stati, eccezione fatta proprio per la Repubblica Federale di Jugoslavia, inizi seconda metŕ Novecento promotrice del "Movimento dei Paesi Non Allineati", molti appunto del "Terzo Mondo", non appena indipendenti nel corso del processo di "decolonizzazione", forza autonoma anti-colonialista e anti-imperialista nel postbellico mondo bipolare delle due interferenti "superpotenze" di allora, "neutralismo" affatto gradito né da Stati Uniti d'America né da Unione Sovietica, con ben 85 fra Stati e Movimenti nel 1976 che diventateranno 108 nel 1992, comunque nel 1979 all'Avana il sofferto messaggio d'addio di Josip Broz Tito al Non Allineamento, proprio da lui, insieme all'indiano Jawaharlah Nehru e all'egiziano Gamal Abdel Naser, la visionaria triade trainante...
Oltre alle guerre nella Penisola Balcanica poi, anche tutte le lingue qui parlate vengono assieme definite "balcaniche", pur appartenenti a famiglie diverse - Albanese, Bulgaro, Greco, Macedone, Romeno, Serbo-Croato oggi Bosniaco, Croato e Serbo, Sloveno e Turco.
Č vero, nella Lingua Italiana moderna e contemporanea venivano prima altrimenti fatti certi usi figurativi del termine per definire sistemi instabili o metodi "non ortodossi" (qui dovremmo aprire un'altra nota!...) a proposito di ebollizioni sociali e disordini politici, anche un modo sui generis di fare le cose o anche non farle, ma l'Italiano oggi parlato - il corrente l'unico "reale"! - per definire il concetto a cui legittimamente si reagisce fa letterale ritorno alle origini geografiche del termine, optando per "bulgaro", come il famigerato "editto o diktat o ukase bulgaro" di Berlusconi il 18 aprile 2002, contro, a sua distorta opinione, l'"uso criminoso" della TV pubblica da parte dei due giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e del comico Daniele Luttazzi, illecito quanto vigliacco "invito" pressante alla dirigenza RAI ad "ostracizzarli", cosa che di lě a poco puntualmente si realizzerŕ con l'immotivata ed illegale estromissione dei tre dai palinsesti della statale Radio Televisione Italiana!
La mia rubrica "Storie balcaniche - Dalmazia e dintorni" vuole, naturalmente in modo scherzoso e assolutamente non offensivo nei confronti dei locali interessati figuranti nei miei articoli, molti di denuncia,e di eventuali lettori italofoni o con conoscenze della Lingua Italiana, giocare sulla stuzzicante ambiguitŕ della parola - e quindi... ebbene sě, mea culpa!, dichiarandomi perň subito "non colpevole" e sperando in una assoluzione piena dagli amici Croati "perché il fatto non sussiste" o almeno in un marginale talmente minimo da essere in pratica piů che trascurabile e, volendo, generosamente perdonabile.
Grazie! |
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